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Ricorso inammissibile: evasione e resistenza

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile presentato contro una condanna per evasione e resistenza a pubblico ufficiale. La Corte ha stabilito che i motivi del ricorso erano una mera riproduzione di quelli d’appello e non confutavano adeguatamente la motivazione della sentenza impugnata, la quale aveva correttamente individuato il dolo e valutato la gravità complessiva del fatto.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Il Caso di Evasione e Resistenza a Pubblico Ufficiale

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato un caso di evasione e resistenza a pubblico ufficiale, fornendo importanti chiarimenti sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi. La decisione sottolinea come un ricorso inammissibile sia spesso il risultato di una difesa che non riesce a confrontarsi adeguatamente con le motivazioni della sentenza di secondo grado. Analizziamo insieme i dettagli di questa pronuncia per comprendere meglio i principi applicati.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello nei confronti di un individuo per i reati di evasione (art. 385 c.p.) e resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.). L’imputato, ritenendo ingiusta la condanna, ha proposto ricorso per Cassazione, affidandosi a diversi motivi di doglianza. La difesa contestava principalmente la sussistenza dell’elemento psicologico del dolo per entrambi i reati, il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) e la mancata esclusione della recidiva.

L’Analisi della Corte sul Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha esaminato i motivi presentati dalla difesa, giungendo a una conclusione netta: il ricorso è inammissibile. La valutazione dei giudici si è concentrata su alcuni aspetti procedurali e sostanziali di fondamentale importanza.

La Ripetitività dei Motivi del Ricorso

Il primo rilievo mosso dalla Cassazione è di natura prettamente processuale. I giudici hanno osservato che tutti i motivi di ricorso erano sostanzialmente “riproduttivi dell’atto di appello”. In altre parole, la difesa si era limitata a ripresentare le stesse argomentazioni già esposte e respinte dalla Corte d’Appello, senza sviluppare una critica specifica e puntuale contro la motivazione della sentenza impugnata. Questo vizio procedurale è una causa tipica che conduce a una declaratoria di ricorso inammissibile.

La Valutazione del Dolo e il Confronto con la Motivazione

Per quanto riguarda i primi due motivi, relativi alla presunta mancanza di dolo, la Corte ha evidenziato come essi non si confrontassero adeguatamente con il ragionamento del giudice di secondo grado. La Corte d’Appello aveva infatti spiegato in modo corretto e logico come la consapevolezza di violare la legge penale fosse evidente. L’elemento psicologico del dolo era stato individuato nella chiara finalità dell’imputato di sottrarsi al controllo degli agenti per evitare che venisse accertata la sua evasione. Il ricorso, non contestando questo specifico passaggio logico, si è rivelato inefficace.

Gravità del Fatto e Inapplicabilità dell’Art. 131-bis c.p.

Anche i restanti motivi, incentrati sul mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto e sulla negata esclusione della recidiva, sono stati giudicati infondati. La Corte di Cassazione ha confermato la correttezza della motivazione della Corte d’Appello, la quale aveva valorizzato la “complessiva gravità del fatto”. Tale gravità era stata desunta non solo dalle circostanze specifiche, ma anche dalla “obiettiva pericolosità della condotta”. Di fronte a una motivazione così strutturata, il ricorso non ha saputo opporre argomenti validi per incrinarne la logicità.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile perché i motivi presentati non erano idonei a mettere in discussione la coerenza e la correttezza logico-giuridica della sentenza impugnata. La difesa non ha formulato censure specifiche contro le argomentazioni dei giudici d’appello, ma si è limitata a riproporre le medesime questioni già decise, senza indicare le ragioni per cui la soluzione adottata fosse errata. Di conseguenza, oltre alla declaratoria di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del processo penale di legittimità: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito. Per evitare una pronuncia di ricorso inammissibile, è essenziale che i motivi di impugnazione si confrontino direttamente e criticamente con la motivazione della sentenza che si intende contestare, evidenziandone vizi logici o violazioni di legge. La mera riproposizione delle argomentazioni già esaminate e respinte in appello si rivela una strategia processuale sterile e destinata al fallimento.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Secondo questa ordinanza, un ricorso può essere dichiarato inammissibile se i motivi proposti sono una mera riproduzione di quelli già presentati in appello e non si confrontano adeguatamente con la specifica motivazione della sentenza che si sta impugnando.

Come ha valutato la Corte l’elemento psicologico (dolo) nei reati contestati?
La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, i quali hanno correttamente individuato il dolo nella finalità dell’imputato di sottrarsi al controllo degli agenti per evitare che venisse accertato il reato di evasione, dimostrando piena consapevolezza della propria condotta illecita.

Per quale ragione non è stata applicata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
La sua applicazione è stata esclusa perché i giudici di appello hanno motivato correttamente la decisione valorizzando la complessiva gravità del fatto, desunta anche dalla obiettiva pericolosità della condotta tenuta dall’imputato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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