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Ricorso inammissibile: furto e motivi generici

La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile presentato da un imputato condannato per furto in abitazione. I motivi, incentrati sulla responsabilità penale, la qualificazione del reato e una attenuante, sono stati giudicati generici e di mero fatto, non potendo essere riesaminati in sede di legittimità. La condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria è confermata.

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Pubblicato il 18 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: quando i motivi generici bloccano l’accesso alla Cassazione

Presentare un ricorso alla Corte di Cassazione richiede rigore e precisione. Un caso recente, deciso con ordinanza n. 35056/2024, illustra perfettamente le conseguenze di un ricorso inammissibile, fondato su motivi considerati generici e di mero fatto. La vicenda riguarda una condanna per furto in abitazione aggravato, confermata in appello, e la successiva impugnazione davanti alla Suprema Corte, che ha respinto le doglianze dell’imputato, ribadendo i confini invalicabili del giudizio di legittimità.

I Fatti del Processo

Un individuo, condannato in primo grado e in appello per il reato di furto aggravato in abitazione, decideva di presentare ricorso per Cassazione tramite il proprio difensore. La difesa sollevava tre questioni principali, sperando di ottenere un annullamento della sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello di Palermo.

I Motivi del Ricorso dell’Imputato

Il ricorso si articolava su tre distinti motivi di censura:
1. Violazione di legge sulla responsabilità penale: La difesa contestava l’affermazione della responsabilità penale del proprio assistito, criticando la valutazione delle prove e la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito.
2. Errata qualificazione giuridica: Si sosteneva che il fatto non dovesse essere inquadrato come furto, ma come una diversa e meno grave fattispecie di reato (nello specifico, quella prevista dall’art. 648, comma 3, c.p.).
3. Mancato riconoscimento di un’attenuante: Infine, si lamentava la mancata concessione dell’attenuante del danno di speciale tenuità, prevista dall’articolo 62 n. 4 del codice penale.

L’analisi della Cassazione e il ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione, esaminati gli atti, ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni sua parte. La decisione si fonda su principi consolidati della giurisprudenza di legittimità, che distinguono nettamente tra questioni di fatto (non riesaminabili in Cassazione) e questioni di diritto (le uniche ammissibili).

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha fornito una motivazione chiara e puntuale per la sua decisione, analizzando separatamente ciascun motivo di ricorso. In primo luogo, i giudici hanno definito i motivi “manifestamente infondati”, “generici” e “privi di confronto” con la sentenza impugnata. Le argomentazioni della difesa, secondo la Corte, non contenevano una critica specifica e necessaria alle motivazioni della Corte d’Appello, limitandosi a riproporre questioni già esaminate.

Sul primo motivo, relativo alla responsabilità penale e alla valutazione delle prove, la Cassazione ha ribadito che tali aspetti rientrano nella competenza esclusiva dei giudici di merito. La Corte d’Appello aveva fornito una motivazione “congrua e adeguata”, esente da vizi logici e basata su corretti criteri di inferenza. Pertanto, ogni tentativo di rimettere in discussione l’apprezzamento del materiale probatorio in sede di legittimità è destinato a fallire.

Anche il secondo e il terzo motivo sono stati respinti con argomentazioni simili. La richiesta di una diversa qualificazione giuridica del reato era già stata correttamente disattesa dai giudici di merito con argomentazioni giuridiche puntuali. La lamentela sul mancato riconoscimento dell’attenuante è stata giudicata una mera “doglianza in punto di fatto”, non consentita dalla legge davanti alla Cassazione, poiché si trattava di profili di censura già vagliati e respinti con corretti argomenti giuridici.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito sulla corretta redazione dei ricorsi per Cassazione. La decisione finale è stata la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, con la condanna del ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche a versare una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Questa pronuncia sottolinea che la Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti, ma un organo con la funzione di assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge. Pertanto, un ricorso ha speranza di successo solo se si concentra su vizi di legittimità specifici e ben argomentati, evitando di riproporre critiche fattuali già respinte nei precedenti gradi di giudizio.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati sono stati ritenuti manifestamente infondati, generici e non adeguatamente confrontati con la decisione impugnata. Le critiche si concentravano su questioni di fatto, come la valutazione delle prove, che non possono essere riesaminate dalla Corte di Cassazione.

È possibile contestare la valutazione delle prove davanti alla Corte di Cassazione?
No, in base a quanto stabilito in questa ordinanza, la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità e non di merito. Di conseguenza, non può riesaminare la ricostruzione dei fatti o la valutazione del materiale probatorio, compiti che spettano esclusivamente ai giudici dei gradi precedenti (Tribunale e Corte d’Appello).

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Inoltre, la Corte ha condannato l’imputato a versare una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende. A seguito di questa decisione, la sentenza di condanna diventa definitiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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