Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 10293 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 10293 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 28/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Verona il 10/ 10/1981
avverso la sentenza del 14/02/2024 della Corte di Appello di Venezia visti gli atti, il provvedimento impugnato, il ricorso e le conclusioni depositate dalle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
lette le conclusioni del difensore della parte civile NOME COGNOME Avv. NOME COGNOME che chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso e depositato comparsa conclusionale e nota spese;
lette le conclusioni del difensore del ricorrente, Avv. NOME COGNOME che ha insistito nei motivi di ricorso e chiesto l’annullamento del provvedimento impugnato;
preso atto che il ricorso è trattato con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23 co. n.137/2020 e successivo art. 8 D.L. 198/2022.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME a mezzo del suo difensore, propone ricorso per cassazione avverso la sentenza del 14 febbraio 2024, con la quale la Corte di appello di Venezia ha disposto di non doversi procedere per essere il reato contestato estinto per intervenuta prescrizione, confermando le statuizioni civili e condannando il ricorrente al pagamento delle spese del secondo grado.
Il ricorrente, con il primo motivo di impugnazione, lamenta inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 646 cod. pen., come modificato dagli artt. 10 e 12 del d.lgs. n. 36 d 2018, per difetto della condizione di procedibilità.
La denuncia sporta da NOME COGNOME sarebbe stata formalizzata solo in data 2 luglio 2014 e, quindi, oltre otto mesi dopo che la persona offesa aveva acquisito conoscenza dei fatti, con conseguente violazione del termine previsto dall’art. 124 cod. pen.
A giudizio della difesa, avendo la persona offesa avuto conoscenza del fatto antecedentemente alla data di entrata in vigore della riforma Orlando, l’autorità procedente avrebbe dovuto avvisare la persona offesa dell’onere di presentare una nuova querela nel termine previsto dall’art. 12 del d.lgs. n. 36 del 2018.
Il ricorrente, con il secondo motivo di impugnazione, lamenta manifesta contraddittorietà e illogicità della motivazione in ordine alla penale responsabilità per il reat appropriazione indebita.
È stato, in particolare, evidenziato il mancato accertamento del codice IMEI dei 21 telefoni cellulari indicati nel capo di imputazione con conseguente impossibilità di identificazio e localizzazione degli stessi. Non sarebbe stata, pertanto, raggiunta la prova della sussistenza dell’elemento materiale del reato di cui all’art. 646 cod. pen., non essendo stata dimostrata l’effettiva apprensione da parte del ricorrente di telefoni di proprietà della persona offesa, anc e soprattutto in considerazione del fatto che il COGNOME avrebbe riferito di non aver mai ordinato ricevuto detti apparecchi telefonici.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per le ragioni che seguono.
4. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
I giudici di appello hanno fatto corretto uso del principio di diritto secondo cui “con riferimento ai reati divenuti perseguibili a querela per effetto del d.lgs. 10 aprile 2018, n. la disciplina transitoria di cui all’art. 12, comma 2, del medesimo decreto, che, in caso procedimento pendente, prevede l’avviso alla persona offesa per l’eventuale esercizio del diritto di querela, non si applica alla persona offesa che abbia già manifestato la volontà di punizione, anche se in modo irrituale ed in violazione delle forme previste dalla legge, poiché, diversamente, l’avviso si risolverebbe in una rimessione in termini ovvero nel riconoscimento della possibilità di sanare i vizi dell’atto” (così, Sez. 2, n. 12410 del 13/02/2020, COGNOME, Rv. 279057 – 01; negli stessi termini vedi, Sez. 2, n. 8823 del 04/02/2021, COGNOME, Rv. 280764 – 01; Sez. 2, n. 25341 del 13/05/2021, COGNOME, Rv. 281465 – 01; Sez. 2, n. 481 del 12/12/2023, dep. 2024, COGNOME, non massimata).
La Corte d’appello ha, dunque, condivisibilmente affermato che il reato di appropriazione indebita, al momento della contestazione dei fatti, era procedibile di ufficio e che,
conseguenza, la denuncia presentata dalla persona offesa, prima dell’entrata in vigore del d.lgs. 36 del 2018, non può essere considerata tardiva “costituendo esplicita manifestazione della volontà punitiva” (vedi pag. 10 della sentenza impugnata) con conseguente inapplicabilità della disciplina transitoria di cui all’art. 12 del predetto decreto legislativo.
Peraltro, nel caso di specie, la persona offesa aveva espresso la propria istanza punitiva, non solo presentando una querela, tempestiva o tardiva che fosse, ma, soprattutto, costituendosi parte civile, cosicché superfluo era l’avviso del mutato regime di procedibilità, conformità al principio statuito dalle Sezioni unite con la sentenza n. 40150 del 21/06/2018, COGNOME, Rv. 27355 – 01 (negli stessi termini vedi, Sez. 5, n. 44114 del 10/10/2019, COGNOME, Rv. 277432 – 01 e da ultimo, Sez. 2, n. 21112 del 06/03/2024, Catalano, non massimata).
Il secondo motivo di ricorso è articolato esclusivamente in fatto e, quindi, proposto a di fuori dei limiti del giudizio di legittimità, restando estranei ai poteri della Corte di cass quello di una rilettura degli elementi probatori posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti.
Il motivo è, al contempo, aspecifico in quanto reiterativo di medesime doglianze inerenti alla ricostruzione dei fatti e all’interpretazione del materiale probatorio già espresse in sede appello ed affrontate in termini precisi e concludenti dalla Corte territoriale.
2.1. Tenuto conto della peculiare modalità di redazione del ricorso, che ha sostanzialmente riprodotto il relativo motivo di appello, si rende opportuno premettere, inoltre che la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Il requisito della specificità dei motivi implica, infatti, l’ indicare, in modo chiaro e preciso, gli elementi fondanti le censure addotte, al fine di consentir al giudice di legittimità di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato (Sez. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822 – 01; Sez. 6, n. 17372 del 08/04/2021, COGNOME, Rv. 281112 – 01).
Risulta, di conseguenza, di chiara evidenza che, se il ricorso si limita a riprodurre i moti di appello, per ciò solo si destina all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzion per la quale è previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento), posto che con siffatta mera riproduzione il provvedimento impugnato, lungi dall’essere destinatario di specifica critica argomentata, è di fatto del tutto ignorato (vedi, Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019 Boutartour, Rv. 277710 – 01; Sez. 6, n. 23014 del 29/04/2021, B., Rv. 281521 – 01).
2.2. Ciò premesso deve essere rimarcato che entrambe le sentenze hanno dato adeguatamente conto delle ragioni che hanno indotto i giudici di merito ad affermare che il ricorrente abbia commesso il reato di appropriazione indebita, a seguito di una valutazione degli elementi probatori che appare rispettosa dei canoni di logica e dei principi di diritto governano l’apprezzamento delle prove.
I giudici di appello, con motivazione esaustiva e conforme alle risultanze processuali, che riprende le argomentazioni del giudice di primo grado come è fisiologico in presenza di una
doppia conforme, hanno indicato la pluralità di elementi (in particolare le attendibili dichiaraz rese dalla persona offesa suffragate dalle dichiarazioni degli altri testi escussi e dalle fattu atti) idonei a dimostrare l’avvenuta consegna dei telefoni al COGNOME e la conseguente sussistenz degli elementi costitutivi del reato di appropriazione indebita (vedi pagg. da 10 a 13 del sentenza impugnata). Tale ricostruzione, in nessun modo censurabile sotto il profilo della completezza e della razionalità, è fondata su apprezzamenti di fatto non qualificabili in termi di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede.
2.3. L’errore di impostazione nel quale cade il ricorrente è quello di far leva su element di prova ipotetici e “negativi”, su considerazioni, cioè, generiche ed astratte; abbandonando piano dell’esperienza fenomenica per privilegiare ipotesi alternative e ciò all’evidente scopo tacciare di illogicità manifesta il governo dei fatti positivamente accertati.
Il ricorrente, invocando una rilettura di elementi probatori estranea al sindacato legittimità, chiede a questa Corte di entrare nella valutazione dei fatti e di privilegiare, diverse ricostruzioni, quella a lui più gradita, senza confrontarsi con quanto motivato dalla Cort territoriale al fine di confutare le censure difensive prospettate in sede di appello e co emergenze probatorie determinanti per la formazione del convincimento dei giudici di merito con conseguente aspecificità del motivo di ricorso.
Alla declaratoria di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile NOME COGNOME che, in base alla qualità dell’opera prestata in relaz alla natura e all’entità delle questioni dedotte, vanno liquidate nei termini precisati in disposi
Il ricorrente, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa inammissibilità, deve essere, altresì, condannato al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile COGNOME NOME che liquida in complessivi euro 3.686,00, oltre accessori di legge.
Così deciso il 28 gennaio 2025
Il Presidente