Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 25376 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 25376 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME (CUI CODICE_FISCALE), nato a ISOLA DI CAPO COGNOME il 07/01/1962
avverso l’ordinanza del 30/12/2024 del TRIBUNALE del RIESAME CATANZARO
visti gli atti, letto il provvedimento impugnato, il ricorso dell’Avv. NOME COGNOME e la memoria dell’Avv. NOME COGNOME
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni di cui alla requisitoria del Pubblico ministero nella persona della Sostituta P.G. NOME
Ricorso trattato in camera di consiglio con rito cartolare.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOMECOGNOME a mezzo del difensore di fiducia, ricorre per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di Catanzaro del 30/12/2024, con la quale, in riforma dell’ordinanza emessa dal Gip del Tribunale di Crotone, è stata sostituita al ricorrente la misura della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari, in ordine a diverse ipotesi di tentata estorsione ai danni di COGNOME NOME, di cui una anche contestata in concorso con COGNOME Giuseppe.
La difesa affida il ricorso a due motivi.
2.1. Con il primo motivo denuncia la mancanza di motivazione e/o motivazione manifestamente illogica in relazione alla qualificazione giuridica del fatto. Al riguardo, si evidenzia come tutt’al più il fine ultimo del COGNOME NOME fosse da individuare non nella imposizione di una corresponsione di somme di denaro, né nella volontà di estromettere il COGNOME, bensì nel tentativo, seppur con toni accesi, di recuperare dei beni materiali (fantasmini) o comunque il corrispondente prezzo. E tanto alla luce della documentazione difensiva successivamente prodotta rispetto all’ordinanza genetica di cui si lamenta il Tribunale abbia disatteso il rilievo, finendo per riprodurre il medesimo ragionamento del Gip, omettendo di precisare le ragioni per cui poteva essere convalidato nonostante il novum allegato.
2.2. Con il secondo motivo si lamenta il vizio di motivazione in relazione alla sussistenza dell’esigenza cautelare di cui all’art. 274, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., con particolare riguardo all’attualità del pericolo.
La P.G. presso questa Corte, con requisitoria del 15/05/2025, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Con memoria del 6 giugno 2025, la difesa ha replicato alle conclusioni del P.G., insistendo per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Secondo la ricostruzione in fatto che si ricava dall’ordinanza impugnata, COGNOME NOME, amministratore unico della RAGIONE_SOCIALE, è stato vittima di reiterate minacce estorsive provenienti da diversi appartenenti della famiglia COGNOME (NOME, NOME e NOME) che si sono susseguite in un periodo compreso tra aprile e ottobre 2024, volte a costringere la p.o. a non organizzare più eventi presso il Villagio “INDIRIZZO” di Isola Capo Rizzuto, così da consentire alla famiglia COGNOME di operare, come fatto in passato, in via esclusiva presso la
struttura con altre società ad essi riconducibili.
Peraltro, con riguardo alla posizione di COGNOME Antonio, si è anche precisato che la minaccia estorsiva fu inizialmente destinata a costringere la p.o. a versare il 20% dell’incasso degli eventi che organizzava all’interno della suddetta struttura.
Le estorsioni sono state tutte contestate nella forma tentata agli appartenenti alla famiglia COGNOME in relazione ai diversi segmenti temporali che li hanno visti coinvolti: COGNOME NOME risponde in concorso con COGNOME NOME in relazione all’episodio del 4 ottobre 2014; NOME risponde singolarmente per un episodio verificatosi tra aprile e maggio 2024; COGNOME NOME risponde singolarmente per diversi episodi accaduti il 25 maggio 2024, il 17 luglio 2024 e, in concorso con NOME, il 4 ottobre 2024.
3. Benché si sia al cospetto di differenti contestazioni, tanto il Gip che il Tribunale del riesame hanno ricondotto le minacce di cui è stato reiteratamente destinatario il COGNOME all’unitario interesse della famiglia COGNOME a rientrare in possesso dell’esclusiva relativa all’organizzazione di eventi nel Villagio Baia INDIRIZZO, seppur al COGNOME NOME è contestato anche il tentativo – avente carattere alternativo ma sempre volto a costringere la p.o. ad una corresponsione non dovuta – di ottenere una percentuale sugli incassi dell’attività commerciale ivi svolta.
Il fatto che ciascuno dei COGNOME sia chiamato a rispondere di differenti imputazioni estorsive (salvo Giuseppe che, come osservato risponde in concorso con l’odierno ricorrente in relazione all’ultimo episodio), in assenza di una contestazione concorsuale, non stride in termini di logicità con la lettura unitaria della vicenda che è stata operata dai giudici della cautela, in quanto avere ravvisato unicità nel movente non significa necessariamente farne derivare una responsabilità concorsuale per tutti i fatti che a quel fine sono diretti se, rispetto a ciascuno di essi, non si ravvisi un antecedente causale, anche di tipo agevolatrice, che sia eziologicamente riferibile ai diversi indagati. Del resto, allorché l’opera di uno dei COGNOME è risultata dare materialmente “man forte” a quella dell’altro (si tratta dell’episodio del 4 ottobre 2024), il pubblico ministero ha correttamente contestato l’ipotesi concorsuale.
In tale disegno si colloca, a leggere i provvedimenti di merito, ben suffragati nell’indicazione di plurimi e convergenti elementi probatori a sostegno del dichiarato della persona offesa, la condotta del ricorrente, il quale risulta avere perseguito tale finalità su due versanti: dapprima mediante la pretesa di un aggio sui risultati dell’attività commerciale svolta dalla p.o. e, dall’altro, mediante l’allontanamento del Maiolo al fine di recuperare lo spazio in precedenza riservato dalle società di riferimento della famiglia COGNOME
A fronte della specifica confutazione delle deduzioni difensive in merito alla
spiegazione alternativa sottesa alle condotte contestate (cfr. in part. p. 10 ss.), il tema indotto dalla difesa – e su cui si incentra la denunciata erronea qualificazione giuridica dei fatti – finisce per sostanziarsi in un tentativo di rilettura in fatto, non consentito in sede di legittimità alla luce delle precisazioni sopra riportate, non avendo peraltro il ricorso individuato specifici profili dirimenti prospettati dalla difesa e non valutati dal Tribunale. Con profili anche di genericità del motivo, in quanto le plurimi fonti di prova, anche documentali, indicate a conferma del narrato della persona offesa, risultano direttamente continenti col tema di accusa, ossia questioni relative all’esercizio di eventi in quel di Baia degli Dei da parte della società del Maiolo e non a profili secondari non incidenti sull’effettiva causale della pretesa estorsiva contestata al ricorrente.
2. Il secondo motivo è manifestamente infondato.
Nessun vizio di legittimità è dato scorgere nell’ordinanza impugnata a proposito delle esigenze cautelari. Il Tribunale risulta avere effettuato corretta applicazione delle puntualizzazioni espresse in tema di rilevanza delle modalità del fatto ai fini dell’apprezzamento della concretezza e attualità del pericolo, oltre che in tema di proporzionalità della misura cautelare disposta (cfr. in part. p. 16 e 17, ove, in parziale accoglimento della richiesta di riesame, vengono concessi gli arresti domiciliari).
Peraltro, va anche precisato che la censura difensiva è anche generica, in quanto riguarda esclusivamente l’esigenza cautelare del pericolo di reiterazione, ma non investe quella ulteriore del pericolo di inquinamento probatorio su cui pure è stata emessa l’ordinanza genetica (v. p. 43), per confermata anche sotto tale profilo dall’ordinanza impugnata (v. p. 16), tema con il quale il ricorrente non si confronta. Con la conseguenza che debbono ritenersi rinunciati i motivi volti a far valere eccezioni in ordine ai presupposti attinenti alla sussistenza o meno delle condizioni che hanno escluso il contraddittorio anticipato, di cui, peraltro, l’ordinanza impugnata dà piena contezza richiamando gli elementi da cui tale pericolo è stata ricavato (v. p. 16).
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso, 1 1 11 giugno 2025.