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Ricorso inammissibile estorsione: la decisione

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile per estorsione. L’ordinanza conferma la condanna della Corte d’Appello, respingendo le tesi difensive sulla riqualificazione del reato e sull’ammissibilità del ricorso dopo un accordo in appello (art. 599-bis c.p.p.).

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile per Estorsione: La Cassazione Fa Chiarezza

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato il tema del ricorso inammissibile per estorsione, delineando i confini tra motivi di ricorso specifici e censure meramente apparenti. Questa decisione offre importanti spunti di riflessione sulla corretta qualificazione del reato di estorsione rispetto all’esercizio arbitrario delle proprie ragioni e sui limiti all’impugnazione delle sentenze emesse a seguito di un accordo in appello.

Il Contesto del Ricorso e la Decisione della Corte d’Appello

La vicenda trae origine dai ricorsi presentati da due imputati avverso una sentenza della Corte d’Appello di Milano. La prima ricorrente era stata condannata per estorsione consumata, mentre la sua difesa insisteva per una riqualificazione del fatto in tentata estorsione o, in subordine, nel reato meno grave di esercizio arbitrario delle proprie ragioni (art. 393 c.p.). Il secondo ricorrente, invece, aveva concordato la pena in appello secondo la procedura prevista dall’art. 599-bis del codice di procedura penale.

Entrambi hanno presentato ricorso per Cassazione, ma la Suprema Corte li ha dichiarati entrambi inammissibili, condannando i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

L’Analisi del Ricorso Inammissibile per Estorsione

La Corte ha esaminato separatamente le posizioni dei due ricorrenti, giungendo per entrambi alla medesima conclusione di inammissibilità, sebbene per ragioni differenti.

La Posizione della Prima Ricorrente: Motivazioni Reiterative

Il ricorso della prima imputata è stato giudicato inammissibile perché i motivi addotti erano una semplice riproposizione di censure già presentate e respinte dalla Corte d’Appello. La Cassazione ha sottolineato che un ricorso è ‘apparente’ e non specifico quando non si confronta criticamente con le argomentazioni della sentenza impugnata.

Nel caso di specie, la Corte territoriale aveva ampiamente motivato, nelle pagine 12 e 13 della sua sentenza, le ragioni per cui il reato doveva considerarsi estorsione consumata (essendo stata versata la somma pretesa) e non un semplice tentativo. Allo stesso modo, era stata esclusa la derubricazione nel reato di cui all’art. 393 c.p., in quanto l’elemento psicologico del reato di estorsione era stato correttamente ravvisato e motivato senza illogicità manifeste.

La Posizione del Secondo Ricorrente: I Limiti dell’Art. 599-bis c.p.p.

Per il secondo imputato, il ricorso inammissibile per estorsione derivava dalla natura della sentenza impugnata. Essendo stata emessa a seguito di un ‘concordato in appello’ (art. 599-bis c.p.p.), le possibilità di ricorrere in Cassazione sono estremamente limitate. La giurisprudenza costante, richiamata dalla Corte, stabilisce che in questi casi il ricorso è ammissibile solo se contesta vizi relativi alla formazione della volontà delle parti, al consenso del pubblico ministero o alla difformità tra l’accordo e la pronuncia del giudice. Il ricorso in esame non sollevava nessuna di queste specifiche questioni, risultando pertanto inammissibile.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha ribadito principi consolidati. In primo luogo, un ricorso per Cassazione non può limitarsi a ripetere le stesse argomentazioni già respinte nel grado precedente, ma deve contenere una critica puntuale e specifica della decisione impugnata. La mancanza di un tale confronto rende il ricorso solo apparente e, di conseguenza, inammissibile. In secondo luogo, la distinzione tra estorsione ed esercizio arbitrario delle proprie ragioni risiede nell’elemento psicologico: nell’estorsione, l’agente è consapevole di pretendere qualcosa di non dovuto; nell’esercizio arbitrario, pur agendo illegittimamente, l’agente è convinto di far valere un proprio diritto. Nel caso di specie, i giudici di merito avevano accertato la presenza del dolo specifico dell’estorsione. Infine, è stato confermato il rigoroso perimetro di ammissibilità dei ricorsi contro le sentenze ‘concordate’ in appello.

Conclusioni

Questa ordinanza riafferma l’importanza della specificità dei motivi di ricorso per Cassazione, che non possono essere una mera riedizione delle doglianze già esaminate. Evidenzia inoltre come l’adesione a procedure quali il concordato in appello limiti fortemente le successive vie di impugnazione. La decisione serve da monito per le difese, che devono formulare censure mirate e pertinenti, evitando argomentazioni generiche o ripetitive che conducono inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità. La corretta qualificazione del reato, basata su un’attenta analisi dell’elemento psicologico, rimane un punto cardine del giudizio di merito, difficilmente scalfibile in sede di legittimità se adeguatamente motivato.

Quando un motivo di ricorso in Cassazione è considerato meramente reiterativo e quindi inammissibile?
Un motivo di ricorso è considerato reiterativo e inammissibile quando si limita a riproporre le stesse censure già prospettate e respinte nel precedente grado di giudizio, senza un effettivo confronto critico con le argomentazioni logiche e giuridiche della sentenza impugnata.

Qual è la differenza tra estorsione ed esercizio arbitrario delle proprie ragioni secondo la Corte?
La differenza fondamentale risiede nell’elemento psicologico. Nell’estorsione, l’agente è consapevole di pretendere un profitto ingiusto. Nell’esercizio arbitrario delle proprie ragioni (art. 393 c.p.), l’agente agisce per far valere quello che ritiene, soggettivamente, un proprio diritto, pur utilizzando modalità illecite.

In quali casi è ammissibile un ricorso in Cassazione contro una sentenza emessa a seguito di accordo in appello (art. 599-bis c.p.p.)?
Il ricorso è ammissibile solo se si deducono motivi relativi a vizi nella formazione della volontà delle parti, al consenso del pubblico ministero, o alla difformità tra quanto concordato e la pronuncia finale del giudice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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