Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 27825 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 27825 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 19/04/2024 del TRIBUNALE di NAPOLI
letto il ricorso del difensore AVV_NOTAIO; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico ministero, nella persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che riportandosi alla requisitoria in atti ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME ricorre, a mezzo del difensore di fiducia, avverso l’ordinanza del Tribunale di Napoli del 19/04/2024 che, nel rigettare l’appello, ha confermato il provvedimento con cui il Gip del tribunale di Napoli ha rigettato l’istanza di revoca o sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere applicata al ricorrente in ordine al delitto di cui agli artt. 110, 81 cpv., 629 cpv. 416-bis.1 cod. pen. – con quella degli arresti domiciliari.
Il ricorso è affidato a tre motivi, con cui la difesa deduce:
2.1. Erronea applicazione degli artt. 273 cod. proc. pen. in punto di gravi indizi di colpevolezza in relazione agli artt. 187 e 192 cod. proc. pen. in tema di corrispondenza tra il capo di imputazione e il contenuto della ordinanza cautelare, ed all’art. 629 cod. pen. in ordine alla sussistenza di un ruolo partecipativo di COGNOME NOME nel traffico di tabacchi esteri, nonché in merito al concorso dello stesso con le azioni degli altri indagati presuntivamente impositivi della fornitura: COGNOME non compariva mai nell’intero periodo di monitoraggio, quello della fornitura di tabacchi, neanche sulla base del racconto di COGNOME; oggetto della imputazione non era la minacciosa richiesta di pagamento della fornitura solo in parte sequestrata (non seguita da altre condotte e comunque rimasta inevasa pur a seguito di un lungo successivo monitoraggio da parte della polizia), ma la presunta imposizione della stessa, non addebitata in motivazione a COGNOME NOME, che non aveva mai avuto in precedenza a che fare col traffico di tabacco degli altri indagati, né era mai intervenuto per imporre forniture, contrattare i prezzi, avanzare richieste di pagamento o altro; in ogni caso, circoscrivendo l’azione addebitatagli, era solo in relazione a tale episodio (correlato alla inevasa richiesta di pagamento, non portata a termine) che avrebbe potuto essergli contestato un concorso limitato a tale azione specifica (post -factum autonomo rispetto alla imputazione), comunque privo di conseguenze ed ultimo atto dei rapporti tra COGNOME e gli indagati; l’apparente fungibilità dei ruoli attribui COGNOME NOME, oltre a rendere poco chiara la dinamica dei comportamenti concreti allo stesso ascritti, risentiva in modo evidente della contraddittorietà dell’unica fonte a suo carico; Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.2. Violazione degli artt. 187 e 192 cod. proc. pen. e vizio di motivazione in ordine: alla chiamata in reità del COGNOME; alla sua attendibilità; alla vest processuale al medesimo attribuita, da ricondursi, visto che COGNOME era uno degli associati per delinquere nel reato di contrabbando ed era stato arrestato ben 24 ore prima del dichiarato, a quella di indagato in reato connesso (per come ritenuto dallo stesso pubblico ministero procedente), e non di testimone; all’assenza di riscontri e all’inconferenza a tali fini delle intercettazioni richiamate dall’ordinanza
impugnata;
2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in orine alle esigenze cautelari.
La cesura attiene all’assenza di concretezza ed attualità del pericolo che il giudice del riesame – con motivazione apparente – aveva ricavato da un carico pendente annoverato dall’indagato (che è incensurato) e facendo riferimento all’estrema gravità dei fatti. Si lamenta, infine, l’assenza di motivazione sull’istanza subordinata di concessione degli arresti domiciliari anche con l’ausilio del braccialetto elettronico.
Il Pubblico ministero, nella persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, con requisitoria-memoria del 15 giugno 2024, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo è manifestamente infondato.
Il Tribunale ha dato atto che l’intervento di COGNOME NOME si è inserito nella complessiva attività posta in essere dagli altri indagati tesa ad imporre alla p.o. l’acquisto delle sigarette; infatti, nell’incontro nel corso del quale COGNOME NOME ha minacciato COGNOME, COGNOME NOME pretendeva il pagamento della nuova fornitura, oltre a quello delle sigarette sequestrate, ed è in quel momento che si è inserita la minaccia riportata nel capo di incolpazione; non si può parlare, pertanto, di mancata corrispondenza tra l’editto accusatorio e quanto addebitato a COGNOME. La presenza del ricorrente non può ricondursi, come prospetta la difesa, ad un post factum non correlato direttamente alla presunta imposizione, in quanto anche il pagamento di quanto in parte sequestrato è del tutto continente con l’imposizione subita, in quanto volta a riaffermare la pretesa esatta dai correi e l’ingiusto profitto avuto di mira.
Del resto, la circostanza che della questione dei tabacchi se ne parli anche al cospetto del ricorrente e che questi intervenga ad adiuvandum del COGNOME Vitale al fine di costringere la persona offesa ad onorare il pagamento, sono elementi che non consentono di escludere – sul piano della gravità indiziaria – che il comportamento del ricorrente sia consapevolmente diretto a rafforzare le precedenti (e successive) richieste estorsive, anche se non effettuate da lui personalmente e, dunque, l’esistenza di una previa-intesa raggiunta con gli altri correi nell’originaria imposizione estorsiva ai danni del COGNOME, per come contestata nel capo di imputazione che abbraccia un arco temporale che comprende anche l’episodio in oggetto («In Napoli, in data anteriore e prossima al mese di marzo 2023 fino almeno al 12.12.2023»).
Il secondo motivo è inammissibile in quanto reiterativo di quello già dedotto in sede di riesame, per come evidenziato dall’ordinanza impugnata che sul punto richiama anche graficamente la motivazione di quella precedentemente resa, a fronte del formarsi del cd. giudicato cautelare (il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza con cui è stata rigettata la richiesta di riesame è stato dichiarato inammissibile con sentenza della Seconda sezione penale della Corte di legittimità del 16/05/2024).
Peraltro, il Tribunale richiama il contenuto del titolo cautelare genetico in cui si esclude la necessità di riscontri alle dichiarazioni auto ed etero accusatorie del COGNOME tenuto conto, in primo luogo, del compendio indiziario fornito dall’attività tecnica antecedente alla denuncia del nominato, le cui risultanze, che integrano, come è noto, la più laica delle prove, confermano appieno il contenuto di quest’ultima.
Il terzo motivo in ordine alle esigenze cautelari è inammissibile, poiché a fronte della presunzione dell’adeguatezza della custodia cautelare in carcere ai sensi dell’art. 275, comma 3, seconda parte, cod. proc. pen. (essendo stata ritenuta la gravità indiziaria in ordine a delitto estorsivo aggravato ai sensi dell’art 416-bis.1 cod. pen.), si reiterano – per come evidenziato dall’ordinanza impugnata – profili di censura già vagliati in sede di riesame e ritenuti infondati. Nulla, invece si argomenta con riguardo all’elemento di novità che era stato addotto a fondamento dell’istanza di sostituzione e/o revoca della misura, ravvisato negli esiti dell’incidente probatorio a cui è stata sottoposta la p.o. e motivatamente disatteso dal Gip nel provvedimento di diniego.
E tanto a prescindere dal rilievo che il Tribunale ha confermato la persistenza delle esigenze cautelari richiamando i carichi pendenti dell’indagato per reati di lesioni e porto d’armi aggravato ai sensi dell’art. 416-bis.1 cod. pen. per fatti commessi nel 2021, dunque in epoca non risalente nel tempo, nonché le modalità di commissione del reato che risultano particolarmente gravi.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa per le ammende, così determinata in ragione dei profili di inammissibilità rilevati (Corte cost., 13 giugno 2000 n. 186).
Non conseguendo dall’adozione del presente provvedimento la rimessione in libertà dell’indagato, deve provvedersi ai sensi dell’art. 94, comma 1 ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso, il 4/07/2024