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Ricorso inammissibile: estorsione e Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 27196/2025, ha dichiarato il ricorso inammissibile presentato da un indagato contro l’ordinanza del Tribunale del riesame che confermava la custodia cautelare in carcere per estorsione aggravata. La Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria, confermando la detenzione.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione Conferma la Custodia in Carcere per Estorsione Aggravata

La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, ha posto fine al tentativo di un indagato di ottenere l’annullamento della misura di custodia cautelare in carcere. La decisione si fonda su un concetto procedurale cruciale: il ricorso inammissibile. Questo provvedimento sottolinea come il rispetto dei requisiti formali e sostanziali sia indispensabile per accedere al giudizio di legittimità, confermando la validità della misura restrittiva disposta per un’ipotesi di estorsione aggravata.

I Fatti di Causa

La vicenda processuale ha origine da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) del Tribunale di Catanzaro il 9 gennaio 2025. L’indagato era accusato del grave delitto di estorsione aggravata ai sensi dell’art. 416 bis, comma 1, del codice penale, ovvero con il metodo mafioso.

Contro tale provvedimento, la difesa aveva proposto istanza al Tribunale del riesame di Catanzaro, il quale, in data 6 febbraio 2025, aveva confermato integralmente la decisione del GIP, ritenendo sussistenti i presupposti per il mantenimento della misura cautelare in carcere.

Non arrendendosi, l’indagato ha presentato ricorso per Cassazione avverso l’ordinanza del riesame, portando la questione dinanzi alla Suprema Corte.

La Decisione della Corte di Cassazione: il focus sul ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione, dopo aver esaminato gli atti e le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale che chiedeva l’inammissibilità, ha accolto tale richiesta. Con una decisione netta, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Ciò significa che i giudici non sono entrati nel merito delle argomentazioni difensive, ma si sono fermati a una valutazione preliminare che ha evidenziato la mancanza dei requisiti essenziali previsti dalla legge per questo tipo di impugnazione.

La conseguenza diretta di tale declaratoria è la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di mille euro in favore della cassa delle ammende, una sanzione prevista proprio per i ricorsi giudicati inammissibili.

Le Motivazioni della Decisione

Anche se la sentenza è concisa, la motivazione risiede interamente nella dichiarazione di inammissibilità. Quando la Cassazione adotta una simile pronuncia, implicitamente afferma che il ricorso era affetto da vizi talmente evidenti da non poter essere discusso nel merito. Tali vizi possono riguardare la forma (ad esempio, la mancata specificazione dei motivi) o la sostanza (quando si propongono censure non consentite in sede di legittimità, come una rivalutazione dei fatti).

Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che le censure mosse all’ordinanza del Tribunale del riesame non fossero idonee a superare il vaglio di ammissibilità. La decisione del Procuratore Generale, recepita dalla Corte, ha evidentemente individuato una carenza fondamentale nell’atto di impugnazione. Di conseguenza, il provvedimento del Tribunale del riesame che confermava la custodia in carcere è diventato definitivo, non potendo più essere messo in discussione.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

La sentenza offre due importanti spunti di riflessione. In primo luogo, ribadisce l’importanza del rigore tecnico nella redazione dei ricorsi per Cassazione, la cui ammissibilità è soggetta a regole molto stringenti. Un ricorso inammissibile non solo non produce alcun risultato utile per il ricorrente, ma comporta anche conseguenze economiche negative.

In secondo luogo, dal punto di vista pratico, la decisione consolida la posizione dell’indagato: la misura della custodia cautelare in carcere è confermata in via definitiva. La Corte precisa infatti che la sua pronuncia non comporta la ‘rimessione in libertà’ dell’indagato, e ordina alla cancelleria gli adempimenti necessari per la gestione di tale status, come previsto dall’art. 94, comma 1-ter, delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale. Il percorso giudiziario dell’indagato proseguirà quindi in stato di detenzione.

Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione in questo caso?
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dall’indagato.

Quali sono state le conseguenze per il ricorrente dopo la decisione della Cassazione?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di mille euro in favore della cassa delle ammende. La sua permanenza in stato di custodia cautelare in carcere è stata confermata.

Per quale reato era stata disposta la misura cautelare?
La misura cautelare era stata disposta in relazione al delitto di estorsione aggravata ai sensi dell’articolo 416 bis, comma 1, del codice penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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