Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 804 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 804 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 11/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a FERRARA il 02/11/1954
avverso la sentenza del 13/03/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo
[udito il difensore procedimento a trattazione scritta.
Letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona della dott.ssa NOME COGNOME Sostituta Procuratrice generale presso questa Corte, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Busto Arsizio, con sentenza del 18 dicembre 2019, dichiarava l’imputato NOME COGNOME colpevole del reato di bancarotta fraudolenta documentale in relazione al fallimento della “RAGIONE_SOCIALE in liquidazione”, dichiarato il 10 ottobre 2014. All’imputato era stato contestato di avere, in qualità di liquidatore a far data dal 14 febbraio 2012, e in concorso con NOME COGNOME, amministratore unico sino alla data di liquidazione, sottratto o comunque omesso di tenere – allo scopo di procurarsi ingiusto profitto e di recare pregiudizio ai creditori – tutti i libri e le scritture contabili prescritti dalla legg impedendo la ricostruzione del patrimonio sociale e del movimento degli affari.
Il Tribunale, ritenuta la circostanza attenuante di cui all’art. 114, comma 1, cod. pen., con giudizio di equivalenza rispetto alla recidiva contestata, condannava NOME COGNOME alla pena principale di tre anni di reclusione e alle pene accessorie ritenute di giustizia.
La Corte di ajDpello di Milano, adita da NOME COGNOME con sentenza del 10 novembre 2021 confermava la sentenza di primo grado.
La Corte di cassazione, Sezione Quinta penale, con sentenza n. 27411/2023 del 20 gennaio 2023, in accoglimento del ricorso proposto dalla difesa di NOME COGNOME annullava la sentenza di appello, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Milano.
La Corte di appello di Milano, in esito al giudizio di rinvio, con sentenza del 13 marzo 2024 confermava la citata sentenza di primo grado, emessa dal Tribunale di Busto Arsizio il 18 dicembre 2019.
La difesa di NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, con atto in cui deduce violazioni dell’art. 627 cod. proc. pen., degli artt. 216, comma 1, n. 2, seconda parte, legge fallimentare, del combinato disposto degli artt. 216, comma 1, n. 2, seconda parte, e 217 legge fallimentare. Il ricorrente chiede l’annullamento della sentenza emessa dal giudice del rinvio e lamenta il mancato rispetto sia del principio fissato dalla Corte di cassazione nel disporre il giudizio di rinvio, sia l violazione delle norme incriminatrici della bancarotta fraudolenta documentale. In
particolare, il ricorrente sostiene che la Corte di appello di Milano, nella veste di giudice del rinvio a seguito dell’annullamento disposto dalla Corte di cassazione per vizio motivazionale, ha confermato la sentenza di condanna e ha riproposto nuovamente il percorso logico argomentativo censurato, così violando palesemente il dettato dell’articolo 627 cod. proc. pen.
Secondo il ricorrente, la Corte di cassazione, con la sentenza di annullamento della precedente decisione di appello, aveva vietato alla Corte territoriale di sussumere la condotta del ricorrente ai sensi dell’articolo 216, comma 1, n. 2, seconda parte, che prevede il dolo generico; aveva richiesto un approfondimento rispetto all’assunto che Giove avesse operato in termini di dolo eventuale essendo a conoscenza della condotta del coimputato per integrare un delitto che richiede il dolo in forma specifica; aveva rilevato evidenti carenze sul piano probatorio. Il giudice del rinvio, invece, avrebbe ribadito il convincimento del giudice di appello, in aperta violazione della norma che prevede il dovere di adeguamento del giudice del rinvio alla decisione della Corte di cassazione. Da un lato, la sentenza del giudice del rinvio avrebbe fatto nuovamente riferimento a una contestazione aperta che invece non lo è, dall’altra avrebbe formulato nuovamente ragionamenti presuntivi sulle conoscenze di Giove, senza citare fonti di prova utilizzabili.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile, per mancanza di specificità, in quanto il ricorrente non ha criticato in .modo adeguato e completo tutte le ragioni della decisione espressa con la sentenza del 13 marzo 2024, emessa dalla Corte di appello di Milano in esito al giudizio di rinvio.
Tale sentenza, infatti, espone plurime ragioni a proprio fondamento. ·[n particolare, il giudice del rinvio non si è limitato ad affermare che, nel caso, è integrata la fattispecie della bancarotta fraudolenta documentale generica che richiede il dolo generico, ma ha anche reso, a pag. 7 della sentenza ora in valutazione, una motivazione aggiuntiva, introdotta dalle parole «Se poi vi fosse la necessità di lumeggiare – sotto un profilo di un dolo più specifico, atteso il tenore della contestazione – la consapevolezza da parte di Giove che la sua attività avrebbe favorito il compimento di iniziative irregolari e scarsamente ricostruibili a posteriori, è appena il caso di notare che l’imputato svolge pressoché professionalmente la funzione di rappresentante legale-testa di legno …».
Le affermazioni aggiuntive rese dal giudice del rinvio, che costituiscono una supplementare ragione della decisione, rispetto a quella principale riguardante il dolo generico, e che sono volte a sostenere la conferma della sentenza di condanna
di primo grado in modo alternativo, non sono state colpite con adegua argomentazione dal ricorso per cassazione ora in valutazione.
In mancanza di specifica critica sul punto nel ricorso, la richiamata ratio decídendi supplementare espressa dal giudice dei rinvio non può essere qui posta in discussione e, quindi, rimane ferma, idonea, da sola, a sorreggere logicame e giuridicamente la .conferma della sentenza di primo grado.
Invero, la valenza argomentativa dei citati rilievi non censurati dal ricor e sopra riportati in parte, conserverebbe tutta la sua forza anche nel meramente ipotetico – in cui si ritenesse di condividere le censure espost ricorso per cassazione, l’esame delle quali, pertanto, è superfluo.
Da ciò discende l’inammissibilità di tale ricorso, aspecifico in quanto privo – pur virtuale – capacità logico-giuridica di travolgere il provvedimento impugn
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile applicazione dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen. Ai sensi dell’art. 616 proc. pen., il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle sp processuali e al versamento della somma indicata nel seguente dispositivo a Cassa delle ammende, non essendo dato escludere – alla stregua del principio diritto affermato da Corte cost. n. 186 del 2000 – la ricorrenza dell’ipotes colpa nella proposizione dell’impugnazione.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa de ammende.
Così deciso in Roma, 11 settembre 2024.