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Ricorso inammissibile dopo concordato in appello

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso presentato contro una sentenza di condanna per furto aggravato e ricettazione, emessa a seguito di un ‘concordato sui motivi di appello’. La Suprema Corte chiarisce che l’accordo tra le parti in appello preclude la possibilità di contestare successivamente la qualificazione giuridica del reato, rendendo il ricorso inammissibile. L’unica eccezione, non riscontrata nel caso di specie, riguarda l’applicazione di una pena illegale.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: l’accordo in appello preclude ulteriori contestazioni

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale della procedura penale: i limiti all’impugnazione di una sentenza emessa a seguito di un ‘concordato sui motivi di appello’ (noto anche come ‘patteggiamento in appello’), disciplinato dall’art. 599-bis del codice di procedura penale. La decisione chiarisce che l’accordo tra le parti vincola le successive possibilità di ricorso, rendendo di fatto ricorso inammissibile qualsiasi tentativo di rimettere in discussione punti coperti dall’accordo stesso, come la qualificazione giuridica del reato.

I Fatti del Caso

Un soggetto, condannato in primo grado per furto aggravato e ricettazione, decideva di appellare la sentenza. In sede di appello, la difesa e l’accusa raggiungevano un accordo ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p.: l’imputato rinunciava ai motivi di appello relativi alla sua responsabilità e le parti concordavano sulla pena da applicare. La Corte d’Appello di Catania, preso atto di tale accordo, confermava la condanna e irrogava la pena concordata.

Nonostante l’accordo, il difensore dell’imputato proponeva ricorso per cassazione, sostenendo che i fatti avrebbero dovuto essere qualificati come ‘furto semplice’ e non come ‘furto aggravato’ ai sensi dell’art. 624-bis del codice penale. Si trattava, in sostanza, di una contestazione sulla qualificazione giuridica del reato.

La Decisione sul Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Il Collegio ha ribadito un principio consolidato: la scelta di aderire al concordato in appello comporta una rinuncia implicita a sollevare in sede di legittimità qualsiasi altra doglianza sui punti oggetto dell’accordo. L’accordo processuale tra le parti, una volta ratificato dal giudice, ‘cristallizza’ la situazione giuridica, inclusa la qualificazione del fatto.

Le Motivazioni della Corte

La motivazione della Corte si fonda sulla natura stessa dell’istituto del concordato in appello. Questo strumento deflattivo del contenzioso si basa su una logica di scambio processuale: l’imputato accetta una determinata pena e rinuncia a certi motivi di appello in cambio di un esito prevedibile e potenzialmente più favorevole. Permettere di rimettere in discussione, davanti alla Cassazione, elementi centrali dell’accordo (come la qualificazione del reato che incide sulla pena) vanificherebbe la funzione e la stabilità dell’istituto stesso.

La Corte precisa che esiste un’unica, fondamentale eccezione a questa regola: il ricorso è sempre ammissibile se volto a denunciare l’applicazione di una pena ‘illegale’, ovvero una pena non prevista dall’ordinamento per quel tipo di reato o determinata in violazione di norme inderogabili. Nel caso specifico, tuttavia, il ricorrente non lamentava una pena illegale, ma contestava la qualificazione giuridica del fatto, una questione che, essendo coperta dall’accordo, non poteva più essere sollevata. La doglianza è stata quindi ritenuta generica e non consentita, superando la soglia di ammissibilità.

Le Conclusioni

Questa ordinanza conferma la rigidità dei vincoli derivanti dal ‘patteggiamento in appello’. Chi sceglie questa via processuale deve essere pienamente consapevole che sta compiendo una scelta che preclude, in larga misura, la possibilità di un successivo ricorso per cassazione. La decisione di accordarsi sulla pena implica l’accettazione di tutti gli elementi che la compongono, inclusa la qualificazione giuridica del fatto. La conseguenza di un ricorso presentato in violazione di tale principio è la sua inammissibilità, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria alla Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie.

È possibile presentare ricorso per cassazione dopo aver raggiunto un accordo sui motivi di appello (art. 599-bis c.p.p.)?
No, di regola non è possibile. La Corte afferma che l’accordo sui punti concordati implica la rinuncia a dedurre nel successivo giudizio di legittimità ogni diversa doglianza, rendendo il ricorso inammissibile. L’unica eccezione riguarda il caso in cui venga irrogata una pena illegale.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile in questo caso specifico?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché contestava la qualificazione giuridica del fatto (da furto aggravato a furto semplice), un punto che si considera coperto dall’accordo raggiunto in appello tra le parti e che, pertanto, non può essere rimesso in discussione davanti alla Corte di Cassazione.

Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, ravvisandosi profili di colpa, anche al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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