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Ricorso inammissibile: furto e motivi ripetitivi

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile contro una condanna per furto di energia elettrica. La decisione si basa sul fatto che i motivi di ricorso erano una mera ripetizione di argomenti già esaminati e respinti dalla Corte d’Appello, senza introdurre nuovi elementi di diritto. Di conseguenza, l’imputata è stata condannata al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Ripetizione dei Motivi Porta alla Condanna

La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n. 7816/2024, ha ribadito un principio cruciale del processo penale: un ricorso inammissibile è la conseguenza diretta della presentazione di motivi che sono una semplice riproposizione di argomentazioni già vagliate e respinte. Il caso in esame, relativo a una condanna per furto di energia elettrica, dimostra come la strategia difensiva di ripresentare le medesime censure senza introdurre nuovi profili critici sia destinata al fallimento, comportando ulteriori oneri per l’imputato.

I Fatti del Processo

Una persona veniva condannata in primo grado e successivamente in appello per il reato di furto di energia elettrica. Non accettando la sentenza della Corte d’Appello di Palermo, la difesa decideva di presentare ricorso per Cassazione, affidandosi a quattro distinti motivi. Tuttavia, come vedremo, la struttura stessa del ricorso si è rivelata il suo punto debole, portando a una dichiarazione di inammissibilità.

L’Analisi della Cassazione sul Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha esaminato i motivi del ricorso, rilevando una carenza fondamentale nei primi tre. Questi motivi, relativi al dolo, all’applicazione dell’art. 131-bis c.p. (particolare tenuità del fatto) e all’art. 163 c.p. (sospensione condizionale della pena), sono stati giudicati ‘meramente riproduttivi’. In pratica, la difesa non ha fatto altro che ricopiare le argomentazioni già presentate e correttamente disattese dal giudice di merito. La Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove poter ridiscutere i fatti, ma un giudice di legittimità che valuta la corretta applicazione della legge. Un ricorso che non evidenzia vizi specifici della sentenza impugnata, ma si limita a lamentare un disaccordo con la valutazione del giudice precedente, non supera il vaglio di ammissibilità.

Il Quarto Motivo: una Questione non Impugnabile

Il quarto motivo di ricorso contestava la decisione della Corte d’Appello di trasmettere gli atti alla Procura della Repubblica riguardo alla dichiarazione di un testimone. Anche su questo punto, la Cassazione è stata netta: si tratta di una ‘statuizione non suscettibile di impugnazione’. È una decisione procedurale interna al processo contro la quale la legge non ammette ricorso, rendendo anche questa censura inefficace.

Le Motivazioni della Decisione

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nel principio secondo cui il ricorso deve contenere una critica mirata e specifica al provvedimento impugnato, non una generica riproposizione delle proprie tesi. I giudici hanno rilevato che la difesa non ha saputo confrontarsi criticamente con le ragioni esposte nella sentenza d’appello, limitandosi a insistere su punti già chiariti. Questa mancanza di specificità trasforma il ricorso in un tentativo di ottenere un nuovo giudizio sul merito, funzione che non spetta alla Corte di Cassazione. Pertanto, constatata la natura ripetitiva e l’infondatezza del quarto motivo, il ricorso è stato dichiarato inammissibile nel suo complesso.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame offre un importante monito per la pratica forense. La redazione di un ricorso per Cassazione richiede un’analisi approfondita della sentenza impugnata per individuare specifici vizi di legittimità o difetti di motivazione. Insistere sulle stesse argomentazioni già respinte, senza sviluppare nuove critiche giuridiche, non solo è inutile ma controproducente. La dichiarazione di ricorso inammissibile comporta, come in questo caso, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma alla Cassa delle ammende (€ 3.000,00), aggravando la sua posizione economica oltre alla conferma definitiva della condanna.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo quanto emerge dall’ordinanza, un ricorso è dichiarato inammissibile quando i motivi presentati sono ‘meramente riproduttivi’, ovvero si limitano a ripetere argomentazioni già adeguatamente esaminate e respinte dal giudice del precedente grado di giudizio, senza sollevare nuove questioni di diritto.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata fissata in Euro 3.000,00.

È possibile contestare in Cassazione la decisione di un giudice di trasmettere gli atti alla Procura riguardo la deposizione di un testimone?
No, l’ordinanza chiarisce che tale decisione è una ‘statuizione non suscettibile di impugnazione’, ovvero un provvedimento contro il quale la legge non ammette alcun tipo di ricorso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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