Ricorso Inammissibile Evasione: la Cassazione Conferma la Condanna
L’ordinanza della Corte di Cassazione che analizziamo oggi offre importanti chiarimenti sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi, in particolare quando si tratta del reato di evasione. La decisione sottolinea come un ricorso inammissibile evasione sia la conseguenza quasi certa di motivi generici, non specifici o meramente riproduttivi di argomentazioni già respinte nei precedenti gradi di giudizio. Questo provvedimento è un monito sulla necessità di una difesa tecnica rigorosa e puntuale.
I Fatti del Caso
Il caso ha origine dalla condanna di un individuo per il reato di evasione, confermata dalla Corte d’Appello di Palermo. L’imputato, non rassegnandosi alla decisione, ha proposto ricorso per Cassazione, affidando la sua difesa a due argomenti principali: la presunta infondatezza dell’accusa di evasione e l’esistenza di uno “stato di necessità” che lo avrebbe costretto a violare la legge. Inoltre, le sue doglianze riproponevano questioni già vagliate e disattese dal giudice di merito, inclusa la possibile applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (ex art. 131-bis c.p.).
La Decisione della Corte e il Ricorso Inammissibile per Evasione
La Suprema Corte ha tagliato corto, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito delle questioni sollevate, ma si ferma a un gradino prima, sancendo che il ricorso non possiede i requisiti minimi per essere esaminato. La conseguenza diretta è la conferma definitiva della sentenza di condanna e l’imposizione al ricorrente del pagamento delle spese processuali e di una sanzione di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: Perché il Ricorso è Stato Ritenuto Inammissibile
La Corte ha basato la sua decisione su due pilastri fondamentali.
In primo luogo, ha qualificato i motivi del ricorso come “manifestamente infondate”. Questo significa che le argomentazioni dell’imputato apparivano prive di qualsiasi fondamento giuridico o fattuale in modo così evidente da non meritare un’analisi approfondita. Per quanto riguarda lo stato di necessità, la Corte ha specificato che non è stata dimostrata la sussistenza di un “grave pericolo alla persona con caratteristiche di indilazionabilità e cogenza” tali da rendere la violazione della legge l’unica alternativa possibile. Un semplice disagio o una situazione di difficoltà non sono sufficienti per integrare questa scriminante.
In secondo luogo, i giudici hanno evidenziato la natura “meramente riproduttiva” delle censure. L’imputato, cioè, si è limitato a ripresentare in Cassazione le stesse identiche argomentazioni già esaminate e respinte con motivazioni corrette dalla Corte d’Appello. Il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono semplicemente ripetere le proprie tesi, ma una sede in cui si devono denunciare specifici vizi di legittimità della sentenza impugnata, non la sua giustizia nel merito.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale del nostro sistema processuale: l’importanza della specificità e della novità dei motivi di ricorso in Cassazione. Non è sufficiente dissentire dalla decisione dei giudici di merito; è necessario individuare e argomentare con precisione gli errori di diritto o i vizi logici della motivazione. Riproporre le stesse difese senza criticare puntualmente il ragionamento della corte inferiore si traduce, come in questo caso, in una declaratoria di inammissibilità. Per gli operatori del diritto, ciò significa che la redazione di un ricorso per Cassazione richiede uno studio approfondito della sentenza impugnata per individuare censure mirate e pertinenti, evitando di trasformare il giudizio di legittimità in un’inutile ripetizione dei gradi precedenti.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando i motivi presentati sono, come in questo caso, manifestamente infondati, cioè palesemente privi di fondamento, o quando ripropongono le stesse questioni già valutate e respinte dal giudice precedente senza introdurre nuove e pertinenti critiche alla decisione impugnata.
Perché lo stato di necessità non è stato riconosciuto nel caso di evasione?
La Corte ha ritenuto che non fosse stata dimostrata l’esistenza di una situazione di grave e imminente pericolo per la persona, con caratteristiche di urgenza e coercizione tali da non lasciare altra scelta se non quella di violare la legge.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Comporta la condanna definitiva del ricorrente, il quale è tenuto al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (in questo caso, tremila euro) a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21415 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21415 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a SALEMI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/09/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Ritenuto che i motivi dedotti sono costituiti da doglianze manifestamente infondate (quanto alla ritenuta responsabilità per l’evasione, cfr. tra tante, Sez. 2, n. 13825 del 17/02/2017, Rv. 269744; al dedotto stato di necessità, che non configura l’immanenza di una situazione di grave pericolo alla persona con caratteristiche di indilazionabilità e cogenza tale da non lasciare alla persona altra alternativa che quella di violare la legge) e meramente riproduttive di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito (si vedano, in particolare, pag. 3, sulla esclusione della causa di non punibilità ex art. 131-bis cod. pen.);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. MI.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 12/04/2024.