Ricorso Inammissibile: Quando le Critiche sui Fatti non Bastano
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio di un principio fondamentale della procedura penale: la distinzione tra il giudizio di merito e quello di legittimità. Un ricorso inammissibile è spesso la conseguenza di un’impugnazione che tenta di rimettere in discussione i fatti già accertati, anziché concentrarsi su presunti errori di diritto. Analizziamo come la Suprema Corte ha applicato questo principio in un caso riguardante la richiesta di una misura alternativa alla detenzione.
I Fatti del Caso
La vicenda ha origine dalla condanna di un individuo per il reato di atti persecutori ai danni della moglie, con una pena da scontare di un anno e sei mesi di detenzione. L’interessato presentava un’istanza al Tribunale di Sorveglianza per ottenere l’affidamento in prova al servizio sociale, una misura che gli avrebbe consentito di scontare la pena al di fuori del carcere.
Tuttavia, il Tribunale di Sorveglianza rigettava la richiesta. La motivazione di tale rigetto si basava su un elemento cruciale: il condannato risultava attualmente irreperibile. Dalle informazioni acquisite dalla polizia, emergeva infatti che l’uomo si trovasse in territorio francese. Di fronte a questa decisione, il difensore del condannato proponeva ricorso per Cassazione, lamentando una presunta ‘manifesta illogicità’ della motivazione del Tribunale e sostenendo che, in realtà, il suo assistito non fosse mai stato irreperibile.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda sulla natura delle censure mosse dal difensore. Secondo i giudici, le argomentazioni presentate non configuravano vizi di legittimità, come l’errata applicazione della legge o la manifesta illogicità, ma si traducevano in semplici ‘doglianze di fatto’. In altre parole, il ricorrente non contestava il ragionamento giuridico del Tribunale, ma la sua ricostruzione dei fatti, ovvero lo stato di irreperibilità.
Le Motivazioni della Suprema Corte: la barriera del giudizio di fatto
La Corte ha ribadito che la sua funzione, in sede di legittimità, non è quella di riesaminare le prove o di fornire una nuova valutazione dei fatti, compiti che spettano ai giudici di merito. Il Tribunale di Sorveglianza aveva basato la sua decisione su elementi concreti, come le informazioni di polizia, e aveva sviluppato un ragionamento logico e coerente, privo di contraddizioni.
Il tentativo del ricorrente di contestare queste conclusioni fattuali è stato considerato un tentativo di ottenere un terzo grado di giudizio di merito, non consentito dalla legge. Le argomentazioni difensive sono state qualificate come ‘assertive e apodittiche’, ossia semplici affermazioni non supportate da elementi idonei a scalfire la tenuta logica dell’ordinanza impugnata. Un ricorso inammissibile, quindi, è la diretta conseguenza di un’impostazione errata dell’impugnazione, che non si concentra sui soli profili di diritto consentiti.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa pronuncia sottolinea un’importante lezione per chiunque intenda impugnare un provvedimento giudiziario davanti alla Corte di Cassazione. È fondamentale che il ricorso si concentri esclusivamente su vizi di legittimità, come la violazione di legge o una motivazione palesemente illogica o contraddittoria. Qualsiasi tentativo di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti, come la valutazione della reperibilità di un soggetto, è destinato a scontrarsi con una declaratoria di inammissibilità.
Le conseguenze di un ricorso inammissibile non sono trascurabili: oltre a non ottenere una revisione della decisione, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, determinata in tremila euro. Pertanto, un’attenta valutazione dei motivi di ricorso è essenziale per evitare esiti negativi e costi aggiuntivi.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le critiche sollevate erano ‘mere doglianze versate in fatto’, ovvero contestazioni sulla ricostruzione degli eventi, e non vizi di legittimità (errori di diritto), che sono gli unici ammessi in sede di Cassazione.
Qual era il motivo per cui il Tribunale di Sorveglianza aveva inizialmente respinto la richiesta di affidamento in prova?
Il Tribunale di Sorveglianza aveva respinto l’istanza perché il condannato risultava irreperibile e, secondo le informazioni di polizia, si trovava attualmente in territorio francese.
Quali sono le conseguenze per il ricorrente dopo la dichiarazione di inammissibilità?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 20662 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 20662 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 09/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 05/10/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di GENOVA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti;
Esaminati il ricorso e il provvedimento impugnato;
Rilevato che, con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Genova ha rigettato l’istanza presentata da NOME COGNOME (soggetto attualmente irreperibile e condannato, per il reato di atti persecutori commesso in danno della moglie, alla pena detentiva espianda pari ad anni uno e mesi sei) finalizzata a ottenere la concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale ex art. 47 legge 26 luglio 1975, n. 354;
Rilevato che l’AVV_NOTAIO, difensore del condannato, impugna tale provvedimento, dolendosi della sussistenza del vizio ex art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., per manifesta illogicità della motivazione, risultante dall’allegato certificato del casellario giudiziale, rappresentando come il condannato non sia mai stato, in realtà, irreperibile;
Ritenuto trattarsi di censure non consentite in sede di legittimità, in quanto costituite da mere doglianze versate in fatto. Dette critiche, altresì, sono pedissequamente riproduttive di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi – secondo un corretto argomentare giuridico, privo di spunti di illogicità e contraddittorietà – dal Tribunale di sorveglianza di Genova. Invero, nell’impugnato provvedimento si richiamano le informazioni di polizia acquisite in ordine al condannato, che attestano come il soggetto si trovi attualmente in territorio francese;
Rilevato che l’impugnazione, a fronte di tale motivazione, spende unicamente argomenti assertivi e apodittici, non atti a scalfire la tenuta logica dell’avversata ordinanza, sottolineando anche inesistenti vizi di contraddittorietà e illogicità;
Ritenuto che alla dichiarazione di inammissibilità debba conseguire, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost., sent. n. 186 del 2000), anche al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 9 maggio 2024.