Ricorso Inammissibile in Cassazione: Quando la Critica è Generica
Il giudizio di Cassazione rappresenta l’ultimo grado di giudizio, ma non tutte le impugnazioni vengono esaminate nel merito. Un’ordinanza recente della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di ricorso inammissibile, evidenziando l’importanza di formulare censure specifiche e non meramente ripetitive rispetto ai gradi precedenti. Il caso in esame riguarda un’accusa di estorsione e la conseguente richiesta di prescrizione, rigettata perché basata su argomentazioni già valutate e respinte.
Il Caso: Dall’Appello al Ricorso per Cassazione
La vicenda processuale nasce da una sentenza di condanna della Corte d’Appello per diversi reati, tra cui quello di estorsione. L’imputato, non accettando la decisione, ha presentato ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico, complesso motivo.
La Condanna per Estorsione
La Corte d’Appello aveva ritenuto provata la responsabilità penale dell’imputato per il reato di estorsione, previsto dall’art. 629 del codice penale. Secondo i giudici di merito, le condotte poste in essere integravano pienamente questa fattispecie criminosa, che si configura quando un soggetto, tramite violenza o minaccia, costringe un altro a compiere un atto di disposizione patrimoniale per ottenere un ingiusto profitto.
Le Doglianze del Ricorrente
Nel suo ricorso, l’imputato ha contestato la decisione sotto due profili principali:
1. Errata qualificazione giuridica: Sosteneva che i fatti non configurassero il più grave reato di estorsione, ma quello di violenza privata (art. 610 c.p.).
2. Prescrizione: Come conseguenza della richiesta riqualificazione in un reato meno grave, l’imputato affermava che il termine di prescrizione per tutti i reati contestati sarebbe ormai decorso.
La Decisione della Suprema Corte sul Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione, con la sua ordinanza, ha tagliato corto, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione non è entrata nel merito delle questioni sollevate, ma si è fermata a un livello procedurale, rilevando vizi che impedivano l’analisi della fondatezza delle censure.
La Ripetizione di Censure Già Valutate
Il motivo principale dell’inammissibilità risiede nel carattere “riproduttivo” del ricorso. I giudici hanno osservato che le argomentazioni presentate non costituivano una critica specifica e puntuale alla motivazione della sentenza d’appello, ma si limitavano a riproporre le stesse questioni già ampiamente esaminate e respinte dai giudici di secondo grado. La sentenza impugnata, infatti, aveva dedicato diverse pagine (dalla 18 alla 20 e dalla 24 alla 25) a spiegare dettagliatamente perché le condotte integrassero il reato di estorsione e non altri.
La Manifesta Infondatezza sulla Prescrizione
Di conseguenza, anche la questione della prescrizione è stata giudicata “manifestamente infondata”. Poiché la richiesta di prescrizione si basava sulla premessa (errata secondo la Corte) della riqualificazione del reato, il suo rigetto è stato una diretta conseguenza della conferma della qualificazione come estorsione. La Corte ha sottolineato che la tesi del ricorrente era in “palese contrasto con il dato normativo e con la consolidata giurisprudenza di legittimità”.
Le Motivazioni della Cassazione sul Ricorso Inammissibile
La motivazione della Corte si fonda su un principio cardine del processo penale: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel quale si possono riproporre le medesime argomentazioni di fatto già valutate. Il suo scopo è controllare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Un ricorso è ammissibile solo se si confronta criticamente con le ragioni esposte nella decisione che contesta, evidenziandone vizi specifici. Nel caso di specie, il ricorrente non ha attaccato la logica argomentativa della Corte d’Appello, ma ha semplicemente ripresentato la propria versione, già motivatamente respinta. Questa reiterazione, priva di una reale critica alla sentenza, rende l’impugnazione inammissibile.
Conclusioni: L’Importanza della Specificità nel Ricorso
Questa ordinanza ribadisce una lezione fondamentale per la pratica legale: la redazione di un ricorso per Cassazione richiede una tecnica precisa e puntuale. Non è sufficiente essere in disaccordo con la decisione di merito; è necessario individuare e argomentare in modo specifico i vizi di legittimità o di motivazione della sentenza impugnata. Un ricorso inammissibile non solo porta al rigetto delle istanze del cliente, ma comporta anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come avvenuto in questo caso con la condanna al versamento di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già adeguatamente valutate e respinte dalla Corte d’Appello, senza formulare una critica specifica e puntuale contro la motivazione della sentenza impugnata.
Qual era la tesi principale del ricorrente?
Il ricorrente sosteneva che i fatti contestati non costituissero il reato di estorsione (art. 629 c.p.), ma quello di violenza privata (art. 610 c.p.), e che, di conseguenza, tutti i reati sarebbero dovuti essere dichiarati estinti per prescrizione.
Cosa ha stabilito la Corte riguardo alla richiesta di prescrizione?
La Corte ha ritenuto la richiesta di prescrizione manifestamente infondata. Essendo basata su una riqualificazione giuridica dei fatti che la Corte ha ritenuto scorretta e in contrasto con la legge e la giurisprudenza, la richiesta è stata respinta come logica conseguenza della conferma della qualificazione del reato come estorsione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19031 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19031 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/01/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, che contesta il vizio motivazionale e la violazione di legge in relazione agli artt. 629, 610, 157 cod. pen. e 531 cod. proc. pen. in ordine ai capi a) e c) dell’imputazione, non supera la soglia di ammissibilità poiché riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici da parte del giudice di merito e perciò non scandito da specifica critica analisi delle argomentazioni poste alla base della sentenza impugnata (si vedano, in particolare, pagg. 18 – 20 della sentenza impugnata sulla corretta qualificazione dei fatti ai sensi dell’art. 629 cod. pen. quanto al capo a) dell’imputazione; pagg. 24 – 25 quanto al capo c) dell’imputazione);
che l’asserita prescrizione di tutti i reati contestati, previa riqualificazione de fatti nella fattispecie di cui all’art. 610 cod. pen., risulta, comunque manifestamente infondata poiché afferente a prospettazione di enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dato normativo e con la consolidata giurisprudenza di legittimità sul punto, atteso che la Corte territoriale ha dato adeguatamente conto delle ragioni per cui le condotte del ricorrente hanno integrato pienamente l’ipotesi di cui all’art. 629 cod. pen., in coerenza sia con il dettame normativo che con l’esauriente disamina del compendio probatorio;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 19/03/2024
Il Consigliere Estensore