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Ricorso inammissibile e prescrizione: la Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una sentenza che aveva sancito la prescrizione di un reato. Il ricorso è stato ritenuto generico perché mirava a una rilettura dei fatti per evitare responsabilità civili, senza contestare specificamente la motivazione. La Corte ribadisce che, in caso di prescrizione, l’assoluzione è possibile solo se l’innocenza emerge in modo inconfutabile dagli atti, confermando la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile e Prescrizione: Guida alla Decisione della Cassazione

Quando un reato si estingue per prescrizione, è ancora possibile per l’imputato ottenere un’assoluzione piena? E a quali condizioni un’impugnazione contro la sentenza di prescrizione può essere respinta? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questi aspetti, delineando i confini del ricorso inammissibile per genericità. Questo provvedimento chiarisce che non è sufficiente proporre una lettura alternativa dei fatti per contestare una sentenza che, pur dichiarando la prescrizione, implicitamente riconosce una base di responsabilità, soprattutto ai fini civili.

I Fatti del Caso

Il caso analizzato riguarda una persona che ha presentato ricorso in Cassazione contro una sentenza della Corte d’Appello. La corte territoriale aveva dichiarato l’estinzione del reato di interruzione di pubblico servizio (art. 340 c.p.) per intervenuta prescrizione. La ricorrente, tuttavia, non si accontentava di questa pronuncia e mirava a un’assoluzione nel merito, probabilmente per evitare le conseguenze civili derivanti dall’accertamento del fatto. Nel suo ricorso, contestava la motivazione della sentenza, proponendo una ricostruzione dei fatti diversa e più favorevole rispetto a quella emersa nel processo, sostenuta invece dall’accusa.

La Questione del Ricorso Inammissibile per Genericità

La Corte di Cassazione ha esaminato i motivi del ricorso e li ha giudicati inammissibili. La ragione principale di questa decisione risiede nella genericità dell’impugnazione. Secondo i giudici supremi, il ricorso non individuava vizi specifici nella sentenza impugnata, ma si limitava a contrapporre una propria versione dei fatti a quella accertata dal giudice di merito. Quest’ultima, secondo la Corte, era stata ricostruita in modo logico e basata su elementi oggettivi che rendevano l’ipotesi accusatoria “più probabile e adeguatamente dimostrata” rispetto a quella difensiva. Un ricorso inammissibile di questo tipo non può essere accolto perché tenta di ottenere dalla Cassazione un nuovo giudizio sul fatto, cosa che non rientra nelle sue competenze.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha fondato la sua decisione su un principio consolidato, richiamando una celebre sentenza delle Sezioni Unite (sentenza Tettamanti, n. 35490/2009). Questo principio stabilisce che, in presenza di una causa di estinzione del reato come la prescrizione, il giudice può pronunciare una sentenza di assoluzione nel merito (ai sensi dell’art. 129, comma 2, c.p.p.) solo ed esclusivamente quando le prove a favore dell’imputato sono così evidenti e inconfutabili da non lasciare alcun dubbio. In altre parole, l’innocenza deve emergere “ictu oculi”, cioè in modo palese dagli atti processuali.

Nel caso di specie, non vi era questa evidenza. Anzi, la ricostruzione dei fatti operata dalla Corte d’Appello supportava la tesi accusatoria. Pertanto, la dichiarazione di prescrizione era l’esito corretto e il tentativo di ottenere un’assoluzione piena tramite un ricorso generico è stato respinto. La Corte ha concluso che il ricorso dovesse essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un concetto fondamentale in materia processuale: non si può utilizzare il ricorso in Cassazione come un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti. L’impugnazione deve essere specifica e mirata a contestare vizi di legittimità della sentenza. Se un imputato vuole ottenere un’assoluzione piena nonostante la prescrizione, deve poter contare su prove schiaccianti della propria innocenza. In assenza di tale evidenza, un ricorso inammissibile e generico non solo non porterà al risultato sperato, ma comporterà anche ulteriori costi economici, come la condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.

Quando un ricorso contro una sentenza di prescrizione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando i suoi motivi sono generici, ovvero quando si limita a proporre una lettura alternativa dei fatti senza contestare specifici vizi logici o giuridici della sentenza impugnata.

È possibile ottenere un’assoluzione piena anche se il reato è prescritto?
Sì, ma solo se le prove dell’innocenza dell’imputato (come la non sussistenza del fatto o la non commissione dello stesso) emergono dagli atti processuali in modo assolutamente evidente e non contestabile, come stabilito dall’art. 129, comma 2, del codice di procedura penale.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in questo caso?
Comporta la condanna di chi ha proposto il ricorso al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro a titolo di sanzione pecuniaria in favore della cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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