Ricorso Inammissibile per Estorsione: La Cassazione Fa Chiarezza
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato il tema del ricorso inammissibile per estorsione, delineando i confini tra motivi di ricorso specifici e censure meramente apparenti. Questa decisione offre importanti spunti di riflessione sulla corretta qualificazione del reato di estorsione rispetto all’esercizio arbitrario delle proprie ragioni e sui limiti all’impugnazione delle sentenze emesse a seguito di un accordo in appello.
Il Contesto del Ricorso e la Decisione della Corte d’Appello
La vicenda trae origine dai ricorsi presentati da due imputati avverso una sentenza della Corte d’Appello di Milano. La prima ricorrente era stata condannata per estorsione consumata, mentre la sua difesa insisteva per una riqualificazione del fatto in tentata estorsione o, in subordine, nel reato meno grave di esercizio arbitrario delle proprie ragioni (art. 393 c.p.). Il secondo ricorrente, invece, aveva concordato la pena in appello secondo la procedura prevista dall’art. 599-bis del codice di procedura penale.
Entrambi hanno presentato ricorso per Cassazione, ma la Suprema Corte li ha dichiarati entrambi inammissibili, condannando i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
L’Analisi del Ricorso Inammissibile per Estorsione
La Corte ha esaminato separatamente le posizioni dei due ricorrenti, giungendo per entrambi alla medesima conclusione di inammissibilità, sebbene per ragioni differenti.
La Posizione della Prima Ricorrente: Motivazioni Reiterative
Il ricorso della prima imputata è stato giudicato inammissibile perché i motivi addotti erano una semplice riproposizione di censure già presentate e respinte dalla Corte d’Appello. La Cassazione ha sottolineato che un ricorso è ‘apparente’ e non specifico quando non si confronta criticamente con le argomentazioni della sentenza impugnata.
Nel caso di specie, la Corte territoriale aveva ampiamente motivato, nelle pagine 12 e 13 della sua sentenza, le ragioni per cui il reato doveva considerarsi estorsione consumata (essendo stata versata la somma pretesa) e non un semplice tentativo. Allo stesso modo, era stata esclusa la derubricazione nel reato di cui all’art. 393 c.p., in quanto l’elemento psicologico del reato di estorsione era stato correttamente ravvisato e motivato senza illogicità manifeste.
La Posizione del Secondo Ricorrente: I Limiti dell’Art. 599-bis c.p.p.
Per il secondo imputato, il ricorso inammissibile per estorsione derivava dalla natura della sentenza impugnata. Essendo stata emessa a seguito di un ‘concordato in appello’ (art. 599-bis c.p.p.), le possibilità di ricorrere in Cassazione sono estremamente limitate. La giurisprudenza costante, richiamata dalla Corte, stabilisce che in questi casi il ricorso è ammissibile solo se contesta vizi relativi alla formazione della volontà delle parti, al consenso del pubblico ministero o alla difformità tra l’accordo e la pronuncia del giudice. Il ricorso in esame non sollevava nessuna di queste specifiche questioni, risultando pertanto inammissibile.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte ha ribadito principi consolidati. In primo luogo, un ricorso per Cassazione non può limitarsi a ripetere le stesse argomentazioni già respinte nel grado precedente, ma deve contenere una critica puntuale e specifica della decisione impugnata. La mancanza di un tale confronto rende il ricorso solo apparente e, di conseguenza, inammissibile. In secondo luogo, la distinzione tra estorsione ed esercizio arbitrario delle proprie ragioni risiede nell’elemento psicologico: nell’estorsione, l’agente è consapevole di pretendere qualcosa di non dovuto; nell’esercizio arbitrario, pur agendo illegittimamente, l’agente è convinto di far valere un proprio diritto. Nel caso di specie, i giudici di merito avevano accertato la presenza del dolo specifico dell’estorsione. Infine, è stato confermato il rigoroso perimetro di ammissibilità dei ricorsi contro le sentenze ‘concordate’ in appello.
Conclusioni
Questa ordinanza riafferma l’importanza della specificità dei motivi di ricorso per Cassazione, che non possono essere una mera riedizione delle doglianze già esaminate. Evidenzia inoltre come l’adesione a procedure quali il concordato in appello limiti fortemente le successive vie di impugnazione. La decisione serve da monito per le difese, che devono formulare censure mirate e pertinenti, evitando argomentazioni generiche o ripetitive che conducono inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità. La corretta qualificazione del reato, basata su un’attenta analisi dell’elemento psicologico, rimane un punto cardine del giudizio di merito, difficilmente scalfibile in sede di legittimità se adeguatamente motivato.
Quando un motivo di ricorso in Cassazione è considerato meramente reiterativo e quindi inammissibile?
Un motivo di ricorso è considerato reiterativo e inammissibile quando si limita a riproporre le stesse censure già prospettate e respinte nel precedente grado di giudizio, senza un effettivo confronto critico con le argomentazioni logiche e giuridiche della sentenza impugnata.
Qual è la differenza tra estorsione ed esercizio arbitrario delle proprie ragioni secondo la Corte?
La differenza fondamentale risiede nell’elemento psicologico. Nell’estorsione, l’agente è consapevole di pretendere un profitto ingiusto. Nell’esercizio arbitrario delle proprie ragioni (art. 393 c.p.), l’agente agisce per far valere quello che ritiene, soggettivamente, un proprio diritto, pur utilizzando modalità illecite.
In quali casi è ammissibile un ricorso in Cassazione contro una sentenza emessa a seguito di accordo in appello (art. 599-bis c.p.p.)?
Il ricorso è ammissibile solo se si deducono motivi relativi a vizi nella formazione della volontà delle parti, al consenso del pubblico ministero, o alla difformità tra quanto concordato e la pronuncia finale del giudice.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 32796 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 32796 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/07/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a TRADATE il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a REGGIO CALABRIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/12/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letti i ricorsi di NOME COGNOME e NOME COGNOME;
ritenuto che il primo motivo di ricorso proposto nell’interesse di COGNOME, con cui si contesta la mancanza di motivazione in relazione alla richiesta riqualificazione del reato di cui al capo 1), lettera b) della rubrica in tentata estorsione, risu reiterativo di profili di censura già prospettati in appello e già adeguatamente esaminati e disattesi dalla Corte territoriale, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto privi di un effettivo confronto con la complessità delle corrette argomentazioni logiche e giuridiche poste a base della decisione del provvedimento impugnato;
che in particolare la Corte di appello, con le diffuse argomentazioni svolte alle pagine 12 e 13 dell’impugnata sentenza, ha evidenziato che le risultanze istruttorie avessero dimostrato l’avvenuto pagamento della somma indebitamente pretesa dall’imputata, con conseguente integrazione del reato di estorsione nella forma consumata;
considerato che anche il secondo motivo di ricorso di COGNOME con cui si contesta la mancata derubricazione del reato di cui al capo 1), lettera b) dell’imputazione in quello di cui all’art. 393 cod. pen., sia manifestamente infondato, posto che i giudici di appello hanno fatto esatta applicazione dei principi consolidati nella giurisprudenza di legittimità richiamati a pagina 13 della sentenza impugnata, che pone il discrinnine, tra le due figure di reato, sull’elemento psicologico, ritenut integrato nel caso di specie, con motivazione esente da manifesta illogicità;
ritenuto che il ricorso di COGNOME è inammissibile perché, a fronte di una sentenza emessa ex art. 599-bis cod. proc. pen., il ricorso è ammissibile solo quando deduca motivi relativi alla formazione della volontà, al consenso del pubblico ministero, ed alla difformità della pronuncia del giudice (Sez. 1, n. 944 del 23/10/2019, dep. 2020, M., Rv. 278170; Sez. 2, n. 22002 del 10/04/2019, COGNOME, Rv. 276102; Sez. 2, n. 30990 del 01/06/2018, Gueli, Rv. 272969);
rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il giorno 15 luglio 2025.