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Ricorso inammissibile: fatture e motivazione

L’appello di un’imprenditrice contro una condanna per reati fiscali è stato dichiarato un ricorso inammissibile dalla Corte di Cassazione. I motivi, incentrati su vizi di motivazione e erronea applicazione della legge riguardo a fatture contestate, sono stati giudicati manifestamente infondati. La Corte ha confermato la solidità delle argomentazioni del giudice di merito, condannando la ricorrente al pagamento delle spese e di un’ammenda.

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Pubblicato il 3 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando i Motivi di Appello sono Manifestamente Infondati

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: non tutti i ricorsi meritano di essere esaminati nel merito. Quando i motivi di impugnazione appaiono privi di qualsiasi fondamento logico e giuridico, si incorre nella declaratoria di ricorso inammissibile. Questo caso offre uno spaccato chiaro delle circostanze che portano a tale esito, in particolare nel contesto dei reati fiscali legati all’emissione e all’utilizzo di fatture contestate.

I Fatti del Processo

Il percorso giudiziario inizia con una condanna emessa dal Tribunale di Monza nei confronti di un’imprenditrice per reati fiscali. La Corte d’Appello di Milano, successivamente, riforma parzialmente la sentenza. A causa dell’intervenuta prescrizione per uno dei capi d’imputazione, la pena viene rideterminata in due anni e sei mesi di reclusione, confermando però le pene accessorie e la colpevolezza per i reati residui. Insoddisfatta della decisione, l’imputata propone ricorso per Cassazione, lamentando diversi vizi della sentenza d’appello.

I Motivi del Ricorso e la Valutazione della Corte

La difesa ha articolato l’impugnazione su quattro motivi principali:
1. Vizio di motivazione e travisamento del fatto: si contestava la valutazione delle prove, in particolare le dichiarazioni testimoniali che, a dire della difesa, minavano la veridicità delle fatture emesse.
2. Erronea applicazione della legge: si lamentava la decisione della Corte d’Appello di considerare indeducibili gli importi registrati in alcune autofatture, solo perché non adeguatamente documentate.
3. Sussistenza dell’elemento soggettivo: si metteva in discussione la consapevolezza e la volontà dell’imputata di commettere il reato fiscale contestato (art. 8 D.Lgs. 74/2000).
4. Mancata concessione delle attenuanti generiche: si criticava il trattamento sanzionatorio ritenuto eccessivo.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha giudicato il ricorso inammissibile nella sua interezza, concentrando la propria analisi sulla palese infondatezza dei primi due motivi, che sono stati esaminati congiuntamente. Secondo gli Ermellini, la Corte d’Appello aveva costruito un’argomentazione solida e coerente per affermare la colpevolezza dell’imputata. La decisione non era basata su mere congetture, ma su elementi probatori convergenti e inequivocabili.

In particolare, le fatture al centro del processo presentavano anomalie tali da renderle palesemente fittizie. Esse erano:
Prive dei requisiti di specificità e determinatezza.
Mancanti dell’indicazione dei documenti di identità del venditore.
Regolate tramite pagamenti in contanti per importi incompatibili con le normative vigenti.

Questi elementi, valutati nel loro insieme, non lasciavano spazio a interpretazioni alternative. La Corte territoriale ha quindi correttamente concluso che tali documenti non rappresentavano operazioni reali. Di fronte a una motivazione così ben argomentata, i motivi di ricorso sono apparsi come un tentativo di rimettere in discussione il merito della valutazione probatoria, un’operazione non consentita in sede di legittimità.

Le Conclusioni e le Conseguenze Pratiche

La declaratoria di inammissibilità ha conseguenze significative per la ricorrente. In primo luogo, la condanna inflitta dalla Corte d’Appello diventa definitiva. In secondo luogo, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, la parte che ha proposto un ricorso inammissibile viene condannata al pagamento delle spese processuali. Infine, viene imposto il versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, in questo caso fissata in 3.000,00 Euro. Questa sanzione ha lo scopo di disincentivare la presentazione di impugnazioni dilatorie o palesemente infondate, che sovraccaricano inutilmente il sistema giudiziario. La decisione, quindi, non solo definisce il caso specifico ma riafferma il principio secondo cui l’accesso alla giustizia deve essere esercitato con responsabilità.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché i motivi principali, relativi al vizio di motivazione e all’erronea applicazione della legge, sono stati ritenuti manifestamente infondati. I giudici di merito avevano già fornito una motivazione logica e ben argomentata per la condanna, basata su prove concrete.

Quali erano i difetti delle fatture contestate secondo i giudici?
Le fatture erano considerate anomale perché prive dei requisiti di specificità e determinatezza, non riportavano i documenti di identità del venditore ed erano state pagate in contanti per importi incompatibili con la normativa, elementi che complessivamente ne dimostravano la natura fittizia.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso per la ricorrente?
La dichiarazione di inammissibilità rende definitiva la sentenza di condanna della Corte d’Appello. Inoltre, la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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