Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 1424 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 1424 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 24/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a ENNA il 23/12/1972
avverso la sentenza del 28/11/2022 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del P.G.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 28 novembre 2022 la Corte d’appello di Caltanisetta, in parziale riforma della sentenza del 27.9.2021 con cui il Tribunale di Enna, in composizione monocratica, aveva ritenuto NOME colpevole del reato di cui all’art. 624 bis cod.pen. ed esclusa l’aggravante dell’art. 61 n. 7 cod.pen. e riconosciute le attenuanti generiche equivalenti alla contestata recidiva ed all’aggravante di cui all’art. 625 comma 1, n. 2 cod.pen. lo aveva condannato alla pena di anni quattro di reclusione ed Euro 927,00 di multa, oltre che al risarcimento del danno in favore delle costituite parti civili, ha rideterminato la pena in anni due di reclusione ed Euro 600,00 di multa confermando nel resto la sentenza impugnata.
Il presente procedimento trae origine dalla denuncia presentata in data 6 luglio 2015 da NOME COGNOME la quale rappresentava di aver trovato la villa di sua proprietà, sita in Enna nella contrada INDIRIZZO con il cancello aperto e la relativa catena rotta; inoltre la cassaforte contenente gibielli della madre ed altri preziosi appartenenti a COGNOME NOME era stata smurata dal pavimento, tagliata con il flex e svuotata.
Aggiungeva altresì che nei giorni precedenti aveva avuto problemi con il padre, NOME COGNOME con il quale i rapporti si erano deteriorati dopo la lunga convivenza nella villa che lui e la madre le avevano intestato; lo stesso aveva manifestato l’intenzione di portare via i beni custoditi nella villa che riteneva d sua proprietà.
Gli operanti di RG avevano rinvenuto vicino alla cassaforte guanti in lattice e due smerigliatori.
Il COGNOME, di cui venivano acquisite le dichiarazioni in quanto nelle more era deceduto, aveva riferito dei problemi con la figlia che gli aveva intimato di lasciare la villa e che quel giorno alle 7 e 30 si era recato nell’abitazione con NOME COGNOME allo scopo di prelevare un montacarichi di sua proprietà e che giunti all’ingresso il COGNOME aveva tranciato la catena che teneva chiuso il cancello.
Nell’auto del Tedesco erano rinvenute le smengliatrici utilizzate e sul pavimento nei pressi della cassaforte tracce ematiche che dalle analisi compiute risultavano compatibili con il profilo genetico dell’imputato.
Il COGNOME nel corso del dibattimento aveva riferito di essere stato contattato dal Tedesco il quale gli aveva chiesto di essere aiutato ad aprire il cancello della sua
abitazione e sempre utilizzando gli strumenti dallo stesso forniti aveva aperto la cassaforte, operazione nel corso della quale si era ferito ad una mano.
Il giudice di primo grado, disattendendo le diverse prospettàzioni difensive ha ritenuto la sussistenza del reato contestato, impostazione che trovava conferma nella sentenza d’appello tranne che per il profilo inerente il trattamento sanzionatorio.
Avverso detta sentenza l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione articolato in quattro motivi.
Con il primo motivo si duole ex art. 606 comma 1, lett. b) cod.proc.pen. dell’inosservanza e dell’erronea applicazione della legge penale di cui agli artt. 61 n. 7, 624 bis e 625 n. 2 co.pen., 99 e ss. cod.pen. di cui all’imputazione anche in relazione agli artt. 47, 48 e 392 cod.pen. e art. 192 cod.proc.pen.
Si assume che é evidente l’errore in cui é incorso incolpevolmente l’imputato.
Con il secondo motivo ex art. 606 lett. e) cod.proc.pen. si duole della violazione dell’art. 192 cod.proc.pen. per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione al contenuto della sentenza e delle risultanze probatorie dibattimentali con errata e falsa interpretazione del quadro istruttorio emerso in dibattimento.
Con il terzo motivo si lamenta l’errata contestazione della recidiva reiterata, specifica ed infraquinquennale atteso che il pregresso penale é risalente nel tempo.
Con il quarto motivo ci si duole del bilanciamento delle circostanze, della dosimetria della pena e della mancata concessione della sospensione condizionale della pena.
Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso é nel suo complesso inammissibile per plurimi profili.
I primi due motivi si traducono nella generica censura, anche sub specie di vizio motivatorio, del giudizio di responsabilità penale emesso nei confronti dell’odierno imputato, di fatto sollecitando una rilettura del compendio istruttorio, inammissibile in sede di legittimità, e senza in alcun modo confrontarsi con le statuizioni della sentenza impugnata.
Per converso detta sentenza, misurandosi con le doglianze difensive, ha aderito alla ricostruzione effettuata dal primo giudice ritenendo la sussistenza del reato
contestato al COGNOME come concorrente, e ciò sulla base delle plurime prove testimoniali assunte, costituite dal contenuto delle deposizioni delle persone offese, dagli accertamenti di P.G., dalle dichiarazioni rese dal defunto NOME COGNOME; risultanze che hanno poi trovato riscontro nelle puntuali ammissioni dell’imputato, rese innanzi al Tribunale e confermate in appello.
Quanto all’elemento soggettivo del reato, la Corte di appello ha del pari evidenziato che, come emerso dalle stesse dic:hiarazioni dell’imputato, egli aveva certamente avuto consapevolezza dell’altruità della villa, appartenente non a Tedesco ma alla di lui figlia, e non avrebbe mai potuto dubitare del fatto che nella cassaforte fossero custoditi beni non del Tedesco ma, come poi risultato, di altri componenti della famiglia.
I restanti motivi sono inammissibili in quanto investono profili non attinti dai motivi di appello.
Ed invero non sono deducibili con il ricorso per cassazione questioni che non abbiano costituito oggetto di motivi di gravame, dovendosi evitare il rischio che in sede di legittimità sia annullato il provvedimento impugnato con riferimento ad un punto della decisione rispetto al quale si configura “a priori” un inevitabile difetto di motivazione per essere stato intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto inammissibile il dedotto vizio di motivazione della sentenza impugnata in ordine alla subordinazione della sospensione condizionale della pena al risarcimento del danno, atteso che la relativa questione non era stata prospettata in appello, ove il ricorrente si era limitato a dolersi dell’illegittimo diniego all’imputato beneficio della pena sospesa) (Sez. 2, Sentenza n. 29707 del 08/03/2017, Rv. 270316).
In conclusione il ricorso é inammissibile. SecJue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al pagamento di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 24.10.2023