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Ricorso inammissibile: furto e recidiva qualificata

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per furto. Il ricorso è stato respinto perché i motivi erano generici e non contestavano efficacemente le ragioni della Corte d’Appello sulla recidiva qualificata, basata sulla pericolosità sociale dimostrata dai precedenti penali. La decisione sottolinea come un bilanciamento più favorevole delle circostanze fosse legalmente precluso, rendendo il ricorso un tentativo proceduralmente errato.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione Conferma la Condanna per Furto con Recidiva

Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ha messo in luce l’importanza di formulare correttamente i motivi di un’impugnazione, pena la dichiarazione di ricorso inammissibile. Il caso riguardava un uomo condannato per furto, la cui difesa ha tentato, senza successo, di contestare la valutazione della recidiva e delle circostanze attenuanti. L’ordinanza finale non solo conferma la condanna, ma offre anche chiari spunti sulla rigorosa applicazione delle norme procedurali e sostanziali.

I Fatti del Processo

L’imputato era stato condannato in primo grado dal Tribunale e successivamente dalla Corte d’Appello per il furto di una somma di 2.240,00 euro dalla cassa di un bar situato all’interno di un centro commerciale. A suo carico era stata riconosciuta la recidiva qualificata, bilanciata in equivalenza con le circostanze attenuanti generiche. Nonostante ciò, la difesa ha deciso di presentare ricorso per cassazione, contestando proprio la valutazione della recidiva e il trattamento sanzionatorio.

I Motivi del Ricorso e la Recidiva

Il ricorso si basava essenzialmente su due punti. In primo luogo, si contestava la sussistenza della recidiva, sostenendo che i giudici di merito non avessero adeguatamente motivato la sua applicazione. In secondo luogo, il ricorrente lamentava il diniego delle circostanze generiche, nonostante queste, in realtà, fossero state riconosciute e giudicate equivalenti all’aggravante.

La Decisione sul Ricorso Inammissibile della Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza e genericità dei motivi. I giudici hanno evidenziato come il ricorrente non si fosse minimamente confrontato con le argomentazioni esposte nella sentenza d’appello. La Corte territoriale, infatti, aveva chiaramente spiegato le ragioni per cui la recidiva era stata ritenuta sussistente.

La Valutazione della Pericolosità Sociale

I giudici di merito avevano correttamente valorizzato elementi concreti per desumere una maggiore pericolosità sociale dell’imputato. Tra questi, il numero considerevole di condanne precedenti, la natura specifica di tali reati e la loro collocazione temporale. Questi fattori indicavano che le precedenti esperienze giudiziarie non avevano sortito alcun effetto deterrente sull’imputato, giustificando pienamente l’applicazione dell’aggravante della recidiva.

Il Divieto di Giudizio di Comparazione Favorevole

Per quanto riguarda la seconda doglianza, la Cassazione ha sottolineato non solo che le circostanze attenuanti generiche erano state concesse, ma anche che un loro giudizio di prevalenza sulla recidiva qualificata era legalmente impossibile. L’articolo 69, comma 4, del codice penale, vieta espressamente un giudizio di comparazione più favorevole per l’imputato in casi come questo. Pertanto, la lamentela del ricorrente era palesemente errata e priva di fondamento giuridico.

Le Motivazioni della Suprema Corte

Le motivazioni della Corte si fondano su un principio cardine del processo di cassazione: il ricorso non può essere una generica riproposizione di lamentele, ma deve confrontarsi in modo specifico e critico con la decisione impugnata. Nel caso di specie, il ricorrente si è limitato a contestare la recidiva senza analizzare le ragioni per cui i giudici d’appello l’avevano confermata, ovvero la sua spiccata pericolosità sociale. L’errore sulla questione delle attenuanti generiche ha ulteriormente dimostrato la superficialità dell’impugnazione. La Suprema Corte ha richiamato un principio consolidato, secondo cui i motivi di appello (e, per estensione, di ricorso) devono essere specifici, altrimenti l’impugnazione è destinata all’inammissibilità.

Le Conclusioni

La declaratoria di ricorso inammissibile ha comportato la condanna definitiva dell’imputato e il suo obbligo di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria alla Cassa delle ammende. Questa ordinanza ribadisce un’importante lezione per la pratica legale: un’impugnazione, per avere successo, deve essere costruita su argomentazioni solide e pertinenti, in grado di smontare punto per punto la motivazione del giudice precedente. In assenza di una critica mirata e fondata, il ricorso si riduce a un esercizio sterile, destinato a un inevitabile fallimento.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano generici e non si confrontavano specificamente con le argomentazioni della sentenza impugnata, in particolare riguardo alla valutazione della pericolosità sociale dell’imputato che giustificava la recidiva.

Qual è il significato della recidiva qualificata in questo caso?
La recidiva qualificata ha agito come una circostanza aggravante, giustificata dai numerosi e specifici precedenti penali dell’imputato. La sua applicazione ha dimostrato che le condanne precedenti non avevano avuto alcun effetto deterrente, indicando una maggiore pericolosità sociale.

Le circostanze attenuanti possono sempre prevalere sulla recidiva?
No. In questo caso, l’articolo 69, comma 4, del codice penale vietava un giudizio di comparazione in cui le circostanze attenuanti generiche potessero prevalere sulla recidiva qualificata. Pertanto, il massimo che si poteva ottenere era un giudizio di equivalenza, come correttamente stabilito dai giudici di merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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