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Ricorso inammissibile: falsificazione carta circolazione

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile contro una condanna per falsificazione della carta di circolazione. I motivi, basati su una rilettura dei fatti e sulla presunta assenza di dolo, sono stati ritenuti censure di mero fatto e generiche. La Corte ha confermato la condanna e ha disposto il pagamento di una sanzione per l’evidente inammissibilità del ricorso.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: la Cassazione sul Reato di Falsificazione

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di ricorso inammissibile in materia penale, delineando i confini tra le questioni di legittimità, proprie del giudizio di Cassazione, e le valutazioni di merito, riservate ai giudici dei gradi precedenti. Il caso riguarda una condanna per la falsificazione della carta di circolazione di un veicolo, confermata in appello e giunta al vaglio della Suprema Corte.

I Fatti di Causa

Un automobilista veniva condannato in primo e secondo grado per il reato previsto dagli articoli 477 e 482 del codice penale, ossia per aver falsificato la carta di circolazione del proprio veicolo. La Corte d’Appello di Caltanissetta confermava la sentenza di condanna, ritenendo provata sia la materialità del fatto sia la colpevolezza dell’imputato.

Contro questa decisione, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, affidandolo a tre distinti motivi, con i quali lamentava la violazione della legge penale e vizi di motivazione della sentenza impugnata.

Analisi del Ricorso Inammissibile da parte della Cassazione

La Corte di Cassazione ha esaminato i motivi del ricorso, dichiarandoli tutti inammissibili per ragioni procedurali e di merito. Vediamo nel dettaglio l’analisi della Corte su ciascun punto.

Primo Motivo: La Rilettura del Materiale Probatorio

Con il primo motivo, il ricorrente contestava l’attribuzione della falsificazione, proponendo una lettura alternativa delle prove raccolte. La Cassazione ha prontamente respinto questa censura, qualificandola come un tentativo di ottenere una nuova valutazione dei fatti. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. Non si possono introdurre censure che mirano a una diversa interpretazione del materiale probatorio già vagliato e logicamente motivato dalla Corte territoriale. In questo caso, la Corte d’Appello aveva correttamente valorizzato il comportamento tenuto dall’imputato alla presenza degli agenti di polizia come elemento a sostegno della sua colpevolezza.

Secondo Motivo: La Prova dell’Elemento Soggettivo

Il secondo motivo si concentrava sulla presunta mancanza di prova dell’elemento soggettivo del reato (il dolo) e suggeriva di qualificare il fatto come un semplice illecito amministrativo previsto dal Codice della Strada. Anche questo motivo è stato giudicato inammissibile. La Corte ha evidenziato come le argomentazioni fossero del tutto assertive e non si confrontassero con la motivazione della sentenza d’appello, che aveva desunto l’intenzionalità della condotta proprio dal comportamento dell’imputato. Inoltre, il richiamo all’art. 100 del Codice della Strada è stato ritenuto inconferente, poiché tale norma sanziona la circolazione con targa non propria o contraffatta, una fattispecie diversa dalla falsificazione della carta di circolazione.

Terzo Motivo: Il Diniego delle Attenuanti Generiche

Infine, il ricorrente lamentava la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. La Cassazione ha definito il motivo manifestamente infondato e generico. Ha ricordato che, per negare le attenuanti, è sufficiente che il giudice di merito faccia riferimento a elementi ritenuti decisivi. Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva giustificato il diniego valorizzando la condotta dell’imputato, volta a sottrarsi al controllo di polizia, ritenendola un indicatore di una maggiore gravità del fatto e di una personalità non meritevole di un trattamento sanzionatorio più mite.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte Suprema, nel dichiarare il ricorso inammissibile, ha sottolineato come tutti i motivi presentati si risolvessero in censure di mero fatto, volte a sollecitare una non consentita rivalutazione del quadro probatorio. I giudici hanno ritenuto che la Corte d’Appello avesse fornito una motivazione congrua, logica e priva di vizi giuridici sia sull’affermazione di responsabilità sia sul trattamento sanzionatorio.

La manifesta inammissibilità dell’impugnazione ha comportato non solo la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione aggiuntiva è prevista dall’art. 616 del codice di procedura penale quando il ricorso è proposto per colpa, come nel caso di motivi palesemente privi dei requisiti di legge.

Conclusioni

L’ordinanza rappresenta un’importante lezione sui limiti del ricorso per Cassazione. La Suprema Corte non è un giudice del fatto, ma un giudice della legge. I ricorsi devono concentrarsi su reali violazioni di legge o vizi logici della motivazione, non su semplici doglianze relative all’interpretazione delle prove. La decisione riafferma che un’impugnazione basata su censure di mero fatto è destinata all’inammissibilità, con conseguenze economiche significative per il ricorrente.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi proposti non sollevavano questioni di diritto, ma si limitavano a criticare la valutazione dei fatti e delle prove già effettuata dalla Corte d’Appello. Questo tipo di critica, definita ‘censura di mero fatto’, non è permessa nel giudizio di Cassazione.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove di un processo?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione ha il compito di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza, ma non può riesaminare le prove o sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello).

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso per colpa?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile e la Corte ravvisa una colpa nella sua proposizione (perché palesemente infondato o privo dei requisiti), il ricorrente viene condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, come sanzione per aver attivato inutilmente il sistema giudiziario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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