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Ricorso inammissibile: evasione e motivi generici

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una condanna per evasione, poiché i motivi presentati erano generici. L’appello non contestava efficacemente l’identificazione basata su video né forniva argomenti di fatto o di diritto a sostegno della richiesta di attenuanti, portando alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 17 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Genericità Costa Cara

Quando si impugna una sentenza di condanna, specialmente dinanzi alla Corte di Cassazione, la precisione e la specificità dei motivi sono fondamentali. Un recente provvedimento della Suprema Corte illustra perfettamente le conseguenze di un appello vago, dichiarando un ricorso inammissibile per la manifesta infondatezza e genericità delle censure mosse. Analizziamo questa decisione per comprendere perché la forma e la sostanza di un ricorso siano cruciali nel processo penale.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello di Messina per il reato di evasione. L’imputato, ritenendo ingiusta la decisione, proponeva ricorso per Cassazione, affidandosi a due principali motivi di doglianza.

In primo luogo, contestava la motivazione della sentenza d’appello riguardo al suo riconoscimento, effettuato dagli agenti di polizia giudiziaria anche grazie all’ausilio di una videoregistrazione. In secondo luogo, chiedeva che le circostanze attenuanti generiche venissero considerate prevalenti rispetto all’aggravante teleologica contestata.

L’Analisi della Cassazione e il Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione, con una motivazione sintetica ma incisiva, ha respinto entrambe le censure, bollando l’intero ricorso come inammissibile. La decisione si fonda sulla mancanza di specificità e sulla natura apodittica delle argomentazioni difensive, due vizi che impediscono al giudice di legittimità di entrare nel merito delle questioni sollevate.

Primo Motivo: La Genericità sulla Prova dell’Identificazione

Il primo motivo del ricorso è stato giudicato generico. La difesa, infatti, si era limitata a criticare il riconoscimento dell’imputato senza però confrontarsi analiticamente con il ragionamento logico-giuridico seguito dai giudici di merito. La Corte d’Appello aveva basato la sua decisione sulla credibilità degli agenti operanti e sull’affidabilità intrinseca della videoregistrazione. Per la Cassazione, un ricorso efficace avrebbe dovuto smontare punto per punto questa motivazione, evidenziandone eventuali vizi logici o contraddizioni, e non limitarsi a una generica contestazione. Questo tipo di approccio rende il motivo del ricorso inammissibile.

Secondo Motivo: La Richiesta Apodittica sulle Attenuanti

Ancora più netto è stato il giudizio sul secondo motivo. La richiesta di far prevalere le attenuanti generiche sull’aggravante è stata definita “del tutto apodittica”. Questo termine tecnico significa che la richiesta era stata avanzata come un’affermazione dogmatica, priva di qualsiasi supporto fattuale o giuridico. La difesa non aveva fornito alcuna ragione specifica (elementi di fatto o di diritto) per la quale le attenuanti avrebbero dovuto avere un peso maggiore nel caso concreto. Di fronte a una richiesta così sprovvista di argomentazioni, la Corte non ha potuto fare altro che confermare la valutazione del giudice di merito, ritenendola immune da censure.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha ribadito un principio cardine del giudizio di legittimità: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono riproporre le stesse valutazioni di fatto. Il suo scopo è controllare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Di conseguenza, i motivi di ricorso devono essere specifici, indicando con precisione le parti del provvedimento che si contestano e le ragioni giuridiche di tale contestazione. In questo caso, entrambi i motivi erano carenti sotto questo profilo: il primo non si confrontava con la motivazione, il secondo non ne aveva una propria. La declaratoria di inammissibilità è stata quindi una conseguenza inevitabile, accompagnata dalla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Conclusioni

La decisione in commento offre una lezione fondamentale per chi opera nel diritto penale: la redazione di un ricorso per Cassazione richiede un rigore tecnico estremo. Non è sufficiente esprimere un dissenso rispetto alla sentenza di condanna; è necessario articolare critiche precise, pertinenti e giuridicamente fondate. Un ricorso inammissibile non solo priva l’imputato dell’ultima possibilità di difesa, ma comporta anche significative conseguenze economiche. La specificità non è un mero formalismo, ma l’essenza stessa del diritto di impugnazione.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi erano generici e non adeguatamente argomentati. Il primo motivo non si confrontava con il ragionamento del giudice di merito sull’identificazione del ricorrente, mentre il secondo era una richiesta priva di qualsiasi fondamento fattuale o giuridico.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile in Cassazione?
Quando un ricorso penale viene dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in 3.000 euro.

L’astensione degli avvocati ha avuto un impatto sulla decisione?
No, la Corte ha specificato che la proclamazione dell’astensione degli avvocati era irrilevante, in quanto il procedimento si è svolto secondo la procedura non partecipata prevista dall’art. 611 del codice di procedura penale, che non richiede la presenza fisica delle parti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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