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Ricorso inammissibile: furto con aggravanti confermato

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile presentato da un imputato condannato per una serie di furti aggravati. L’imputato, fingendosi un agente di polizia, si introduceva nelle case delle vittime. La Corte ha confermato la condanna, ritenendo i motivi del ricorso una mera riproposizione di argomenti già respinti e ha ribadito la correttezza della valutazione sulle aggravanti e sulla pena inflitta.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: la Cassazione conferma la condanna per furto con frode

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta un caso di furto pluriaggravato, fornendo importanti chiarimenti sui limiti del ricorso in sede di legittimità e sulla coesistenza di diverse circostanze aggravanti. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte di Appello di Milano e condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. Questa decisione ribadisce principi fondamentali del nostro sistema processuale penale.

I fatti del processo

L’imputato era stato condannato per una serie di furti in abitazione commessi in concorso con altre persone. La modalità operativa era particolarmente insidiosa: gli autori si presentavano alle vittime, spesso persone vulnerabili, simulando la qualità di pubblici ufficiali, in particolare di Carabinieri. Attraverso l’uso di un ‘mezzo fraudolento’, ovvero sostenendo di dover effettuare controlli per un presunto furto in corso, riuscivano a farsi aprire le porte delle abitazioni. Una volta dentro, approfittando della buona fede e della ‘minorata difesa’ delle vittime, perpetravano i furti. Per rendere credibile la loro messinscena, utilizzavano strumentazione come magliette, tesserini e ricetrasmittenti.

I motivi del ricorso e il giudizio della Corte

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su cinque motivi, che possono essere così sintetizzati:

1. Generica contestazione della responsabilità: Il ricorrente ha tentato di rimettere in discussione la sua colpevolezza.
2. Errata applicazione delle aggravanti: Si contestava il riconoscimento delle aggravanti dell’uso del mezzo fraudolento e della simulazione della qualità di pubblico ufficiale, sostenendo che non potessero coesistere.
3. Vulnerabilità delle vittime: Si metteva in dubbio la sussistenza della ‘minorata difesa’.
4. Eccessività della pena: Si lamentava una graduazione della pena ritenuta troppo severa.
5. Mancato riconoscimento delle attenuanti generiche: Si contestava il diniego delle circostanze attenuanti.

La Corte di Cassazione ha rigettato tutti i motivi, dichiarando il ricorso inammissibile.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La decisione della Suprema Corte si fonda su principi giuridici consolidati. In primo luogo, il motivo relativo alla responsabilità è stato giudicato generico e meramente riproduttivo di argomentazioni già esaminate e respinte nei precedenti gradi di giudizio. La Corte ha ricordato che il giudizio di legittimità non consente una nuova valutazione delle prove, ma solo un controllo sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione.

Per quanto riguarda le aggravanti, la Corte ha chiarito che l’uso del ‘mezzo fraudolento’ (l’artifizio di inventare un furto in corso) e la ‘simulazione della qualità di pubblico ufficiale’ (l’esibizione di tesserini e divise) sono due condotte fattuali ontologicamente diverse e, pertanto, pienamente compatibili e concorrenti. Entrambe hanno contribuito a ingannare le vittime e a facilitare il reato.

Infine, la Corte ha ribadito che la determinazione della pena e la concessione o meno delle attenuanti generiche rientrano nella discrezionalità del giudice di merito. Tale potere può essere sindacato in Cassazione solo se esercitato in modo arbitrario o manifestamente illogico. Nel caso di specie, i giudici di merito avevano fornito una motivazione sufficiente e congrua, giustificando sia l’entità della pena sia il diniego delle attenuanti.

Le conclusioni

L’ordinanza in commento è un’importante conferma di diversi principi cardine del diritto processuale penale. Sottolinea l’impossibilità di trasformare il giudizio di Cassazione in un terzo grado di merito, ribadendo i confini del ricorso inammissibile. Inoltre, offre un chiaro esempio di come diverse circostanze aggravanti possano coesistere quando descrivono comportamenti distinti, anche se finalizzati allo stesso scopo criminoso. Infine, riafferma l’ampia discrezionalità del giudice di merito nella commisurazione della pena, un potere che deve essere esercitato con una motivazione logica e aderente ai criteri legali, come avvenuto nel caso esaminato.

È possibile presentare in Cassazione le stesse argomentazioni già respinte nei gradi di merito?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che un ricorso è inammissibile se si limita a riproporre censure già adeguatamente esaminate e respinte dai giudici di merito, senza presentare nuovi e specifici vizi di legittimità o travisamenti della prova.

L’uso di un inganno e la finta qualifica di pubblico ufficiale sono considerate la stessa aggravante nel reato di furto?
No, l’ordinanza chiarisce che si tratta di due aggravanti distinte e pienamente compatibili. L’uso del mezzo fraudolento (l’inganno) e la simulazione della qualità di pubblico ufficiale sono manifestazioni fattuali diverse che possono concorrere ad aggravare il reato.

La Corte di Cassazione può modificare la pena decisa dal giudice di merito se ritenuta troppo alta?
No, la determinazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito. La Corte di Cassazione può intervenire solo se la decisione è frutto di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico, cosa che non è stata riscontrata in questo caso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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