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Ricorso inammissibile evasione: i motivi della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per il reato di evasione ai sensi dell’art. 385 c.p. La decisione si fonda sulla genericità dei motivi proposti, che risultavano diversi da quelli presentati in appello, e sull’introduzione di nuove questioni di fatto non precedentemente esaminate. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, confermando l’importanza di formulare censure specifiche e pertinenti in sede di impugnazione.

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Pubblicato il 17 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile per Evasione: La Decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha chiarito i confini dell’ammissibilità dei ricorsi, offrendo importanti spunti di riflessione sul tema del ricorso inammissibile per evasione. Questo caso specifico riguarda un’impugnazione contro una condanna per il reato previsto dall’art. 385 del codice penale, e la decisione della Suprema Corte sottolinea l’importanza della specificità e pertinenza dei motivi di appello.

I Fatti del Caso: Dall’Appello alla Cassazione

La vicenda processuale ha origine da una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello di Perugia per il reato di evasione. L’imputato, sottoposto alla misura della detenzione domiciliare, si era allontanato senza autorizzazione. Avverso tale decisione, la difesa ha proposto ricorso per Cassazione, articolando due principali motivi di doglianza.

Il primo motivo criticava l’affermazione di responsabilità, mentre il secondo contestava la sussistenza stessa del reato, sollevando questioni di fatto relative ai presupposti della detenzione e alla durata dell’allontanamento. La Corte Suprema è stata chiamata a valutare se tali motivi rispettassero i requisiti di ammissibilità previsti dalla legge.

L’Analisi della Corte e il Ricorso Inammissibile per Evasione

La Cassazione ha esaminato attentamente i motivi presentati, giungendo a una declaratoria di inammissibilità per entrambi. La decisione si basa su due principi cardine della procedura penale riguardanti le impugnazioni.

Motivo n.1: La Genericità della Censura

Il primo motivo è stato giudicato inammissibile perché considerato una censura generica. La Corte ha rilevato che la critica mossa in sede di legittimità era sostanzialmente diversa dal contenuto del motivo di appello originario. In pratica, l’imputato non ha contestato in modo specifico le argomentazioni della sentenza di secondo grado, ma ha introdotto una lagnanza vaga e non pertinente rispetto al dibattito processuale svoltosi in appello. Questo vizio procedurale impedisce alla Cassazione di esaminare nel merito la questione.

Motivo n.2: Questioni di Fatto Nuove

Anche il secondo motivo è stato ritenuto inammissibile. La difesa ha sollevato questioni puramente fattuali, come la valutazione dei presupposti della detenzione domiciliare e la concreta durata dell’assenza dal domicilio. La Suprema Corte ha sottolineato che tali questioni non erano mai state sottoposte all’attenzione del giudice d’appello. Il giudizio di Cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito: non può quindi essere utilizzato per introdurre per la prima volta elementi di fatto che dovevano essere discussi nei gradi precedenti.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione ribadendo un principio fondamentale: il ricorso per Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul fatto. I motivi devono essere specifici, pertinenti e devono confrontarsi criticamente con la decisione impugnata. Proporre censure generiche o introdurre tardivamente questioni di fatto equivale a un abuso dello strumento processuale. La Corte ha inoltre specificato che la presentazione di una memoria difensiva che si limita a reiterare i motivi già ritenuti inammissibili non può sanare i vizi originari del ricorso. La condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende è la conseguenza diretta di questa inammissibilità, sanzionando l’utilizzo improprio dell’impugnazione.

Le Conclusioni

Questa ordinanza conferma la rigorosa linea della Cassazione in materia di ammissibilità dei ricorsi. Per gli operatori del diritto, emerge la necessità di formulare motivi di appello e di ricorso estremamente precisi, evitando censure generiche e assicurandosi che tutte le questioni di fatto siano state debitamente sollevate e discusse nei gradi di merito. Per i cittadini, la decisione ribadisce che il processo ha regole precise che devono essere rispettate per garantire che la giustizia possa fare il suo corso in modo ordinato ed efficiente.

Quando un motivo di ricorso in Cassazione viene considerato generico?
Secondo questa ordinanza, un motivo è generico quando non si confronta specificamente con le ragioni della sentenza impugnata, ma propone una critica vaga e diversa rispetto a quella presentata nel precedente grado di giudizio.

È possibile introdurre per la prima volta in Cassazione questioni di fatto non discusse in appello?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che non possono essere devolute al suo giudizio questioni di fatto, come quelle relative ai presupposti della detenzione domiciliare, se non sono state prima sottoposte al vaglio del giudice d’appello.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come stabilito nel provvedimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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