Ricorso Inammissibile: Quando la Genericità dei Motivi Conduce alla Condanna
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale della procedura penale: la specificità dei motivi di impugnazione. Un ricorso inammissibile non è solo un’occasione persa per la difesa, ma comporta anche conseguenze economiche significative per l’imputato. Il caso in esame offre un chiaro esempio di come la mancata osservanza dei requisiti formali, in particolare la genericità delle censure, precluda qualsiasi esame di merito da parte del giudice dell’impugnazione.
I Fatti di Causa
La vicenda processuale ha origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello che confermava una condanna per il delitto di ricettazione, previsto e punito dall’articolo 648 del codice penale. L’imputata, tramite il proprio difensore, ha proposto ricorso per Cassazione, contestando la correttezza della motivazione che aveva fondato la sua dichiarazione di responsabilità. L’obiettivo era ottenere l’annullamento della condanna di secondo grado.
La Decisione della Corte di Cassazione sul ricorso inammissibile
La Settima Sezione Penale della Suprema Corte ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La decisione non è entrata nel merito della colpevolezza dell’imputata, ma si è fermata a un livello preliminare, ovvero alla valutazione dei requisiti di ammissibilità dell’atto di impugnazione stesso. La Corte ha riscontrato che il motivo di ricorso era affetto da un vizio insanabile: la genericità.
L’Importanza dei Requisiti Formali del Ricorso
Il Codice di Procedura Penale, all’articolo 581, comma 1, lettera c), stabilisce che l’atto di impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, “l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta”. Questo significa che non è sufficiente lamentare genericamente l’ingiustizia o l’erroneità della sentenza, ma è necessario articolare critiche precise, puntuali e argomentate, che si confrontino direttamente con la motivazione del provvedimento impugnato.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione sottolineando come il ricorso presentato fosse privo dei requisiti prescritti dalla legge. A fronte di una motivazione della Corte d’Appello ritenuta “logicamente corretta”, il ricorso non indicava in modo specifico quali fossero gli elementi di fatto o le argomentazioni giuridiche che avrebbero dovuto portare a una diversa conclusione. In altre parole, la difesa si è limitata a una critica generica senza fornire al giudice dell’impugnazione gli strumenti per individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato di legittimità. Questa indeterminatezza ha reso impossibile per la Corte esaminare la fondatezza delle doglianze, portando inevitabilmente alla dichiarazione di inammissibilità.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
La declaratoria di inammissibilità ha comportato non solo la conferma definitiva della condanna, ma anche la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa ordinanza serve da monito: la redazione di un atto di impugnazione richiede la massima cura e precisione. Una difesa efficace non può prescindere da un’analisi critica e dettagliata della sentenza che si intende contestare. La genericità e la vaghezza non solo sono inutili ai fini del processo, ma si traducono in un aggravio di costi per l’assistito e nella preclusione di ogni possibilità di ottenere una revisione della decisione.
Per quale motivo il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto generico per indeterminatezza, in quanto non specificava gli elementi alla base della censura contro la sentenza impugnata, violando così i requisiti dell’art. 581, comma 1, lett. c) del codice di procedura penale.
Quali sono state le conseguenze economiche per la ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
La ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Qual era il reato per cui la ricorrente era stata condannata nel giudizio precedente?
La ricorrente era stata condannata per il delitto di cui all’art. 648 del codice penale, cioè il reato di ricettazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34865 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34865 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/11/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
t
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, che contesta la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità per il delitto di cui all’art. 648 cod. pen., è generico per indeterminatezza perché privo dei requisiti prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. in quanto, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata logicamente corretta, non indica gli elementi che sono alla base della censura formulata, non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 15 luglio 2025.