Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 9268 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 9268 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 19/02/2025
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; udite le richieste del difensore del ricorrente, avvocata NOME COGNOME che si è riportata ai motivi di ricorso e ne ha chiesto l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
1.NOME COGNOME impugna l’ordinanza indicata in epigrafe con la quale il Tribunale di Palermo, in accoglimento dell’appello del Pubblico Ministero, gli ha applicato la misura della custodia cautelare in carcere, in relazione al reato di cui agli artt. 61 n. 1, 110, 416-bis.1 cod. pen., 4 e 5 I. 895 del 1967, commesso il 22 agosto 2022, per avere detenuto e portato in luogo pubblico, in occasione della commissione del reato di cui all’ 629, commi 1 e 2, cod. pen. in danno di NOME COGNOME e NOME COGNOME due pistole, armi comuni da sparo, non meglio
identificata, reato commesso in concorso con NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Con i motivi di ricorso sintetizzati ai sensi dell’articolo 173 delle disposizioni di attuazione nei limiti strettamente indispensabili ai fini della motivazione, i ricorrente denuncia:
2.1. nullità dell’ordinanza di applicazione della custodia cautelare in carcere per violazione degli artt. 125 e 392, comma 2, cod. proc. pen, per mancanza di autonoma valutazione della richiesta cautelare da parte del giudice per le indagini preliminari. Analogo vizio inficia anche l’ordinanza emessa dal Tribunale del riesame;
2.2. violazione di legge (artt. 273 e 192 cod. proc. pen.) per la ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza che l’ordinanza impugnata ha tratto dalle dichiarazioni rese dal La Dolcetta che non era presente all’incontro anche tenuto conto che lo COGNOME era spettatore passivo all’incontro. Erano, al riguardo, maggiormente convincenti le argomentazioni del giudice per le indagini preliminari;
2.2. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. che non rileva rispetto alla mera contestazione di cui all’art. 416-bis.1 cod. proc. pen. L’ordinanza è priva, a tal riguardo, di adeguata motivazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile perché proposto per motivi generici e manifestamente infondati.
Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato perché strutturalmente non configurabile rispetto ad un’ordinanza (quella del giudice per indagini preliminari del 6 novembre 2024) che aveva respinto la richiesta cautelare.
3.Si prestano ad analoghe conclusioni e al rilievo di aspecificità i rilievi della difesa declinati, con riferimento al vizio di violazione di legge, in relazione alla valutazione delle dichiarazioni rese da NOME COGNOME nella ricostruzione dell’episodio nel corso del quale, il padre e il suo collaboratore, NOME COGNOME erano stati minacciati dall’indagato e dai suoi correi, in occasione dell’incontro nel quale tentavano di imporre al COGNOME e all’COGNOME l’acquisto di droga dal clan “Porta Nuova” e il pagamento di una tangente, per continuare a spacciare.
Il ricorso, infatti, non si confronta con la motivazione dell’ordinanza impugnata che, pur avendo ricostruito il contesto intimidatorio dell’incontro sulla scorta delle dichiarazioni rese da NOME COGNOME (si tratta del reato di estorsione già contestato e oggetto dell’ordinanza del 7 ottobre 2024), ha ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza anche in relazione ai reati di detenzione e porto d’arma utilizzati in occasione della convocazione di NOME COGNOME e NOME COGNOME proprio per discutere della questioni inerenti all’organizzazione degli acquisti, in vista dello spaccio, sulla scorta delle risultanze della conversazione del 9 febbraio 2023 nel corso della quale una delle vittime, NOME COGNOME aveva descritto con precisione, le modalità della convocazione dell’incontro, l’oggetto e la circostanza che, nell’occasione, per rendere maggiormente convincenti le minacce, era stato esploso da NOME COGNOME uno dei partecipanti all’incontro, un colpo di pistola, dopo che i partecipi alla riunione avevano posto della balle di fieno contro le porte per impedire che venisse udito il rumore dall’esterno. NOME COGNOME – prosegue il Tribunale – ha riferito in relazione a tale episodio notizie apprese dal padre che trovavano riscontro nella conversazione intercettata, e intercorsa tra una delle vittime e la compagna di NOME COGNOME, sicché era erroneo l’inquadramento sistematico del g.i.p. secondo il quale tali dichiarazioni andavano esaminate separatamente e il giudizio di attendibilità del dichiarante non era, su tale specifica vicenda, assistito da risconti.
Lungo questa erronea interpretazione si muove l’odierno ricorso che non contesta, se non in termini generici il ruolo che anche in questa occasione, in linea di continuità con altri pregressi episodi a lui direttamente ascrivibili, aveva avuto anche NOME COGNOME che era certamente presente, armato di una mazza, concorrendo ai fatti in chiave di rafforzamento dell’altrui proposito criminoso anche con riferimento alle concrete modalità minatorie, per mezzo di armi che erano visibilmente detenute dai coindagati.
3. Il motivo di ricorso sulla sussistenza delle esigenze cautelari e adeguatezza della misura è manifestamente infondato.
In tema di misure cautelari, in relazione ai reati aggravati ai sensi dell’art. 416-bis. 1 cod. pen., nel caso contestata sia con riferimento alla finalità agevolatrice che all’essersi avvalso del metodo mafioso, la disposizione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., prevede una presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari che, in relazione alla concreta vicenda, è affatto attenuata o scemato da elementi positivamente apprezzabili: i reati per i quali si procede sono, infatti, recenti (l’episodio connesso al reato di detenzione e porto d’arma risale, infatti, al 22 agosto 2022); si innestano su condotte
precedenti e successive agite direttamente dall’indagato e il negativo giudizio sulla personalità dello COGNOME è avvalorato dai suoi precedenti per “pesanti” condanne per reati violenti (rapina) e specifici (porto d’armi), e periodi di detenzione che non ne hanno attenuato la proclività a delinquere.
Corretta, pertanto, la conclusione dell’ordinanza impugnata nella parte in cui esclude che siano acquisiti elementi idonei a smentire la presunzione di recidiva e adeguatezza, in chiave preventiva, della sola custodia in carcere.
4.11 GLYPH ricorrente, in conseguenza della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, deve essere condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento. Considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro, in favore della Cassa delle ammende. La cancelleria è delegata agli adempimenti indicati in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui agli artt. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen. e 28 reg. esec. cod. proc. pen..
Così deciso il 19 febbraio 2025
La Consigliera relatrice
Il Pre idente