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Ricorso inammissibile e volontà punitiva pre-riforma

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato per appropriazione indebita. La Corte ha stabilito che la volontà di punizione espressa dalla vittima prima della Riforma Orlando, che ha reso il reato procedibile a querela, rimane valida, soprattutto se la vittima si è costituita parte civile. Inoltre, ha ribadito che il ricorso in Cassazione non può essere utilizzato per una nuova valutazione dei fatti già esaminati nei gradi di merito, confermando così la condanna al risarcimento dei danni civili.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione sulla Volontà Punitiva Post-Riforma

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10293/2025, ha affrontato un interessante caso di appropriazione indebita, fornendo chiarimenti cruciali sulla validità degli atti di denuncia a seguito di modifiche normative. La pronuncia dichiara il ricorso inammissibile, consolidando principi fondamentali sia in materia di procedibilità dell’azione penale sia sui limiti del giudizio di legittimità.

I Fatti del Caso: L’accusa di Appropriazione Indebita

Il caso trae origine da un’accusa di appropriazione indebita mossa nei confronti di un individuo, ritenuto responsabile di aver trattenuto illecitamente un lotto di 21 telefoni cellulari di proprietà di un’altra persona. Dopo la condanna nei gradi di merito, la Corte d’Appello, pur dichiarando il reato estinto per prescrizione, aveva confermato le statuizioni civili, condannando l’imputato al risarcimento del danno e al pagamento delle spese legali. Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

Il ricorrente basava la sua difesa su due argomenti principali:

1. Difetto di Procedibilità: Sosteneva che la denuncia presentata dalla persona offesa nel 2014 fosse tardiva. A seguito della Riforma Orlando (D.Lgs. 36/2018), il reato di appropriazione indebita è diventato procedibile a querela. Secondo la difesa, l’autorità giudiziaria avrebbe dovuto avvisare la persona offesa di presentare una nuova querela entro i termini di legge, cosa che non era avvenuta.
2. Vizio di Motivazione: Lamentava una manifesta illogicità nella ricostruzione dei fatti. In particolare, evidenziava la mancata verifica dei codici IMEI dei telefoni, che avrebbe reso impossibile provare l’effettiva apprensione dei beni da parte sua e, di conseguenza, la sussistenza stessa del reato.

La Decisione della Corte: Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha respinto entrambe le argomentazioni, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, di una somma in favore della Cassa delle Ammende e alla rifusione delle spese legali sostenute dalla parte civile.

Le Motivazioni: Perché il ricorso inammissibile è stato confermato

La Corte ha articolato la sua decisione sulla base di due principi cardine del nostro ordinamento.

Sulla Condizione di Procedibilità e la Volontà Punitiva

Il primo motivo di ricorso è stato giudicato manifestamente infondato. I giudici hanno richiamato un orientamento consolidato secondo cui la disciplina transitoria della Riforma Orlando non si applica quando la persona offesa ha già manifestato in modo inequivocabile la propria ‘volontà punitiva’. Nel caso specifico, la vittima non solo aveva presentato una denuncia, ma si era anche costituita parte civile nel processo. Questo atto, secondo la Corte, costituisce la più esplicita manifestazione della volontà di perseguire penalmente il colpevole, rendendo superfluo un nuovo avviso per la presentazione di una querela formale. La denuncia originaria, sebbene presentata quando il reato era procedibile d’ufficio, era sufficiente a integrare la volontà di punizione richiesta dalla nuova legge.

Sulla Rilettura dei Fatti e i Limiti del Giudizio di Legittimità

Anche il secondo motivo è stato rigettato. La Corte ha sottolineato che il ricorso si limitava a riproporre le stesse doglianze già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello, senza criticare in modo specifico la motivazione della sentenza impugnata. Questo approccio trasforma il ricorso in un tentativo di ottenere una terza valutazione del merito della causa, un’operazione preclusa nel giudizio di legittimità. La Cassazione non può riesaminare le prove o sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito, ma solo verificare la correttezza giuridica e la coerenza logica della loro decisione. Poiché la Corte d’Appello aveva fondato la sua conclusione su una pluralità di elementi probatori (dichiarazioni della vittima, testimonianze, documenti), la sua ricostruzione è stata ritenuta immune da vizi.

Le Conclusioni: Implicazioni della Sentenza

Questa pronuncia rafforza due importanti principi. In primo luogo, stabilisce che la volontà della persona offesa di perseguire un reato, se manifestata chiaramente prima di una modifica legislativa sulla procedibilità, conserva la sua validità. La costituzione di parte civile è considerata una prova decisiva di tale volontà. In secondo luogo, ribadisce la natura del giudizio di Cassazione come controllo di legittimità e non come un terzo grado di giudizio sui fatti. Un ricorso inammissibile è la conseguenza inevitabile per chi cerca di ottenere una nuova e diversa valutazione delle prove, ignorando i limiti imposti dalla legge.

Una denuncia presentata prima che un reato diventi procedibile a querela è ancora valida?
Sì, secondo la Corte di Cassazione è valida se la persona offesa ha già manifestato in modo inequivocabile la sua ‘volontà punitiva’, ad esempio costituendosi parte civile nel processo. In tal caso, non è necessario un nuovo avviso per presentare una formale querela.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove di un caso?
No, il ruolo della Corte di Cassazione è quello di un ‘giudizio di legittimità’. Non può riesaminare i fatti o le prove, ma solo verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza impugnata sia logica e non contraddittoria. Un ricorso che chiede una nuova valutazione dei fatti è destinato a essere dichiarato inammissibile.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La declaratoria di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, al versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende e, come in questo caso, alla rifusione delle spese legali sostenute dalla parte civile nel giudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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