Ricorso Inammissibile: quando le doglianze di fatto non bastano
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9063/2024, ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile presentato da un’imputata condannata per concorso in furto aggravato, sottolineando come le critiche mosse alla sentenza d’appello fossero mere doglianze di fatto e, per quanto riguarda la prescrizione, manifestamente infondate. Questa decisione offre spunti importanti sui limiti del ricorso in Cassazione e sulla corretta formulazione dei motivi.
I Fatti del Caso
Una donna veniva condannata in primo e secondo grado per il reato di concorso in furto in abitazione, aggravato dall’uso della violenza sulle cose. Secondo l’accusa, confermata nei gradi di merito, l’imputata aveva agito come “autista” per i complici che materialmente commettevano il furto, fornendo un contributo essenziale alla realizzazione del delitto. La difesa decideva di ricorrere per Cassazione, basando l’impugnazione su due motivi principali: l’erronea applicazione della legge penale riguardo alla sua effettiva consapevolezza e partecipazione, e l’intervenuta prescrizione del reato.
Analisi della Corte e il Ricorso Inammissibile
La Settima Sezione Penale ha esaminato i motivi del ricorso, concludendo per la sua totale inammissibilità. Vediamo nel dettaglio le ragioni.
Primo Motivo: Valutazione dell’Elemento Soggettivo
La ricorrente contestava l’affermazione della sua responsabilità e la valutazione del suo contributo consapevole (l’elemento soggettivo del reato). La Corte di Cassazione ha respinto questa doglianza, qualificandola come una critica di merito non consentita in sede di legittimità. Gli Ermellini hanno evidenziato due criticità:
1. Genericità: Il motivo era privo dei requisiti di specificità richiesti dall’articolo 581, comma 1, lett. c) del codice di procedura penale.
2. Natura Fattuale: L’argomentazione mirava a una nuova e diversa valutazione dei fatti, un’operazione preclusa alla Suprema Corte. La sentenza d’appello, infatti, aveva già motivato in modo logico e corretto, indicando gli elementi che provavano la consapevolezza dell’imputata: il suo ruolo di autista per gli autori materiali e il tentativo di fuga all’arrivo dei carabinieri.
Secondo Motivo: La Presunta Prescrizione del Reato
Il secondo motivo, relativo all’estinzione del reato per prescrizione, è stato giudicato “manifestamente infondato”. La Corte ha spiegato che il calcolo del termine necessario a prescrivere non era affatto maturato. Il delitto di furto in abitazione aggravato (art. 625 c.p.) prevede una pena massima di dieci anni. A questa si aggiunge un aumento di un terzo per le circostanze aggravanti (ex art. 63, co. 4 c.p.) e un ulteriore aumento della metà per la recidiva contestata (ex art. 99, co. 2 c.p.). Il termine di prescrizione risultante era quindi ben lontano dalla data dell’udienza, rendendo l’eccezione palesemente infondata.
Le Motivazioni della Decisione
La decisione della Corte si fonda sulla netta distinzione tra il giudizio di merito e quello di legittimità. Il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un appello mascherato, dove si chiede ai giudici di rivalutare le prove o la ricostruzione dei fatti già operata dalla Corte d’Appello. Se la motivazione della sentenza impugnata è logica, coerente e priva di vizi giuridici, non può essere censurata. Il ricorrente deve individuare specifici errori di diritto o vizi logici manifesti, non limitarsi a proporre una lettura alternativa delle risultanze processuali. La manifesta infondatezza del motivo sulla prescrizione ha ulteriormente rafforzato la decisione di inammissibilità, dimostrando come un’analisi basilare delle norme applicabili avrebbe dovuto sconsigliare la proposizione di tale doglianza.
Conclusioni
L’ordinanza in esame è un monito per chi intende adire la Corte di Cassazione. È essenziale che i motivi di ricorso siano formulati con rigore tecnico, concentrandosi su questioni di pura legittimità. Un ricorso inammissibile non solo porta alla conferma definitiva della condanna, ma comporta anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (in questo caso, tremila euro) a favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia riafferma la funzione della Cassazione come organo di controllo sulla corretta applicazione della legge, e non come giudice dei fatti.
Perché il primo motivo di ricorso è stato dichiarato inammissibile?
È stato ritenuto inammissibile perché, oltre ad essere generico e privo dei requisiti di legge, consisteva in mere doglianze di fatto sulla valutazione della responsabilità e dell’elemento soggettivo. La Corte di Cassazione non può riesaminare i fatti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge.
Per quale motivo l’eccezione di prescrizione è stata respinta?
L’eccezione è stata giudicata manifestamente infondata. La Corte ha chiarito che, considerando la pena massima per il furto in abitazione aggravato e gli aumenti per le ulteriori aggravanti e la recidiva, il tempo necessario per la prescrizione del reato non era ancora trascorso.
Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la conferma della sentenza di condanna, che diventa definitiva. Inoltre, la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9063 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9063 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a GRAVINA DI PUGLIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/11/2022 della CORTE APPELLO di BRESCIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Rilevato che COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Brescia, che ha confermato la pronunzia di primo grado, con la quale l’imputata era stata ritenuta responsabile del delitto di concorso in furto in abitazio aggravato dall’uso della violenza sulle cose;
Considerato che il primo motivo di ricorso, con cui la ricorrente denuncia erronea applicazione della legge penale e vizi di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità ed alla valutazione dell’elemento soggettivo, non è consentito dalla legge in sede di legittimità, perché, oltre ad essere costituito da mere doglianze in fatto, è generico per indeterminatezza, in quanto privo dei requisiti prescritti dall’a 581, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., a fronte di una motivazione della sentenza impugnata logicamente corretta; la sentenza impugnata ha ben descritto gli indicatori di consapevolezza del contributo concorsuale della ricorrente alla condotta dei suoi complici: ella ha fatto da autista per gli autori materiali ed ha provato anche a fuggir quando si è resa conto dell’intervento dei carabinieri.
Considerato che il secondo motivo di ricorso, con il quale la ricorrente deduce estinzione del reato per intervenuta prescrizione, è manifestamente infondato, posto che il termine necessario alla prescrizione non è ancora decorso (il delitto di furto i abitazione aggravato da una delle circostanze di cui all’art. 625 cod. pen. è punito con una pena massima di anni dieci, cui va aggiunto un aumento di un 1/3 ex art. 63 co. 4 cod. pen. e, poi, un ulteriore aumento della metà per la recidiva ex art. 99 co. 2 cod. pen., con un termine ultimo di prescrizione che va ben oltre la data dell’udienza fissata per la decisione dinanzi alla Settima Sezione penale);
3.1. Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 18 gennaio 2024.