Il ricorso inammissibile per errato calcolo della prescrizione
Comprendere i termini di prescrizione è fondamentale nel diritto penale, specialmente in materia tributaria. Un errore di calcolo può avere conseguenze drastiche, come la dichiarazione di un ricorso inammissibile da parte della Corte di Cassazione. Una recente ordinanza ci offre un chiaro esempio di come un’errata interpretazione della legge possa portare non solo al rigetto del ricorso, ma anche a sanzioni economiche aggiuntive per l’imputato.
I Fatti del Processo
La vicenda giudiziaria ha inizio con una condanna per un reato fiscale, emessa dal Tribunale di Forlì e successivamente confermata dalla Corte di Appello di Bologna. L’imputato era stato ritenuto colpevole di aver commesso un illecito previsto dal D.Lgs. 74/2000, una normativa che sanziona le violazioni in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto. La pena inflitta era di un anno e otto mesi di reclusione.
Ritenendo ingiusta la decisione, l’imputato ha deciso di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, l’ultimo grado di giudizio, per tentare di annullare la condanna.
I Motivi del Ricorso in Cassazione
L’imputato ha basato il suo ricorso su due argomenti principali:
1. Errata applicazione della legge sulla prescrizione: Il motivo principale del ricorso si fondava sulla convinzione che il reato fosse ormai estinto per prescrizione. Secondo la difesa, il termine sarebbe stato di 7 anni e 6 mesi, un periodo già trascorso al momento della sentenza d’appello.
2. Vizio di motivazione: In secondo luogo, il ricorrente lamentava che la Corte d’Appello non avesse tenuto conto di alcuni motivi aggiuntivi presentati tramite Posta Elettronica Certificata (PEC) durante il procedimento di secondo grado. Questo, a suo dire, costituiva un difetto nella motivazione della sentenza.
Il ricorso inammissibile secondo la Cassazione
La Corte di Cassazione ha esaminato i motivi presentati e ha concluso che il ricorso fosse palesemente infondato e, pertanto, inammissibile. Questa decisione ha impedito ai giudici di entrare nel merito della questione, fermando il processo al suo stadio preliminare.
La Corte ha smontato la tesi difensiva punto per punto, evidenziando gli errori di diritto commessi dal ricorrente e confermando la correttezza delle decisioni dei giudici di merito.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha spiegato in modo chiaro perché il ricorso non potesse essere accolto. In primo luogo, il motivo relativo alla prescrizione era basato su un presupposto giuridico errato. La Corte ha sottolineato che, per il reato contestato (art. 5, comma 1, D.Lgs. 74/2000), l’ordinamento vigente prevede un termine di prescrizione di 10 anni, e non di 7 anni e 6 mesi come sostenuto dalla difesa. L’argomento era quindi manifestamente infondato.
Per quanto riguarda il secondo motivo, relativo alla mancata valutazione dei motivi aggiuntivi, la Cassazione ha applicato un principio procedurale consolidato: se i motivi principali di un ricorso sono inammissibili, anche i motivi aggiuntivi, ad essi collegati, perdono di rilevanza e non necessitano di una valutazione specifica. L’inammissibilità del punto principale travolge anche quelli accessori.
Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche della Pronuncia
La dichiarazione di inammissibilità ha avuto conseguenze significative per il ricorrente. In base all’articolo 616 del codice di procedura penale, quando un ricorso viene dichiarato inammissibile senza che l’imputato possa dimostrare di averlo proposto senza colpa, scattano sanzioni precise. La Corte, citando anche una sentenza della Corte Costituzionale, ha condannato l’imputato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende. Questa ordinanza ribadisce l’importanza di fondare le proprie impugnazioni su basi giuridiche solide e corrette, poiché un errore palese può non solo precludere l’esame nel merito, ma anche comportare un ulteriore onere economico.
Qual è il termine di prescrizione per il reato di omessa dichiarazione previsto dall’art. 5 del D.Lgs. 74/2000?
Secondo quanto chiarito dalla Corte di Cassazione in questa ordinanza, il termine di prescrizione previsto dall’ordinamento per tale reato è di 10 anni, e non di 7 anni e 6 mesi come erroneamente sostenuto dal ricorrente.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Se il ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e, salvo che dimostri di aver agito senza colpa, al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata a 3.000 euro.
Se il motivo principale di un ricorso è inammissibile, i giudici devono comunque esaminare i motivi aggiuntivi?
No. Come specificato dalla Corte, se i motivi principali del ricorso risultano inammissibili, i motivi aggiuntivi ad essi collegati diventano irrilevanti e non vi è la necessità per la Corte di pronunciarsi su di essi.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2278 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2278 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato il 09/12/1968
avverso la sentenza del 24/10/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che con sentenza depositata il giorno 22 gennaio 2024 la Corte di appello di Bologna confermava la sentenza resa in data 1 aprile 2021 con cui il Tribunale di Forlì aveva condannato COGNOME NOME alla pena di anni 1 e mesi 8 di reclusione di reclusione avendolo ritenuto colpevole del reato ascritto;
che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il prevenuto articolando i motivi di impugnazione di seguito sintetizzati;
che con il primo motivo il ricorrente eccepiva erronea applicazione della legge censurando la sentenza impugnata nella parte in cui i Giudici del merito non avevano ritenuto spirati i termini di prescrizione in relazione al reato ascritto;
che con il secondo motivo eccepiva il vizio di motivazione con riferimento alla mancata valutazione dei motivi aggiuntivi depositati nel procedimento di gravame a mezzo PEC il giorno 9 ottobre 2023.
Considerato che il ricorso è inammissibile;
che il primo motivo risulta manifestamente infondato in quanto basato sull’errato assunto che il termine di prescrizione del reato di cui all’art. comma 1, del D.Lgs. n. 74 del 2000 abbia la durata di anni 7 e mesi 6 e non già di anni 10 come previsto dall’ordinamento vigente;
che il secondo motivo di impugnazione risulta inammissibile atteso che i motivi dedotti con la citata memoria depositata il giorno 9 ottobre 2023, risultavano scollegati dai motivi principali e pertanto, essendo gli stessi inammissibili, non vi era la necessità di statuire su di essi;
che il ricorso devo perciò essere dichiarato inammissibile e, tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale nonché rilevato che nella fattispecie non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché della somma equitativamente fissata in C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 27 settembre 2024 Il GLYPH nsiglier GLYPH stensore
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