Ricorso inammissibile: quando l’impugnazione è destinata al fallimento
Presentare un ricorso in Cassazione è l’ultima via per contestare una sentenza penale, ma non tutte le impugnazioni vengono esaminate nel merito. Un’ordinanza recente della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di ricorso inammissibile, spiegando perché due motivi di doglianza sono stati giudicati ‘manifestamente infondati’ e quali sono le conseguenze economiche per chi intraprende questa strada senza valide argomentazioni. Questo caso sottolinea l’importanza di una valutazione attenta prima di procedere con l’impugnazione.
I Fatti di Causa
Il ricorrente si era rivolto alla Corte di Cassazione per contestare una sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Catania. La sua difesa si basava su due argomenti principali. Con il primo, egli contestava aspetti della sentenza che, tuttavia, erano già stati oggetto di un ‘concordato’, ovvero un accordo processuale raggiunto in sede di appello. Con il secondo motivo, sosteneva che il reato per cui era stato condannato (resistenza a pubblico ufficiale, art. 337 c.p.) fosse ormai estinto per prescrizione.
La Decisione della Corte di Cassazione e il ricorso inammissibile
La Corte di Cassazione ha rigettato l’istanza, dichiarando il ricorso inammissibile in ogni sua parte. I giudici hanno ritenuto che entrambi i motivi addotti fossero ‘manifestamente infondati’, ovvero palesemente privi di fondamento giuridico. La conseguenza di questa pronuncia non è stata solo la conferma della condanna, ma anche l’imposizione al ricorrente del pagamento delle spese processuali e di una sanzione aggiuntiva di tremila euro da versare alla Cassa delle ammende.
Le motivazioni
L’analisi dei giudici è stata netta e precisa. Il primo motivo è stato respinto perché la sentenza d’appello era pienamente conforme all’accordo processuale (concordato) a cui le parti erano pervenute. Impugnare un aspetto già concordato rende il motivo di ricorso palesemente infondato.
Riguardo al secondo motivo, relativo alla prescrizione, la Corte ha semplicemente verificato le date. Al momento della pronuncia della sentenza d’appello, il termine di prescrizione per il reato contestato non era ancora trascorso. Anche questa argomentazione è stata quindi giudicata manifestamente infondata. La Corte ha inoltre sottolineato che l’inammissibilità del ricorso non era dovuta a un errore scusabile, ma a una colpa del ricorrente nella scelta di presentare un’impugnazione priva di basi solide. Per questo, citando una nota sentenza della Corte Costituzionale (n. 186 del 2000), ha confermato la condanna al pagamento della sanzione pecuniaria.
Le conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del nostro ordinamento: il ricorso in Cassazione non è uno strumento da utilizzare con leggerezza. Quando i motivi sono manifestamente infondati, non solo non si ottiene una revisione della sentenza, ma si va incontro a sanzioni economiche significative. La decisione serve da monito: prima di impugnare una sentenza, è cruciale una valutazione rigorosa della fondatezza delle proprie argomentazioni, per evitare che un ricorso inammissibile si traduca in un ulteriore aggravio di spese e sanzioni.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i due motivi presentati erano manifestamente infondati: il primo contestava una parte della sentenza che era già stata oggetto di accordo tra le parti (concordato), mentre il secondo si basava su un calcolo errato del termine di prescrizione del reato.
Cosa significa che un motivo è ‘manifestamente infondato’?
Significa che la sua mancanza di fondamento giuridico o fattuale è talmente evidente da non richiedere un esame approfondito. Nel caso specifico, la conformità al concordato e il mancato decorso della prescrizione rendevano i motivi palesemente privi di pregio.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente è condannato a pagare non solo le spese del procedimento, ma anche una sanzione pecuniaria (in questo caso, tremila euro) a favore della Cassa delle ammende, a meno che non si dimostri che l’impugnazione è stata proposta senza colpa.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1395 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1395 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a CATANIA il 08/10/1989
avverso la sentenza del 22/09/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
•
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe;
esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
ritenuto che il ricorso è inammissibile perché deduce due motivi manifestamente infondati: quanto al primo motivo, infatti, la sentenza impugnata risulta conforme al concordato; quanto al secondo motivo, alla data della pronuncia non risultava ancora decorso il termine di prescrizione per il reato di cui all’art. 337 cod. pen.;
ritenuto che all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila da versare in favore della cassa delle ammende, non potendosi ritenere che lo stesso abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 29 novembre 2024.