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Ricorso inammissibile: espulsione e oneri probatori

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una condanna per mancata ottemperanza all’ordine di espulsione. La Corte ha stabilito che le censure proposte erano meramente ripetitive e di fatto, sottolineando che una domanda di protezione internazionale presentata dopo la commissione del reato è irrilevante ai fini della difesa. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 16 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione Sancisce i Limiti dell’Impugnazione contro l’Espulsione

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato il tema del ricorso inammissibile in materia di immigrazione, fornendo chiarimenti cruciali sulla validità delle prove e sulla specificità dei motivi di impugnazione. La decisione sottolinea come la presentazione di una domanda di protezione internazionale successiva alla commissione del reato non possa essere utilizzata come scusante per una precedente violazione della legge. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine da un ordine di espulsione emesso dal Questore di Pescara nei confronti di un cittadino straniero, al quale era stato intimato di lasciare il territorio nazionale entro sette giorni. Non avendo ottemperato a tale ordine, l’uomo veniva processato e condannato dal Giudice di Pace di Chieti per il reato previsto dall’art. 14, comma 5-quater del D.Lgs. 286/1998.

La pena inflitta era una multa di diecimila euro, che fu immediatamente sostituita con la misura dell’espulsione dal territorio italiano per un periodo di cinque anni. La decisione del Giudice di Pace veniva confermata in appello dal Tribunale di Chieti. A questo punto, il condannato presentava ricorso per cassazione, lamentando una violazione di legge e un difetto di motivazione.

Le Argomentazioni della Difesa

La difesa basava il proprio ricorso sulla presunta omessa assunzione di una prova ritenuta decisiva: una domanda di protezione internazionale inoltrata dall’imputato. Secondo il legale, questa istanza avrebbe dovuto essere considerata come un elemento a discolpa, in grado di giustificare la permanenza sul territorio.

L’Analisi della Cassazione e il Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha respinto le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile per diverse ragioni concorrenti. In primo luogo, i giudici hanno qualificato le censure come “mere doglianze versate in fatto e di natura aspecifica”. In altre parole, il ricorso non sollevava questioni di legittimità (cioè di corretta applicazione della legge), ma si limitava a proporre una diversa interpretazione dei fatti, compito che non spetta alla Corte di Cassazione.

Inoltre, la Corte ha rilevato che le argomentazioni erano semplicemente riproduttive di quelle già adeguatamente esaminate e respinte con motivazione coerente dal Tribunale in sede di appello. La reiterazione di censure già disattese, senza l’introduzione di nuovi profili di diritto, è un classico motivo che conduce a una declaratoria di inammissibilità.

Le Motivazioni: La Rilevanza Temporale della Prova

Il punto centrale della decisione riguarda la valutazione della domanda di protezione internazionale. La Corte ha dato pieno credito alla ricostruzione del Tribunale, il quale aveva correttamente osservato che tale domanda era “risalente a epoca posteriore, rispetto all’epoca di commissione del fatto per il quale si procede”.

Questo significa che, al momento della violazione dell’ordine di espulsione, non esisteva alcuna istanza di protezione pendente che potesse giustificare la permanenza dello straniero in Italia. La presentazione successiva della domanda non può avere efficacia retroattiva e non può sanare un comportamento illecito già perfezionatosi. La Corte ha quindi ribadito un principio fondamentale: la valutazione della condotta dell’imputato deve essere effettuata sulla base della situazione di fatto e di diritto esistente al momento della commissione del reato.

Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche della Decisione

La declaratoria di ricorso inammissibile ha comportato due conseguenze dirette per il ricorrente. Ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, è stato condannato al pagamento delle spese processuali. In aggiunta, data l’assenza di elementi che potessero escludere la colpa nella presentazione di un ricorso palesemente infondato, è stato condannato al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Questa ordinanza rafforza il principio secondo cui i mezzi di impugnazione devono essere utilizzati per sollevare questioni giuridiche concrete e non per tentare di ottenere un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti. Soprattutto in materia di immigrazione, chiarisce che le tutele previste dall’ordinamento, come la richiesta di protezione internazionale, devono essere attivate tempestivamente e non possono essere invocate a posteriori per giustificare condotte illegittime.

È possibile appellare una sentenza del giudice di pace che sostituisce una pena pecuniaria con l’espulsione?
Sì, la Corte di Cassazione conferma che è impugnabile con appello la sentenza del giudice di pace che, in relazione al reato di ingresso e soggiorno illegale, applica la misura dell’espulsione in sostituzione della pena pecuniaria.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure erano mere doglianze di fatto, non specifiche, e riproducevano argomenti già esaminati e respinti in modo coerente dal giudice d’appello.

Una domanda di protezione internazionale può giustificare la mancata ottemperanza a un ordine di espulsione?
No, in questo caso la Corte ha stabilito che la domanda di protezione internazionale, essendo stata presentata in un’epoca successiva alla commissione del reato, non può essere usata come giustificazione per la precedente violazione dell’ordine di espulsione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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