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Ricorso inammissibile: furto e tenuità del fatto

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per furto. Il ricorso è stato ritenuto generico e non ha contestato efficacemente la logica della sentenza d’appello. La Corte ha chiarito che il riconoscimento dell’attenuante del danno di lieve entità (furto di 20 euro) non implica automaticamente l’applicazione della non punibilità per particolare tenuità del fatto, la quale richiede una valutazione complessiva della condotta.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Genericità Costa Cara

L’ordinanza della Corte di Cassazione che analizziamo oggi mette in luce un principio fondamentale del processo penale: la specificità dei motivi di ricorso. Un ricorso inammissibile non solo impedisce al giudice di esaminare il caso nel merito, ma comporta anche conseguenze economiche per il ricorrente. In questo caso, la Corte si è pronunciata su un furto di lieve entità, offrendo chiarimenti cruciali sulla differenza tra l’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità e la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

Il Caso: Un Furto di Lieve Entità e l’Appello

I fatti riguardano un individuo condannato per il reato di furto dalla Corte d’Appello di Napoli. L’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione, affidandosi a tre motivi principali:

1. Vizi di motivazione della sentenza: Si lamentava una violazione dell’art. 125, co. 3 c.p.p., sostenendo che la sentenza d’appello fosse carente sotto il profilo motivazionale.
2. Mancata applicazione della tenuità del fatto: Il ricorrente contestava la non applicazione dell’art. 131-bis c.p.p., evidenziando una contraddizione. La Corte d’Appello aveva riconosciuto l’attenuante del danno di lieve entità (art. 62 n. 4 c.p.), dato che il furto ammontava a soli 20 euro, ma aveva escluso che il fatto potesse essere considerato di “particolare tenuità” e quindi non punibile.
3. Eccessività della sanzione: Si denunciava una pena sproporzionata e una motivazione lacunosa sulla sua determinazione (dosimetria), nonché il mancato riconoscimento della prevalenza dell’attenuante sulla recidiva.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile. Questa decisione non entra nel merito delle questioni sollevate, ma si ferma a un livello precedente, quello procedurale. Secondo i giudici, i motivi presentati erano generici e indeterminati, mancando dei requisiti di specificità prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c) del codice di procedura penale.

Un Ricorso Inammissibile per Genericità

La Corte ha osservato che le doglianze del ricorrente si limitavano a “enunciazioni di principio o ad affermazioni assertive”, senza muovere censure specifiche e mirate contro la tenuta logica della sentenza impugnata. In pratica, il ricorso non ha permesso al giudice di legittimità di individuare con precisione i punti della decisione da sindacare, rendendo impossibile l’esercizio del proprio controllo.

Le Motivazioni

Il cuore della decisione risiede nella spiegazione del perché i motivi fossero infondati, anche se analizzati superficialmente. La Corte di Cassazione ha ritenuto la motivazione della Corte d’Appello logicamente corretta e coerente.

La Distinzione tra Danno Lieve e Tenuità del Fatto

Il punto più interessante è la distinzione tra l’attenuante del danno di speciale tenuità (art. 62 n. 4 c.p.) e la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.). La Corte ha chiarito che il riconoscimento della prima non comporta automaticamente l’applicazione della seconda. Mentre l’attenuante si basa quasi esclusivamente sul modesto valore economico del danno (in questo caso, 20 euro), la tenuità del fatto richiede una valutazione complessiva, che include:

* Elementi oggettivi: Le modalità della condotta.
* Elementi soggettivi: L’intensità del dolo e la personalità dell’autore.

Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva negato la tenuità del fatto sottolineando la “spregiudicatezza della condotta”, un elemento che va oltre il semplice valore del bene sottratto. Questa valutazione è stata ritenuta congrua e in linea con gli orientamenti giurisprudenziali. Allo stesso modo, è stata giudicata adeguatamente motivata la decisione di non far prevalere l’attenuante sulla recidiva contestata.

Le Conclusioni

L’ordinanza offre due importanti lezioni pratiche. La prima è di natura processuale: un ricorso per Cassazione deve essere redatto con estrema precisione, indicando in modo specifico e dettagliato le presunte illogicità o violazioni di legge della sentenza impugnata. La genericità porta a una declaratoria di ricorso inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La seconda lezione è di diritto sostanziale: il valore esiguo di un furto è sufficiente per ottenere una riduzione di pena tramite l’attenuante del danno lieve, ma non garantisce la non punibilità. La valutazione sulla tenuità del fatto è più ampia e tiene conto della riprovevolezza complessiva della condotta, un principio che bilancia la necessità di non punire fatti irrisori con quella di sanzionare comportamenti che, pur causando un danno minimo, rivelano una certa pericolosità sociale o spregiudicatezza.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché i motivi presentati erano generici e indeterminati. Essi si limitavano a enunciazioni di principio senza formulare censure specifiche contro la tenuta logica della sentenza impugnata, violando così i requisiti prescritti dall’articolo 581, comma 1, lettera c) del codice di procedura penale.

Il riconoscimento dell’attenuante per un danno di 20 euro obbliga il giudice a considerare il fatto di ‘particolare tenuità’?
No. La Corte ha chiarito che il riconoscimento della circostanza attenuante del danno di modesta entità non implica automaticamente l’applicazione della non punibilità per particolare tenuità del fatto. Quest’ultima richiede una valutazione più ampia che considera gli elementi oggettivi e soggettivi della condotta, come la sua spregiudicatezza, e non solo il valore economico del danno.

Quali sono state le conseguenze per il ricorrente dopo la dichiarazione di inammissibilità?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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