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Ricorso inammissibile: doglianze di fatto in Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile, confermando la condanna di un imputato. I motivi del ricorso sono stati ritenuti mere doglianze di fatto sulla pena e le attenuanti, già correttamente valutate dalla corte d’appello, che aveva evidenziato la personalità negativa dell’imputato.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando le Lamentele sui Fatti non Bastano in Cassazione

Con l’ordinanza n. 1056 del 2024, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. La Corte ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello, sottolineando come le critiche mosse fossero semplici ‘doglianze di fatto’ e non vizi di legge. Analizziamo insieme questa pronuncia per comprendere i limiti del ricorso in Cassazione.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello di Milano. L’imputato aveva impugnato la decisione, lamentando principalmente due aspetti: l’eccessiva determinazione della pena base e il mancato riconoscimento della prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulla recidiva contestata. La Corte d’Appello aveva motivato la sua decisione sulla base di un giudizio negativo sulla personalità dell’imputato, definita ‘tracotante e non incline al rispetto delle regole’, anche alla luce di precedenti condanne. Tale valutazione scaturiva dalle modalità concrete del reato, che includevano minacce e un tentativo di contatto fisico nei confronti di un medico al quale l’imputato si era rivolto per ottenere prescrizioni sanitarie non dovute.

Il Ricorso Inammissibile in Cassazione

L’imputato ha proposto ricorso in Cassazione riproponendo, di fatto, le stesse argomentazioni già respinte in appello. La Suprema Corte, tuttavia, ha immediatamente rilevato la natura dei motivi, qualificandoli come non consentiti in sede di legittimità. Il ricorso si limitava a criticare la valutazione del giudice di merito, senza individuare specifici errori di diritto. Contestare la quantificazione della pena o il bilanciamento delle circostanze, quando il giudice ha fornito una motivazione logica e coerente, si traduce in una richiesta di nuova valutazione del fatto, attività preclusa alla Corte di Cassazione. Per questo motivo, il ricorso inammissibile è stato respinto in via preliminare.

La Decisione della Suprema Corte

La Corte di Cassazione, con una motivazione sintetica ma chiara, ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso. Ha evidenziato come i motivi fossero ‘costituiti da mere doglianze in punto di fatto’ e ‘riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi’. Di conseguenza, ha condannato il ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, una sanzione prevista proprio per scoraggiare la presentazione di ricorsi palesemente infondati.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda sulla netta distinzione tra il giudizio di merito e quello di legittimità. I giudici delle prime due istanze (Tribunale e Corte d’Appello) hanno il compito di ricostruire i fatti e valutare le prove. La Corte di Cassazione, invece, ha il compito di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva correttamente argomentato la sua decisione, collegando la severità del trattamento sanzionatorio alla personalità dell’imputato, desunta da comportamenti concreti e allarmanti. Il ricorrente, invece di denunciare un vizio di legge (es. un’errata interpretazione di una norma) o un vizio logico manifesto della motivazione, ha semplicemente offerto una diversa lettura del quadro fattuale. Questa operazione non è consentita in sede di legittimità, e ciò ha determinato l’inevitabile declaratoria di inammissibilità.

Le Conclusioni

Questa ordinanza è un importante monito sulla funzione e i limiti del ricorso per Cassazione. Non è sufficiente essere in disaccordo con la decisione di un giudice di merito per poter adire la Suprema Corte. È necessario individuare e argomentare specifici errori di diritto che inficiano la sentenza impugnata. Tentare di ottenere una terza valutazione dei fatti si traduce non solo in un ricorso inammissibile, ma anche in una condanna a sanzioni pecuniarie che aggravano la posizione del ricorrente. La decisione riafferma la necessità di un approccio tecnico e rigoroso nella redazione dei ricorsi, per evitare di intasare la giustizia con impugnazioni destinate a un sicuro fallimento.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati non erano consentiti dalla legge in sede di legittimità. Essi consistevano in mere doglianze sui fatti e riproponevano censure già correttamente esaminate e respinte dal giudice di merito.

Quali elementi ha considerato la corte per definire la personalità dell’imputato?
La corte ha basato il suo giudizio negativo sulla personalità dell’imputato sulle concrete modalità dei fatti, che esprimevano una ‘personalità tracotante, non incline a rispettare le regole, nonostante le precedenti condanne’. In particolare, ha considerato il ‘tentativo’ di contatto fisico e le minacce rivolte al medico.

Quali sono le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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