Ricorso Inammissibile per Furto in Abitazione: la Decisione della Cassazione
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato un caso di ricorso inammissibile per furto in abitazione, confermando la decisione di condanna dei giudici di merito. Questa pronuncia ribadisce i criteri di ammissibilità dei ricorsi presso la Suprema Corte e le conseguenze economiche per chi intraprende impugnazioni ritenute manifestamente infondate. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e i principi di diritto applicati.
Il Contesto del Ricorso e la Decisione della Corte d’Appello
La vicenda giudiziaria ha origine da una condanna per il reato di furto in abitazione, emessa dalla Corte d’Appello di L’Aquila in data 17/09/2024. L’imputato, ritenendo ingiusta tale decisione, ha deciso di presentare ricorso per Cassazione, l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, al fine di ottenere l’annullamento della sentenza.
L’obiettivo del ricorso era, presumibilmente, contestare la qualificazione giuridica dei fatti o la valutazione delle prove operata dai giudici dei gradi precedenti. Tuttavia, l’esito del giudizio di legittimità ha preso una direzione diversa da quella sperata dal ricorrente.
La Valutazione sul Ricorso Inammissibile per Furto
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, riunitasi in udienza il 07/05/2025, ha esaminato il ricorso proposto. All’esito della deliberazione, i giudici hanno emesso un’ordinanza con cui hanno dichiarato il ricorso inammissibile.
Questa decisione implica che la Corte non è entrata nel merito delle argomentazioni difensive, poiché ha riscontrato a monte un vizio che ne impediva la trattazione. L’inammissibilità può derivare da vizi di forma, dalla mancata osservanza dei termini o, come spesso accade, dalla manifesta infondatezza dei motivi proposti, che non offrono spunti validi per una revisione della sentenza impugnata.
Le Motivazioni Giuridiche della Decisione
La motivazione dell’ordinanza, sebbene sintetica, è chiara nel suo fondamento giuridico. La Corte ha ritenuto che i fatti contestati integrassero senza alcun dubbio la fattispecie di reato prevista dall’articolo 624-bis del codice penale, ovvero il furto in abitazione. A sostegno di tale valutazione, i giudici hanno richiamato un precedente orientamento giurisprudenziale consolidato (Cass. n. 3959/2013), a dimostrazione che la questione sollevata non presentava elementi di novità o di complessità tali da richiedere un approfondimento nel merito.
La dichiarazione di inammissibilità si fonda, pertanto, sulla constatazione che il ricorso non aveva alcuna probabilità di essere accolto, apparendo come un tentativo dilatorio o pretestuoso. In questi casi, la legge prevede che il ricorrente non solo veda respinta la sua impugnazione, ma venga anche sanzionato per aver attivato inutilmente la macchina della giustizia suprema.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
Le conseguenze della declaratoria di inammissibilità sono state significative per il ricorrente. La Corte di Cassazione lo ha condannato al pagamento delle spese processuali relative al giudizio di legittimità. In aggiunta, è stata disposta la condanna al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Questa sanzione pecuniaria non ha natura risarcitoria, ma punitiva, e serve da deterrente contro la presentazione di ricorsi palesemente infondati. La decisione, quindi, non solo rende definitiva la condanna per furto in abitazione, ma aggrava anche la posizione economica dell’imputato, sottolineando l’importanza di valutare con attenzione e serietà le reali possibilità di successo prima di adire la Suprema Corte.
Cosa significa quando un ricorso viene dichiarato ‘inammissibile’?
Significa che la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso senza nemmeno entrare nel merito della questione, perché lo ha ritenuto privo dei requisiti formali richiesti dalla legge o manifestamente infondato. La decisione impugnata diventa quindi definitiva.
Quali sono state le conseguenze per il ricorrente in questo caso?
Oltre alla conferma della condanna, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese del processo e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende a causa della manifesta infondatezza del suo ricorso.
Su quale base giuridica la Corte ha fondato la sua decisione?
La Corte ha ritenuto che i fatti contestati costituissero chiaramente il reato di furto in abitazione previsto dall’articolo 624-bis del codice penale, richiamando anche una precedente sentenza a sostegno della propria valutazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22719 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22719 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PESCARA il 23/09/1997
avverso la sentenza del 17/09/2024 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
OSSERVA
1. Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di L’Aquila, che ha confermato la sentenza del Tribunale di Pescara, con la
quale era stato ritenuto responsabile del reato di furto in abitazione ed era stato condannato alla pena ritenuta di giustizia;
2. Ritenuto che l’unico motivo di ricorso, con cui il ricorrente lamenta violazione di legge in ordine alla qualificazione giuridica del fatto, non è consentito
dalla legge in sede di legittimità, poiché appare volto a sollevare censure in fatto, fondate sulla pretesa inidoneità della condotta a configurare il reato di furto
abitazione.
La censura è anche manifestamente infondata, atteso che prospetta enunciati ermeneutici palesemente in contrasto con il dato normativo e la giurisprudenza di
legittimità. Invero, la sottrazione di cosa mobile altrui all’interno di un cortile condominiale, che si è accertato essere recintato e con accessi privati
ordinariamente chiusi e che, quindi, costituisce pertinenza di una privata dimora, integra il reato di furto in abitazione previsto dall’art. 624-bis cod. pen. (Sez. 7, n. 3959 del 02/10/2012, dep. 2013, Romano, Rv. 255100);
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 07/05/2025.