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Ricorso inammissibile: doglianze di fatto respinte

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un uomo condannato per atti persecutori, la cui istanza di affidamento in prova era stata rigettata poiché risultato irreperibile e localizzato all’estero. La Suprema Corte ha stabilito che le censure sollevate erano unicamente doglianze di fatto, non consentite in sede di legittimità, confermando la logicità della decisione impugnata e condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando le Critiche sui Fatti non Bastano

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio di un principio fondamentale della procedura penale: la distinzione tra il giudizio di merito e quello di legittimità. Un ricorso inammissibile è spesso la conseguenza di un’impugnazione che tenta di rimettere in discussione i fatti già accertati, anziché concentrarsi su presunti errori di diritto. Analizziamo come la Suprema Corte ha applicato questo principio in un caso riguardante la richiesta di una misura alternativa alla detenzione.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine dalla condanna di un individuo per il reato di atti persecutori ai danni della moglie, con una pena da scontare di un anno e sei mesi di detenzione. L’interessato presentava un’istanza al Tribunale di Sorveglianza per ottenere l’affidamento in prova al servizio sociale, una misura che gli avrebbe consentito di scontare la pena al di fuori del carcere.

Tuttavia, il Tribunale di Sorveglianza rigettava la richiesta. La motivazione di tale rigetto si basava su un elemento cruciale: il condannato risultava attualmente irreperibile. Dalle informazioni acquisite dalla polizia, emergeva infatti che l’uomo si trovasse in territorio francese. Di fronte a questa decisione, il difensore del condannato proponeva ricorso per Cassazione, lamentando una presunta ‘manifesta illogicità’ della motivazione del Tribunale e sostenendo che, in realtà, il suo assistito non fosse mai stato irreperibile.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda sulla natura delle censure mosse dal difensore. Secondo i giudici, le argomentazioni presentate non configuravano vizi di legittimità, come l’errata applicazione della legge o la manifesta illogicità, ma si traducevano in semplici ‘doglianze di fatto’. In altre parole, il ricorrente non contestava il ragionamento giuridico del Tribunale, ma la sua ricostruzione dei fatti, ovvero lo stato di irreperibilità.

Le Motivazioni della Suprema Corte: la barriera del giudizio di fatto

La Corte ha ribadito che la sua funzione, in sede di legittimità, non è quella di riesaminare le prove o di fornire una nuova valutazione dei fatti, compiti che spettano ai giudici di merito. Il Tribunale di Sorveglianza aveva basato la sua decisione su elementi concreti, come le informazioni di polizia, e aveva sviluppato un ragionamento logico e coerente, privo di contraddizioni.

Il tentativo del ricorrente di contestare queste conclusioni fattuali è stato considerato un tentativo di ottenere un terzo grado di giudizio di merito, non consentito dalla legge. Le argomentazioni difensive sono state qualificate come ‘assertive e apodittiche’, ossia semplici affermazioni non supportate da elementi idonei a scalfire la tenuta logica dell’ordinanza impugnata. Un ricorso inammissibile, quindi, è la diretta conseguenza di un’impostazione errata dell’impugnazione, che non si concentra sui soli profili di diritto consentiti.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa pronuncia sottolinea un’importante lezione per chiunque intenda impugnare un provvedimento giudiziario davanti alla Corte di Cassazione. È fondamentale che il ricorso si concentri esclusivamente su vizi di legittimità, come la violazione di legge o una motivazione palesemente illogica o contraddittoria. Qualsiasi tentativo di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti, come la valutazione della reperibilità di un soggetto, è destinato a scontrarsi con una declaratoria di inammissibilità.

Le conseguenze di un ricorso inammissibile non sono trascurabili: oltre a non ottenere una revisione della decisione, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, determinata in tremila euro. Pertanto, un’attenta valutazione dei motivi di ricorso è essenziale per evitare esiti negativi e costi aggiuntivi.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le critiche sollevate erano ‘mere doglianze versate in fatto’, ovvero contestazioni sulla ricostruzione degli eventi, e non vizi di legittimità (errori di diritto), che sono gli unici ammessi in sede di Cassazione.

Qual era il motivo per cui il Tribunale di Sorveglianza aveva inizialmente respinto la richiesta di affidamento in prova?
Il Tribunale di Sorveglianza aveva respinto l’istanza perché il condannato risultava irreperibile e, secondo le informazioni di polizia, si trovava attualmente in territorio francese.

Quali sono le conseguenze per il ricorrente dopo la dichiarazione di inammissibilità?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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