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Ricorso inammissibile: furto e attenuanti generiche

La Cassazione dichiara un ricorso inammissibile contro una condanna per furto aggravato. L’espressione della volontà di punire vale come querela e la valutazione delle attenuanti generiche è discrezionalità del giudice di merito non sindacabile in sede di legittimità. Confermata la condanna alle spese e a una sanzione.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Conferma la Condanna per Furto

L’ordinanza n. 12841/2024 della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sui motivi che possono portare a un ricorso inammissibile in materia penale. Il caso analizzato riguarda una condanna per furto aggravato dalla destrezza, confermata in appello, contro la quale l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione basato su due specifici motivi: la presunta mancanza di querela e il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche. La Corte Suprema ha rigettato entrambe le doglianze, confermando la condanna e fornendo principi giuridici di notevole rilevanza pratica.

I Fatti del Caso Giudiziario

Un individuo, condannato in primo grado e in appello per il reato di furto aggravato dalla destrezza, ha deciso di impugnare la sentenza dinanzi alla Corte di Cassazione. Il suo ricorso si fondava essenzialmente su due argomentazioni: in primo luogo, sosteneva che il procedimento avrebbe dovuto essere dichiarato improcedibile per assenza di una formale querela da parte della persona offesa. In secondo luogo, lamentava vizi di motivazione nella parte della sentenza che negava la concessione delle circostanze attenuanti generiche, ritenendo ingiusto il trattamento sanzionatorio applicato.

I Motivi del Ricorso e la Decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha esaminato i due motivi presentati dall’imputato e ha concluso per la loro manifesta infondatezza e inammissibilità.

Per quanto riguarda il primo motivo, la Corte ha sottolineato che la persona offesa aveva chiaramente manifestato la propria “volontà punitiva” nei confronti del colpevole presso la Stazione dei Carabinieri. Tale dichiarazione, verbalizzata, è stata ritenuta sufficiente a integrare la condizione di procedibilità, rendendo irrilevante l’assenza di un atto denominato formalmente “querela”.

Per il secondo motivo, relativo alle attenuanti, la Corte ha ribadito un principio consolidato: la determinazione della pena e la concessione delle attenuanti generiche rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito. Questo potere può essere sindacato in sede di legittimità solo in caso di motivazione manifestamente illogica o assente, ipotesi non riscontrata nel caso di specie. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato ricorso inammissibile.

Le Motivazioni della Cassazione: Analisi del Ricorso Inammissibile

L’ordinanza si sofferma su due pilastri del diritto processuale penale.

La Validità della “Volontà Punitiva” come Querela

La Corte chiarisce che, per i reati perseguibili a querela di parte, non è necessaria una formula sacramentale. Ciò che conta è l’inequivocabile manifestazione di volontà della persona offesa di voler perseguire penalmente l’autore del reato. Nel caso specifico, la dichiarazione resa ai Carabinieri dalla vittima del furto è stata considerata un atto pienamente valido a tal fine, neutralizzando l’eccezione di improcedibilità. Questo principio garantisce che la sostanza prevalga sulla forma, tutelando la volontà della vittima.

Discrezionalità del Giudice e le Attenuanti Generiche

Sul secondo punto, la Cassazione riafferma la netta distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. La valutazione sulla concessione delle attenuanti generiche (artt. 132 e 133 c.p.) è un’attività tipica del giudice di primo e secondo grado, che pondera tutti gli elementi del caso per commisurare la pena. Tentare di ottenere una nuova valutazione di questi aspetti in Cassazione è un’operazione non consentita, a meno che la decisione del giudice inferiore non sia viziata da un’evidente illogicità. Poiché la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione congrua per la sua decisione, anche questo motivo è stato giudicato inammissibile.

Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche della Decisione

La decisione di dichiarare il ricorso inammissibile comporta due conseguenze dirette per il ricorrente: la sentenza di condanna diventa definitiva e l’imputato viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende. Dal punto di vista giuridico, l’ordinanza ribadisce due importanti lezioni: primo, la volontà di punire espressa chiaramente dalla vittima alle autorità è sufficiente per procedere penalmente; secondo, le scelte discrezionali del giudice sulla pena, se adeguatamente motivate, non sono riformabili in sede di Cassazione.

Una semplice dichiarazione di ‘volontà punitiva’ alla polizia è sufficiente per avviare un procedimento penale?
Sì, secondo questa ordinanza, la manifestazione della volontà punitiva da parte della persona offesa presso gli uffici di polizia è considerata sufficiente a integrare il requisito della querela, rendendo infondata l’eccezione di improcedibilità.

È possibile contestare in Cassazione la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche?
No, di regola non è consentito. La concessione o il diniego delle attenuanti generiche rientra nella discrezionalità del giudice di merito. La Corte di Cassazione può intervenire solo se la motivazione del giudice è manifestamente illogica o errata in diritto, non per una diversa valutazione dei fatti.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. La sentenza impugnata diventa così definitiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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