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Ricorso inammissibile: estorsione e limiti del riesame

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata condannata per estorsione. I motivi, incentrati su vizi di motivazione, su una circostanza aggravante e sul mancato riconoscimento del recesso attivo, sono stati respinti. La Corte ha stabilito che le censure costituivano un tentativo di riesaminare i fatti, non consentito in sede di legittimità, o erano state proposte per la prima volta in Cassazione, rendendo il ricorso inammissibile.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Analisi di un Caso di Estorsione in Cassazione

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come la Corte di Cassazione affronti i ricorsi in materia penale, evidenziando i rigorosi limiti del giudizio di legittimità. Il caso riguarda una condanna per estorsione e la successiva dichiarazione di ricorso inammissibile, una decisione che sottolinea l’importanza di formulare i motivi di impugnazione in modo corretto e tempestivo. Analizziamo insieme i passaggi chiave di questa pronuncia per comprendere le ragioni dietro la decisione della Suprema Corte.

I Fatti del Processo

Una persona veniva condannata dalla Corte di Appello di Trieste per il reato di estorsione. Ritenendo la sentenza ingiusta, l’imputata proponeva ricorso per Cassazione, affidandosi a tre distinti motivi. Il ricorso mirava a contestare la sussistenza stessa degli elementi costitutivi del reato, la presenza di una circostanza aggravante e il mancato riconoscimento di un’attenuante, ovvero il recesso attivo.

I Motivi del Ricorso e la Decisione della Cassazione

La Corte Suprema ha esaminato ciascuno dei tre motivi presentati dalla difesa, giungendo per ognuno di essi a una conclusione negativa che ha determinato la declaratoria di ricorso inammissibile nel suo complesso.

Il Primo Motivo: Tentativo di Rilettura dei Fatti

La ricorrente lamentava un vizio di motivazione riguardo alla sussistenza del delitto di estorsione. La Cassazione ha prontamente respinto questa censura, qualificandola come un tentativo di ottenere una “alternativa rilettura delle fonti probatorie”. I giudici hanno ribadito un principio fondamentale: la Corte di Cassazione non è un “terzo grado” di giudizio dove si possono rivalutare le prove. Il suo compito è il sindacato di legittimità, ovvero verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione, non sostituire la propria valutazione dei fatti a quella dei giudici di merito.

Il Secondo Motivo: La Censura Tardiva sull’Aggravante

Il secondo motivo contestava la sussistenza della circostanza aggravante delle più persone riunite. Anche questo motivo è stato dichiarato inammissibile, ma per una ragione puramente procedurale. La Corte ha rilevato che questa specifica doglianza non era stata presentata come motivo di appello nel precedente grado di giudizio. L’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale, infatti, sancisce l’inammissibilità dei motivi non dedotti in appello. Questo serve a garantire la progressività del processo e a evitare che vengano sollevate questioni nuove direttamente in sede di legittimità.

Il Terzo Motivo: L’Insussistenza del Recesso Attivo

Infine, la difesa lamentava il mancato riconoscimento dell’attenuante del recesso attivo. La Cassazione ha ritenuto anche questo motivo infondato, confermando la valutazione del giudice di merito. Secondo la Corte d’Appello, e condiviso dalla Suprema Corte, l’imputata non aveva posto in essere alcuna condotta finalizzata a evitare il danno, ma al contrario aveva perpetrato un’azione estorsiva e violenta. Mancava quindi il presupposto essenziale per l’applicazione di tale attenuante: un’azione volontaria per neutralizzare le conseguenze del reato.

Le Motivazioni della Corte

La motivazione della Suprema Corte si concentra sulla natura e sui limiti del giudizio di cassazione. La decisione di dichiarare il ricorso inammissibile si fonda su principi procedurali solidi. In primo luogo, il divieto di una nuova valutazione del merito delle prove, che spetta esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado. In secondo luogo, il principio devolutivo dell’appello, per cui non possono essere introdotte in Cassazione censure che non siano state previamente sottoposte al vaglio della Corte d’Appello. Infine, la Corte ha sottolineato come la valutazione sulla configurabilità delle circostanze, come il recesso attivo, se logicamente motivata dal giudice di merito, non può essere messa in discussione in sede di legittimità.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce importanti lezioni pratiche. Per chi affronta un processo penale, è cruciale articolare in modo completo e specifico tutti i motivi di doglianza già nel giudizio d’appello. Qualsiasi omissione preclude la possibilità di sollevare la questione davanti alla Cassazione. Inoltre, l’atto di ricorso per Cassazione deve concentrarsi su reali violazioni di legge o vizi logici manifesti della motivazione, evitando di trasformarsi in un’istanza per una terza valutazione dei fatti. La decisione finale, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, rappresenta la conseguenza diretta della presentazione di un ricorso privo dei requisiti di ammissibilità.

È possibile presentare in Cassazione motivi di ricorso non discussi nel precedente grado di appello?
No, la Corte ha dichiarato inammissibile il motivo relativo alla circostanza aggravante proprio perché non era stato dedotto come motivo di appello, come prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale.

La Corte di Cassazione può riesaminare le prove e offrire una diversa interpretazione dei fatti?
No, la Corte ha rigettato il primo motivo del ricorso definendolo un tentativo di “alternativa rilettura delle fonti probatorie”, attività estranea al sindacato di legittimità proprio della Cassazione, che non può sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito.

In questo caso, perché non è stata riconosciuta l’attenuante del recesso attivo?
La Corte ha confermato la decisione del giudice di merito, il quale ha escluso il recesso attivo perché l’imputata non ha realizzato alcuna condotta volta a scongiurare l’evento dannoso, ma ha anzi perpetrato una condotta estorsiva e violenta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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