Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 12976 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 12976 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA a POZZUOLI
avverso la sentenza in data 04/04/202:3 della CORTE DE APPELLO DI NA-
NOME;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentita la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona della Sostituta Procuratrice generale NOME, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
sentito l’AVV_NOTAIO che, per delega dell’AVV_NOTAIO, si è riportato ai motivi di ricorso e ne ha chiesto l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOMENOME per il tramite del proprio procuratore speciale, impugna la sentenza in data 04/04/2023 della Corte di appello di Napoli che, in riforma della sentenza in data 18/04/2017 del Tribunale di Napoli, ha dichiarato estinti per prescrizione i reati contestati ai capi 9), 11) e 13) dell’imputazione, ha ritenut assorbito il reato contestato al capo 14) dell’imputazione nei reati contestati ai capi 10) e 12), ha ritenuto i fatti commessi fino al 31/05/2006, ha escluso la continuazione interna al capo 15) e ha rideterminato la pena complessivamente inflitta per i reati di estorsione aggravata (contestato al capo 15), usura aggravata (contestata ai capi 10 e 12).
Deduce:
Violazione di legge, inosservanza di norma processuale e vizio di motivazione, per la mancata applicazione dell’art. 210 cod. proc. pen. in relazione NOME NOME di COGNOME NOME e in relazione all’art. 192 per la conferma della sentenza di primo grado sulla base delle NOME contraddittorie della persona offesa e senza dare adeguata risposta NOME deduzioni esposte con i motivi di gravame.
Il ricorrente illustra le molteplici circostanze evidenziate con l’atto di appell e dNOME quali doveva evincersi l’inattendibilità del dichiarante COGNOME NOME.
Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 192 cod. proc. pen. per la condivisione da parte della Corte di appello delle argomentazioni del primo giudice in relazione al capo 15), con denuncia di motivazione omessa e apparente, travisamento per omessa valutazione di elementi di prova decisivi.
Il ricorrente specifica che lo schiaffeggiamento di COGNOME era collegato all’inutilità dell’incontro e NOME pretestuosità delle richieste dei germani COGNOME e no al fine di ottenere il pagamento del debito che COGNOME riteneva di avere maturato a quella data.
Precisa che, in relazione NOME seconda condotta relativa al febbraio 2006, la richiesta di restituzione del denaro era riferita NOME nuova partita di debito, collegat NOME cessione del capannone.
Vengono, quindi, illustrate e compendiate le emergenze istruttorie al fine di evidenziare l’insussistenza dei requisiti richiesti per la configurazione dell’estorsione, con particolare riguardo all’ingiusto profitto.
Proprio a tale riguardo sostiene che il fatto sarebbe più correttamente qualificabile quale esercizio arbitrario delle proprie ragioni o, in subordine, quale estorsione tentata e non come estorsione consumata, visto che il conseguimento dell’ingiusto profitto è stato solo parziale, per come riconosciuto dal giudice di primo grado.
Violazione di legge e vizio di mancanza della motivazione in relazione NOME prescrizione, con riferimento ai capi 10) e 12).
Il ricorrente premette che la Corte di appello, ritenendo l’assorbimento del capo 14 ai capi 10 e 12 ha ritenuto che le condotte descritte al capo 14 non fossero autonome, ma collegate ai capi a cui li ha ritenuti assorbiti, così prolungando il tempo di commissione dei reati al 31/05/2006, ossia NOME data indicata nel capo 14, in cui viene collocata la data di pattuizione degli interessi.
Il ricorrente osserva che, «però il facere del debitore è retrodatabile ad una data precedente, anteriore al dicembre 2005 e, dunque, nell’alveo della previsione già enunciata , dello spiramento dell’ultimo termine di prescrizione. Medesimo argomento vale per i capi sub 10 e 12, le cui dazioni vengono individuate con precisione nei rispettivi capi di imputazione e sono
precedenti al 2005».
Vizio di mancanza di motivazione in relazione all’art. 62 -bis cod. pen. e con riferimento NOME determinazione della pena.
Secondo il ricorrente le circostanze attenuanti generiche e la misura della pena sono supportate da motivazione inadeguata e non rispondente ai principi di diritto fissati dNOME Corte di cassazione in relazione a tali temi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
In via preliminare, va dato atto della richiesta di rinvio avanzata dal difensore di COGNOME (AVV_NOTAIO) e pervenuta in Cancelleria, a mezzo PEC, il giorno prima dell’udienza, ossia il 30/01/2024, NOME ore 13,41.
L’istanza di rinvio veniva giustificata con il contestuale impegno professionale presso la terza e presso la sesta sezione penale della Corte di appello di Napoli e presso il G.i.p. del Tribunale di Napoli. A corredo dell’istanza sono stati prodotti: a un’attestazione della Cancelleria della Corte di appello di Napoli, con la quale viene certificato che il 31/01/2024 è fissata udienza per la trattazione del procedimento n. 9801/2024 presso la terza sezione penale; b) la copia del verbale dell’udienza del 29/01/2024, tenutasi davanti NOME sesta sezione penale della Corte di appello di Napoli, nel quale viene annotato un rinvio al 31/01/2024; c) la copia di un avviso di procedimento in camera di consiglio, datato 20/11/2023, che fissava l’udienza del 31/01/2024 per la deliberazione davanti al G.i.p..
Ciò premesso in punto di fatto, va ricordato che l’istanza di rinvio per legittimo impedimento deve essere caratterizzata dNOME tempestività, con la precisazione che «l’obbligo di comunicare prontamente, ex art. 420 ter, comma quinto, cod. proc. pen., il legittimo impedimento a comparire, per concorrente impegno professionale, si intende puntualmente adempiuto dal difensore quando questi, non appena ricevuta la notificazione della fissazione dell’udienza nella quale intenda far valere il legittimo impedimento, verifichi la sussistenza di un precedente impegno professionale davanti a diversa autorità giudiziaria cui deve accordare prevalenza. Ne consegue che la tempestività della comunicazione predetta va determinata con riferimento al momento in cui il difensore ha conoscenza dell’impedimento», (Sez. 5, Sentenza n. 27174 del 22/04/2014, COGNOME, Rv. 260579 – 01; nello stesso senso, Sez. 2 -, Sentenza n. 47159 del 22/1C/2019, COGNOME, Rv. 277802 – 01).
Tale obbligo di tempestiva comunicazione non risulta adempiuto con riguardo all’impegno davanti NOME terza sezione penale della Corte di appello e davanti al G.i.p., atteso che il difensore, pur avendo certamente pregressa conoscenza di tali impegni (l’avviso di fissazione davanti il G.i.p. è datato 20.11.2023, mentre nulla viene detto con riguardo all’impegno davanti NOME terza sezione penale) ha avanzato l’istanza di rinvio soltanto nel pomeriggio del giorno antecedente all’udienza fissata
davanti NOME Corte di cassazione.
Anche con riguardo all’impegno presso la sesta sezione penale va rilevata l’intempestività dell’istanza. Per come emerge dal verbale di udienza prodotto a corredo dell’istanza, infatti, la sesta sezione penale della Corte di appello, soltanto in data 29/01/2024 (quando al difensore era c;pià noto il suo impegno davanti NOME Corte di cassazione) rinviava il procedimento all’udienza del 31/01/2024.
Tanto fa emergere che al momento in cui la Corte di appello rinviava all’udienza del 31/01/2024 il difensore era già a conoscenza del suo impegno presso la Corte di cassazione, dal che gli correva l’obbligo di comunicare il contestuale impegno dinanzi all’Autorità procedente, ossia davanti NOME Corte di appello, in ciò tenuto in ragione del dovere di leale collaborazione che informa l’esercizio dell’attività del difensore e per l’obbligo di sollecita segnalazione che incombe sul difensore, di comunicare all’autorità procedente (ossia NOME Corte di appello, il 29 gennaio 2024) del suo contestuale impegno, appena questo gli è noto.
A ciò si aggiunga, con riguardo all’impegno dinanzi al GJ.p. del Tribunale di Napoli, che NOME NOME è assistito da due difensori, ossia dall’AVV_NOTAIO (odierno richiedente il rinvio) e dall’AVV_NOTAIO, così che la richiesta di rinvio risulta priva di giustificazione.
Infatti, va ricordato che «l’impegno professionale del difensore in altro procedimento costituisce legittimo impedimento che dà luogo ad assoluta impossibilità a comparire, ai sensi dell’art. 420 ter, comma quinto, cod. proc. pen., a condizione che il difensore: a) prospetti l’impedimento non appena conosciuta la contemporaneità dei diversi impegni; b) indichi specificamente le ragioni che rendono essenziale l’espletamento della sua funzione nel diverso processo; c) rappresenti l’assenza in detto procedimento di altro codifensore che possa validamente difendere l’imputato; d) rappresenti l’impossibilità di avvalersi di un sostituto ai sensi dell’art. 102 cod. proc. pen. sia nel processo a cui intende partecipare sia in quello di cui chiede il rinvio», (Sez. 6, Sentenza n. 20130 del 04/03/2015, COGNOME, Rv. 263395 – 01; nello stesso senso, Sez. 3, Sentenza n. 23764 del 22/11/2016, M., Rv. 270330 – 01).
A mente di tale principio di diritto, va altresì rilevato che l’AVV_NOTAIO ha inoltrato l’istanza di rinvio evidenziando una generica “difficoltà” a nominare un sostituto processuale davanti NOME Corte di cassazione, là dove il rinvio deve essere corredato dNOME (specifiche e non generiche) ragioni per cui è impossibile (e non difficile) nominare un sostituto processuale davanti al giudice cui viene inoltrata l’istanza di rinvio.
Tali plurime ragioni hanno condotto al rigetto dell’istanza di rinvio in esame. 2. Ciò premesso, il ricorso è inammissibile.
2.1. I primi due motivi di ricorso sono la mera reiterazione delle identiche
questioni sollevate con l’atto di appello ed esclusivamente riferibili NOME valutazione delle emergenze istruttorie.
La Corte di appello ha affrontato puntualmente il tema dell’attendibilità delle NOME di COGNOME NOME e di COGNOME NOME (da pag. 7 della sentenza impugnata), affrontando i temi dell’interesse economico che avrebbe mosso i due nelle accuse rivolte a COGNOME NOME e ha ritenuto le relative argomentazioni difensive generiche e prive di riscontro . Ha altresì rimarcato come proprio la contestata mancanza di documentazione dimostrava l’assenza di macchinazioni a carico di COGNOME . La Corte di appello ha altresì arricchito la motivazione della sentenza di primo grado, enucleando una serie di riscontri NOME NOME accusatorie, quali le circostanze riferite da COGNOME NOME , le NOME rese da COGNOME NOME e COGNOME NOME , le NOME rese da COGNOME NOME [paragrafo 2.2.3.31.
La Corte di appello ha altresì affrontato punto per punto tutte le obiezioni difensive circa l’inattendibilità di COGNOME NOMENOME NOME NOME NOME rese d COGNOME NOME NOME NOME denuncia sporta da COGNOME NOME NOME NOME NOME rese da COGNOME NOME NOME posizione processuale di COGNOME NOMENOME rimarcando come tra la sottrazione dei blocchetti di assegr i dall’abitazione di COGNOME NOME e l’eventuale duplicazione di cambiali emesse da COGNOME NOMENOME NOME un lato, e l’erogazione di prestiti a tasso usurario da parte di COGNOME, dall’altro, n vie era alcuna relazione riconducibile NOME connessione o al collegamento probatorio rilevanti ai sensi dell’art. 210 cod. proc. pen..
A tale ultimo riguardo, va rilevato come la difesa sostenga il contrario convincimento facendo riferimento a considerazioni di natura squisitamente soggettive (genericamente riferite allo stato di bisogno che accomuna tutti i reati), così non evidenziando la sussistenza dei presupposti richiesti dall’art. 210 cod. proc. pen. per come più volte spiegato da questa Corte, là dove ha osservato che «il collegamento occasionale che determina l’incompatibilità a testimoniare prevista dagli artt. 197, comma 1, lett. b), e 371, comma 2, lett. b), cod. proc. pen., sussiste a condizione che ricorra un legame spazio-temporale tra i reati e l’identità soggettiva degli autori degli stessi, essendo altresì necessario che tra più reati commessi nel medesimo contesto l’uno abbia favorito, consentito, propiziato o motivato l’altro», (Sez. 6, Sentenza n. 58089 del 16/11/2017, Wu, Rv. 271955 01.
Ancora, la Corte di appello ha affrontato gli ulteriori temi sollevati dNOME difes a) in relazione NOME credibilità di COGNOME, con riferimento NOME vicende del conto corrente n. 65411/45 intestato a NOME (madre di COGNOME) ;b) in relazione al capo 11), enucleati e delibati ai paragrafi 2.5., 2.5.1., 2.5.2., 2.5 2.5.4.); c) in relazione NOME NOME rese da COGNOME NOME; d) in relazione
all’esame reso dall’imputato in sede di istruttoria dibattimentale ; e) i relazione NOME vicenda della cessione dell’appartamento ove risiedeva la madre di COGNOME NOME ; relativamente al capo 15) e NOME vicenda dello schiaffeggiamento .
Con riguardo a tale ultima vicenda deve fin da subito rimarcarsi come la riqualificazione giuridica ai sensi dell’art. 393 cod. pen. oppure quale tentativo di estorsione si basa su una ricostruzione del fatto del tutto personale e soggettiva del ricorrente, che oblitera l’evidente ingiustizia di profitto costituito dagli inter usurari e non considera che la violenza perpetrata con lo schiaffeggiamento e la minaccia profferita con l’ostentazione della pistola erano entrambe dirette a conseguire quel profitto, di fatto -poi- conseguito.
2.2. Gli identici temi vengono oggi riversati con il ricorso, con l’aggiunta di generiche censure di illogicità e contraddittorietà che, invero, sottendono una mera reiterazione della valutazione dei fatti così come esposta davanti NOME Corte di merito e da questa puntualmente disattesi.
Allora, va ricordato che “È inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella ripetizione di quelli già dedotti in appell motivatamente esaminati e disattesi dNOME corte di merito, dovendosi i motivi stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in NOME non assolvono la funzione tipica di critica puntuale avverso la sentenza oggetto di ricorso”, (Sez. 5, Sentenza n. 11933 del 27/01/2005, Rv. 231708; più di recente, non massimate: Sez. 2, Sentenza n. 25517 del 06/03/2019, COGNOME; Sez. 6, Sentenza n. 19930 del 22/02/2019, COGNOME). In altri termini, è del tutto evidente che a fronte di una sentenza di appello che ha fornito una risposta ai motivi di gravame, la pedissequa riproduzione di essi come motivi di ricorso per cassazione non può essere considerata come critica argomentata rispetto a NOME affermato dNOME Corte d’appello: in questa ipotesi, pertanto, i motivi sono necessariamente privi dei requisiti di cui all’art. 581 c.p.p., comma 1, lett. c), che impone la esposizione delle ragioni di fatto e di diritto a sostegno di ogni richiesta.
2.3. In conseguenza di NOME rilevato, le doglianze articolate nel ricorso non sono volte a evidenziare violazioni di legge o mancanze argomentative e manifeste illogicità della sentenza impugnata, ma mirano a sollecitare un improponibile sindacato sulle scelte valutative della Corte di appello e reiterano in gran parte le censure già sollevate dinanzi a quel Giudice, che le ha ritenute infondate sulla base di una lineare e adeguata motivazione, strettamente ancorata a una completa e approfondita disamina delle risultanze processuali, nel rispetto dei principi di diritto vigenti in materia.
Allora, vale ricordare che «in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dNOME sua mancanza,
dNOME sua manifesta illogicità, dNOME sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo, sicché sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire NOME diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatori del singolo elemento», (Sez. 2 – , Sentenza n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747 – 01).
Analoghe considerazioni valgono per il terzo motivo di ricorso, con il quale si sostiene che la Corte di appello avrebbe erroneamente considerato la data di decorrenza della prescrizione.
A tale proposito va premesso che i giudici dell’appello hanno ritenuto che le condotte descritte al capo 14 altro non fossero che ulteriori comportamenti, pattuizioni e dazioni in esecuzione degli accordi usurari di cui ai capi 10 e 12.
Va rilevato come su tale assorbimento e sulle ragioni per cui la Corte di appello ha considerato l’unicità del fatto non vi sia stata alcuna impugnazione da parte della difesa, così che tale statuizione deve ritenersi oramai cristallizzata dal passaggio in giudicato della sentenza sul punto.
Rimane accertato, dunque, che le condotte di cui al capo 14 sono mere prosecuzioni dei reati contestati ai capi 10 e 12.
Tale preliminare notazione evidenzia come siano manifestamente infondate le censure esposte dNOME difesa, in NOME esse si fondano sulla considerazione del capo 14 come condotta autonoma e separata dai capi 10 e 12, là dove, invece, in ragione dell’assorbimento non impugnato, devono essere considerati unitariamente.
Tanto risalta -altresì- la correttezza delle conclusioni raggiunte dNOME Corte di appello, che ha fatto decorrere il tempo utile NOME prescrizione dal 31/05/2006, legittimamente applicando il seguente principio di diritto: «Il delitto di usura s configura come reato a condotta frazionata o a consumazione prolungata, sicché i pagamenti o i comportamenti compiuti in esecuzione del patto usurario, non costituiscono un “post factum” non punibile ma segnano il momento consumativo del reato da cui computare il termine di prescrizione», (Sez. 2 – , Sentenza n. 35878 del 23/09/2020, COGNOME, Rv. 280313 – 01).
Da ciò la manifesta infondatezza del motivo.
4. A eguale conclusione di inammissibilità si perviene anche per il quarto motivo di ricorso, anch’esso volto a offrire una valutazione delle emergenze processuali alternativa e antagonista a quella dei giudici di merito in punto di riconoscimento di circostanze attenuanti generiche e di determinazione della pena.
Censure inammissibili in sede di legittimità, a fronte di una motivazione adeguata, completa, puntuale, logica e non contraddittoria, che ha negato le prime e determinato la seconda rimarcando l’assenza di elementi positivamente valutabili e risaltando la gravità delle condotte, la loro reiterazione, l’entità dei prestiti rilevati esborsi cui è stata costretta la persona offesa. La Corte di appello ha altresì spiegato (NOME pagina 26) le ragioni per cui non potesse essere valorizzato l’esito del giudizio civile intrapreso da COGNOME NOMENOME in NOME -tra l’altro- riferito a sogget diverso da COGNOME NOMENOME
Quanto esposto comporta la declaratoria di inammissibilità del ricorso ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.IM.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in data 31/01/2024
Il Consigliere est.
GLYPH La Presidente