Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19349 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19349 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOMENOME nato a BARI il 07/10/1950
avverso la sentenza del 05/04/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che con sentenza depositata il giorno 4 luglio 2024 la Corte di appello di Milano riformava parzialmente la sentenza emessa in data 14 luglio 2023 con cui il Tribunale di Monza aveva condannato COGNOME alla pena di giustizia, riterminandola in complessivi anni 2 e mesi 6 di reclusione con conferma delle pene accessorie temporanee per la durata di anni 1 e mesi 6 per effetto della dichiarazione di non doversi procedere in ordine al reato di cui al capo 1 dell’imputazione per intervenuta prescrizione, e confermando nel resto, avendola ritenuta colpevole dei reati residui;
che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la prevenuta articolando i motivi di impugnazione di seguito sintetizzati;
che con il primo motivo la ricorrente eccepiva il vizio di motivazione, l’erronea applicazione della legge e l’inosservanza di norme procedurali oltre al travisamento del fatto con riferimento alla statuizione di reità; più in particolare la COGNOME censurava il provvedimento impugnato nella parte in cui i Giudici del merito avevano ritenuto integrati i reati contestati anche alla luce delle dichiarazioni di alcuni testi i quali contestavano la veridicità delle fatture da questi emesse nei confronti della ditta dell’odierna ricorrente;
che con il secondo motivo eccepiva il vizio di motivazione e l’erronea applicazione della legge lamentando la circostanza che la Corte di appello meneghina avesse ritenuto del tutto indeducibili gli importi registrati nelle autofatture versate in atti esclusivamente per il fatto di non essere state debitamente documentati;
che con il terzo motivo la ricorrente deduceva il vizio di motivazione e l’erronea applicazione della legge con riferimento alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo relativamente al contestato art. 8 del D.Lgs. n. 74 del 2000;
che con l’ultimo motivo la COGNOME eccepiva l’erronea applicazione della legge ed il vizio di motivazione con riferimento alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche ed al trattamento sanzionatorio inflitto;
Considerato che il ricorso è inammissibile;
che il primo motivo ed il secondo motivo di impugnazione, i quali possono essere esaminati congiuntamente innpingendo a vario titolo nella valutazione del compendio probatorio operata dai Giudici del merito per dichiarare la penale responsabilità della ricorrente risultano manifestamente infondati;
osserva il Collegio che la Corte territoriale ha ben argomentato in ordine in ordine alla ritenuta colpevolezza della COGNOME dando rilievo alle convergenti emergenze istruttorie da cui si evince che le fatture contestate, prive dei requisiti di specificità e determinatezza, prive dell’indicazione dei documenti di identità del venditore, pagate per cassa in contanti per importi incompatibili con
il volume di affari della ditta e in contrasto con i flussi di entrata ed uscita d materiali, sono pertanto relative ad operazioni effettivamente inesistenti;
che il terzo motivo risulta del pari manifestamente infondato atteso che la
Corte di appello, con valutazione esente da vizi logici o giuridici, ha riscontrato la sussistenza del dolo specifico richiesto per l’integrazione del reato di cui all
art. 8 del D.Lgs. n. 74 del 2000 dando rilievo all’avvenuta utilizzazione, in sede di dichiarazione fiscale, delle fatture passive relative ad operazioni inesistenti
da parte della ricorrente;
che anche l’ultimo motivo risulta manifestamente infondato in quanto la
Corte di appello ha da un lato, correttamente negato la applicabilità delle istate circostanze attenuanti generiche sulla scorta della mancanza di elementi
favorevoli alla loro concessione e dall’altro, ridimensionato la misura della pena inflitta con modesto discostamento dal minimo edittale giustificato dal numero
di fatture emesse e dal loro importo complessivo;
che il ricorso devo perciò essere dichiarato inammissibile e, tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale nonché
rilevato che nella fattispecie non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché della somma equitativamente fissata in C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2025
Il Consigliere NOME
COGNOMEil Preside