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Ricorso inammissibile: doglianze di fatto e droga

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8407/2024, ha dichiarato un ricorso inammissibile avverso una condanna per reati legati agli stupefacenti. I motivi dell’appello, incentrati sulla valutazione delle prove e sulla qualificazione giuridica del fatto, sono stati ritenuti manifestamente infondati e qualificati come mere doglianze di fatto, non sindacabili in sede di legittimità. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando le Doglianze di Fatto non Bastano

Il percorso verso la giustizia è scandito da regole precise, soprattutto quando si giunge all’ultimo grado di giudizio, la Corte di Cassazione. Un recente provvedimento, l’ordinanza n. 8407/2024, ci offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile possa essere la conseguenza di motivi non adeguatamente formulati. L’analisi di questo caso ci permette di comprendere la distinzione fondamentale tra questioni di diritto e questioni di fatto, un confine che determina il successo o il fallimento di un’impugnazione in sede di legittimità.

I Fatti del Caso

Un imputato, già condannato in primo grado e in appello per un reato previsto dall’art. 73, comma 4, del Testo Unico sugli stupefacenti (d.P.R. 309/1990), ha presentato ricorso per Cassazione. I motivi sollevati erano principalmente due:

1. Un presunto vizio di motivazione e un’erronea applicazione della legge penale che avrebbero dovuto condurre alla sua assoluzione.
2. La mancata riqualificazione del reato in un’ipotesi di minore gravità, quella prevista dal comma 5 dello stesso articolo 73, comunemente nota come “fatto di lieve entità”.

In sostanza, la difesa contestava sia la valutazione delle prove che aveva portato alla condanna, sia la qualificazione giuridica data ai fatti dalla Corte d’Appello.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. Questa decisione non entra nel merito delle questioni sollevate, ma si ferma a un gradino prima, valutando la stessa ammissibilità delle censure proposte. La Corte ha ritenuto che i motivi addotti dal ricorrente fossero manifestamente infondati e si traducessero in mere “doglianze in punto di fatto”.

Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione tipica per i ricorsi giudicati inammissibili.

Le Motivazioni: la ragione di un ricorso inammissibile

La chiave per comprendere la decisione risiede nella natura del giudizio di Cassazione. La Suprema Corte non è un “terzo grado di merito”; il suo compito non è rivalutare le prove o ricostruire i fatti, attività proprie dei giudici di primo e secondo grado. La Cassazione è un giudice di legittimità, il cui ruolo è verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata.

Nel caso specifico, i giudici hanno stabilito che le critiche del ricorrente non denunciavano un reale errore di diritto o un vizio logico manifesto nella motivazione della Corte d’Appello. Al contrario, si limitavano a proporre una lettura alternativa delle prove e una diversa interpretazione dei fatti. Questo tipo di argomentazione, che mira a ottenere una nuova valutazione del merito della vicenda, è precluso in sede di legittimità. La motivazione della sentenza d’appello è stata giudicata “immune dalle sollevate censure”, ovvero completa, logica e giuridicamente corretta, rendendo le critiche del ricorrente semplici contestazioni di fatto e, pertanto, inammissibili.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione: un ricorso deve essere fondato su precise questioni di diritto. Non è sufficiente essere in disaccordo con la decisione dei giudici di merito; è necessario individuare e argomentare specifici errori nell’applicazione delle norme giuridiche o vizi logici macroscopici nel ragionamento della sentenza. Proporre un ricorso inammissibile basato su contestazioni fattuali non solo è destinato all’insuccesso, ma comporta anche conseguenze economiche negative per il ricorrente, come la condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria. La lezione è chiara: la strategia difensiva in Cassazione richiede una profonda conoscenza dei limiti del giudizio di legittimità e la capacità di trasformare il dissenso sui fatti in una valida censura di diritto.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando non rispetta i requisiti previsti dalla legge. In questo caso specifico, ciò è avvenuto perché i motivi erano “manifestamente infondati” e consistevano in “mere doglianze in punto di fatto”, ovvero contestazioni sulla valutazione delle prove che non sono ammesse nel giudizio di legittimità.

Cosa significa che i motivi del ricorso sono “mere doglianze in punto di fatto”?
Significa che il ricorrente non ha evidenziato un errore nell’applicazione della legge o un vizio logico nella motivazione della sentenza, ma si è limitato a proporre una diversa interpretazione dei fatti e delle prove. La Corte di Cassazione non può riesaminare il merito della vicenda, ma solo la corretta applicazione del diritto.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
Oltre alla conferma della condanna, la dichiarazione di inammissibilità comporta per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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