Ricorso Inammissibile: La Cassazione e i Limiti dell’Appello nel Furto in Abitazione
L’ordinanza in esame offre un’importante lezione sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi in Cassazione, specialmente in materia di reati contro il patrimonio come il furto in abitazione. La Suprema Corte, con una decisione netta, ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la condanna di due imputati e delineando i confini invalicabili per una difesa efficace in sede di legittimità. Questo caso evidenzia come la genericità dei motivi e la riproposizione di questioni già decise non trovino spazio davanti al massimo organo della giurisdizione penale.
I Fatti del Caso
Due soggetti venivano condannati in primo grado e in appello per il reato di furto in abitazione, aggravato ai sensi degli artt. 625 co. n.2 e 61 n.5 del codice penale. Ritenendo la sentenza d’appello viziata da errori di diritto e di motivazione, gli imputati proponevano ricorso per Cassazione, articolando diverse censure.
I Motivi del Ricorso e la Valutazione della Corte
La difesa basava il ricorso su molteplici motivi, che tuttavia non hanno superato il vaglio di ammissibilità della Suprema Corte.
La Questione sulla Revoca dei Testimoni: un motivo di ricorso inammissibile
Il primo motivo lamentava la nullità dell’ordinanza con cui il giudice di primo grado aveva revocato l’audizione di alcuni testimoni della difesa. La Cassazione ha respinto la doglianza, qualificandola come una mera riproposizione di una censura già correttamente valutata e respinta dalla Corte d’Appello. Quest’ultima aveva infatti sottolineato come la revoca fosse stata giustificata dalla superfluità delle testimonianze, alla luce delle prove già acquisite. Inoltre, la Corte ha evidenziato una mancanza procedurale decisiva: la difesa non aveva eccepito immediatamente la nullità in udienza, sanando di fatto qualsiasi potenziale vizio.
Procedibilità d’Ufficio e Aggravanti nel Furto in Abitazione
Il secondo motivo, ritenuto manifestamente infondato, riguardava la presunta improcedibilità del reato per mancanza di querela e l’errata applicazione di un’aggravante. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: il furto in abitazione (art. 624-bis c.p.) è un reato procedibile d’ufficio. Non è quindi necessaria la querela della persona offesa. È stato considerato irrilevante che la proprietà del contatore elettrico (oggetto del furto) fosse di una società elettrica, poiché la persona offesa era il titolare dell’abitazione e possessore del bene. La contestazione sull’aggravante è stata inoltre giudicata inammissibile perché non sollevata come specifico motivo nel precedente grado di appello, in violazione dell’art. 606, comma 3, c.p.p.
La Genericità degli Altri Motivi di Impugnazione
Infine, il terzo e il quarto motivo, relativi alla qualificazione del fatto come mero tentativo e alla mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), sono stati liquidati come generici e indeterminati. Gli imputati non avevano indicato in modo specifico gli elementi della sentenza impugnata che intendevano criticare, impedendo di fatto alla Corte di esercitare il proprio sindacato. Un ricorso inammissibile è spesso la conseguenza di una tale carenza di specificità.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte di Cassazione ha fondato la propria decisione sul principio di autosufficienza e specificità del ricorso. I giudici hanno chiarito che non è sufficiente lamentare genericamente un’ingiustizia o un errore, ma è necessario articolare critiche puntuali e tecnicamente fondate contro la logica giuridica della sentenza impugnata. La riproposizione di questioni già esaminate e respinte, l’introduzione di nuove censure non presentate in appello e la formulazione di doglianze generiche costituiscono ostacoli insormontabili che portano inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità. La decisione riafferma che il giudizio di legittimità non è un terzo grado di merito, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge e sulla coerenza logica della motivazione.
Le Conclusioni
L’ordinanza stabilisce con fermezza che l’accesso alla Corte di Cassazione è subordinato al rispetto di rigorosi requisiti formali e sostanziali. Per gli operatori del diritto, la lezione è chiara: un ricorso, per avere una speranza di successo, deve essere mirato, specifico e non deve limitarsi a ripetere argomenti già vagliati. Per i cittadini, questa pronuncia conferma che la giustizia, pur garantendo plurimi gradi di giudizio, tende a una conclusione definitiva, e le condanne diventano irrevocabili quando le impugnazioni mancano dei presupposti di legge per essere esaminate. La conseguenza diretta per gli imputati è stata la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende, oltre alla definitività della pena.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché i motivi presentati erano in parte ripetitivi di questioni già decise, in parte manifestamente infondati (come quello sulla necessità di querela), e in parte troppo generici, in quanto non specificavano in modo chiaro e puntuale le critiche mosse alla sentenza d’appello.
Il furto in abitazione richiede la querela della vittima per essere perseguito?
No. La Corte di Cassazione ha confermato che il reato di furto in abitazione, disciplinato dall’art. 624-bis del codice penale, è procedibile d’ufficio. Ciò significa che l’azione penale può essere iniziata e proseguita dallo Stato anche senza una formale denuncia-querela da parte della persona offesa.
Cosa succede quando un motivo di appello è considerato ‘generico’?
Quando un motivo di appello viene giudicato ‘generico’, significa che non soddisfa i requisiti di specificità richiesti dalla legge (art. 581 c.p.p.). L’appellante non ha individuato con precisione i punti della decisione che contesta né le ragioni di diritto e gli elementi di fatto a sostegno. Tale genericità impedisce al giudice di comprendere la censura e di valutarla, portando alla sua inammissibilità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3674 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3674 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/12/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: NOME nato a ROMA il 22/06/1983 COGNOME NOME nato a ROMA il 12/12/1978
avverso la sentenza del 26/02/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che COGNOME NOME e COGNOME NOME ricorrono con medesimi motivi avverso la sentenza con cui la Corte d’appello di Catanzaro ne ha confermato la condanna per il reato di furto in abitazione pluriaggravato ex artt. 625 co. n.2 e 61 n.5 cod. pen.
Letti i ricorsi e le conclusioni trasmesse tardivamente dal difensore del COGNOME.
Ritenuto che il primo motivo, con il quale i ricorrenti deducono violazione di legge e vizi di motivazione in riferimento alla nullità dell’ordinanza con la quale il giudice di merito ha revocato l’audizione degli ulteriori testi difensivi, non è deducibile in sede di legittimità in quanto riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non scanditi da specifica critica delle argomentazioni a base della sentenza impugnata. In particolare, la Corte d’appello ha già esaustivamente evidenziato che nel verbale d’udienza il giudice di primo grado ha giustificato la revoca dell’ordinanza ammissiva delle prove testimoniali alla luce della superfluità delle ulteriori deposizioni, in virtù degli elementi probatori già acquisiti nel corso dell’istruttoria dibattimentale. Peraltro, i giudici di merito hanno evidenziato che dal medesimo verbale non risulta che i difensori abbiano immediatamente eccepito la nullità dell’ordinanza in discussione.
Ritenuto, inoltre, che il secondo motivo, con il quale i ricorrenti eccepiscono erronea applicazione di legge e vizi di motivazione in riferimento alla mancata declaratoria di improcedibilità per difetto di querela nonché in riferimento all’estinzione del reato per intervenuta prescrizione, è manifestamente infondato, atteso che lo stesso è procedibile d’ufficio e la persona offesa è comunque il titolare dell’abitazione ed era nel possesso del contatore, rimanendo irrilevante che questo fosse di proprietà della compagnia elettrica che non ha proposto querela. Quanto alla configurabilità dell’aggravante contestata la censura è inammissibile in quanto non risulta essere stata previamente dedotta come motivo di appello secondo quanto è prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 606 comma 3 cod. proc. pen. Conseguentemente manifestamente infondata è l’eccezione di prescrizione sollevata dal ricorrente in ragione delle pene previste dal terzo comma dell’art. 624-bis cod- pen. per la fattispecie aggravata di furto in abitazione.
Considerato, ancora, che il terzo e il quarto motivo, con il quale i ricorrenti eccepiscono erronea applicazione di legge e vizi di motivazione in riferimento alla
qualificazione del fatto come furto tentato e alla mancata applicazione dell’art. 131 bis cod. pen., risultano generici per indeterminatezza perché privi dei requisiti prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. in quanto, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata logicamente corretta, non indica gli elementi che sono alla base della censura formulata, non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato.
Rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila a favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 a favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 04/ GLYPH 124