Ricorso Inammissibile: Quando un Errore sulla Prescrizione Annulla l’Appello
L’ordinanza della Corte di Cassazione in esame offre un chiaro esempio di come un’errata interpretazione delle norme sulla prescrizione possa condurre a un ricorso inammissibile. Il caso riguarda una condanna per furto pluriaggravato, dove la difesa ha tentato di far valere l’estinzione del reato basandosi su un presupposto giuridico errato. Analizziamo la decisione per comprendere i principi applicati dai giudici.
I Fatti del Processo: Dal Tribunale alla Cassazione
Il percorso giudiziario inizia con una condanna emessa dal Tribunale di Vibo Valentia per tre distinti reati di furto, commessi nel febbraio 2012. La condanna viene successivamente confermata dalla Corte di Appello di Catanzaro nell’ottobre 2022.
L’imputata, non rassegnandosi alla decisione di secondo grado, decide di presentare ricorso per Cassazione, affidando le sue speranze a un unico motivo: l’avvenuta prescrizione del reato.
Il Motivo del Ricorso: Una Tesi Errata sulla Prescrizione
La difesa ha sostenuto che il termine di prescrizione fosse maturato prima della sentenza d’appello. Questa tesi si fondava sull’idea che la condanna di primo grado riguardasse un reato di furto con una sola aggravante (monoaggravato). Se così fosse stato, i calcoli sui tempi di prescrizione avrebbero potuto, in teoria, darle ragione.
Tuttavia, come vedremo, questa premessa si è rivelata un errore fatale per l’esito del ricorso.
L’importanza delle circostanze nel calcolo della prescrizione
È fondamentale ricordare che il calcolo del tempo necessario a prescrivere un reato non è un’operazione matematica fissa. Esso dipende da vari fattori, tra cui la pena massima prevista per il reato base e, soprattutto, la presenza di circostanze aggravanti o della recidiva, che possono allungare significativamente i termini.
Le Motivazioni della Corte: Il Ricorso Inammissibile per Manifesta Infondatezza
La Corte di Cassazione ha stroncato sul nascere le argomentazioni della ricorrente, definendo il motivo di ricorso “manifestamente infondato”. I giudici hanno chiarito che il Tribunale non aveva condannato l’imputata per furto monoaggravato, bensì per furto pluriaggravato, ai sensi degli articoli 624 e 625 del codice penale.
In aggiunta, era stata riconosciuta la sussistenza della recidiva qualificata (ex art. 99, comma 4, c.p.). La combinazione di queste due circostanze (plurime aggravanti e recidiva) ha un effetto diretto sull’estensione dei termini di prescrizione, rendendo il calcolo effettuato dalla difesa del tutto errato e, di conseguenza, la sua pretesa palesemente priva di fondamento giuridico.
Le Conclusioni: Conseguenze della Dichiarazione di Inammissibilità
La dichiarazione di inammissibilità ha avuto due conseguenze immediate e gravose per la ricorrente. In primo luogo, ha precluso alla Corte qualsiasi esame nel merito della vicenda, rendendo definitiva la condanna inflitta dalla Corte d’Appello. In secondo luogo, in base al principio della soccombenza, l’imputata è stata condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle Ammende. Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale: un ricorso per Cassazione deve basarsi su presupposti di fatto e di diritto corretti e solidi; in caso contrario, il rischio è una declaratoria di inammissibilità che chiude definitivamente la porta a ogni ulteriore discussione.
Per quale motivo il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché manifestamente infondato. Si basava sull’errato presupposto che la condanna fosse per furto monoaggravato e che il reato fosse prescritto, mentre la condanna era per furto pluriaggravato con recidiva, circostanze che estendono i termini di prescrizione.
Quali erano i reati contestati all’imputata?
L’imputata era stata condannata per tre distinti reati di furto pluriaggravato, ai sensi degli articoli 624 e 625, numeri 2 e 7, del codice penale.
Quali sono state le conseguenze economiche per la ricorrente a seguito della decisione della Cassazione?
La ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle Ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13481 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13481 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 14/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ROSARNO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/10/2022 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
NOME COGNOME ha presentato ricorso avverso la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro del 27.10.2022 di conferma della condanna del Tribunale di Vibo Valentia del 12.1.2018 in ordine a tre distinti reati di cui agli arti:. 624 e 625 nn e 7 cod. pen. commessi in Vibo Valentia il 14 febbraio 2012 e il 29 febbraio 2012.
Rilevato che il motivo, con cui ha dedotto la prescrizione del reato intervenuta prima della sentenza impugnata, sul presupposto che la sentenza di primo grado avrebbe affermato la responsabilità dell’imputata in ordine al reato di furto nnonoaggravato, è manifestamente infondato: il Tribunale ha condannato la ricorrente in ordine al reato di furto pluriaggravato ed ha riconosciuto la sussistenza della recidiva ex art. 99 comma 4 cod. pen.
Ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende.
Così deciso in Roma, il 14 marzo 2024
re estensore GLYPH Il Con
Il Presidente