Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 2908 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 2908 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CAMPOBASSO il 31/12/1956
avverso la sentenza del 22/02/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette:
la requisitoria scritta presentata ex art. 23, comma 8, decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, conv. con modif. dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 – dal Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso;
le conclusioni scritte, presentate ai sensi della stessa norma, dall’avvocato NOME COGNOME che, nell’interesse della parte civile, ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso e condannare l’imputato alla rifusione delle spese (come da nota);
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RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 22 febbraio 2024 la Corte di appello di Napoli, all’esito del gravame interposto da NOME COGNOME ne ha confermato la condanna, resa dal Tribunale di Avellino con pronuncia del 10 marzo 2022, per il delitto di diffamazione (art. 595, comma 3, cod. pen.) – commesso in pregiudizio di NOME COGNOME – anche con riguardo alle statuizioni civili in favore di quest’ultimo.
Avverso la sentenza di appello il difensore dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione, articolando quattro motivi (di seguito esposti nei limiti di cui all’art. 17 comma 1, d. att. cod. proc. pen.).
2.1. Con il primo motivo è stata prospettata la violazione dell’art. 120 cod. pen., in quanto lo COGNOME si sarebbe attribuito il ruolo di destinatario delle espressioni imputazione, nonostante egli non potesse ricoprire (in quanto avvocato) e non ricoprisse (come chiarito dall’istruttoria dibattimentale) l’ufficio di Capo dei Vigili del Comune d Campobasso e di ufficiale di polizia giudiziaria (tanto che non è stata elevata alcuna imputazione nei confronti del giornale sul quale ha avuto luogo la pubblicazione) e, dunque, non fosse il soggetto identificato (o identificabile) cui esse si riferivano. Con la conseguenza che l’azione penale deve essere dichiarata improcedibile per mancanza di querela.
2.2. Con il secondo motivo è stata prospettata la violazione degli art. 21 Cost., 595 e 51 cod. pen, e 10 Convenzione E.D.U., in ragione dell’esclusione nella specie dell’esercizio del diritto di critica (dovendosi contestualizzare le espressioni «nella grave crisi in cui versava da anni il Corpo di Vigili Urbani») e di cronaca (atteso che lo scritto «riportava fatti e circostanze vere come hanno riferito tutti i testi a discarico»).
2.3. Con il terzo motivo sono stati denunciati la violazione dell’art. 192 cod. proc. pen. e l’omessa motivazione, rappresentando che la prospettazione accusatoria sarebbe stata provata solo sulla scorta delle dichiarazioni dello COGNOME – persona offesa costituitosi parte civile – che si è ritenuto destinatario delle frasi in imputazio (quantunque non sia mai stato menzionato) e si sia – come già esposto – attribuito la qualità di Capo dei Vigili urbani e di ufficiale di polizia giudiziaria; e ciò quantunque egl sia stato smentito dai tre agenti di polizia giudiziaria addotti come testi dalla difesa (che hanno pure indicato chi fosse il destinatario delle frasi), la cui deposizione non è stata ritenuta inattendibile dai Giudici di merito che, dunque, avrebbero reso una motivazione viziata.
2.4. Con il quarto motivo è stata prospettata l’«omessa motivazione», assumendo che il giudice, allorché si procede per diffamazione, «ha l’obbligo di motivare, con la massima precisione, le frasi che offendono la reputazione di una data persona»; e «dalla lettura del capo di imputazione, contenente frasi riconducibili a COGNOME, peraltro estrapolate da un lunghissimo articolo, non è dato rilevare quali affermazioni abbiano leso l’onore ed il decoro della presunta vittima».
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CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
I motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente, sono del tutto privi di specificità.
Quanto al primo motivo, questa Corte ha già chiarito che, «in tema di diffamazione a mezzo stampa, l’individuazione del soggetto passivo deve avvenire attraverso gli elementi della fattispecie concreta, quali la natura e portata dell’offesa, le circostanze narrate, oggettive e soggettive, i riferimenti personali e temporali e simili, i qua devono, unitamente agli altri elementi che la vicenda offre, essere valutati complessivamente, così che possa desumersi, con ragionevole certezza, l’inequivoca individuazione dell’offeso, sia in via processuale che come fatto preprocessuale, cioè come piena e immediata consapevolezza dell’identità del destinatario che abbia avuto chiunque abbia letto l’articolo diffamatorio» (Sez. 5, n. 33442 del 08/07/2008, COGNOME, Rv. 241548 – 01; Sez. 5, n. 15643 del 11/03/2005, COGNOME, Rv. 232135 – 01; cfr. pure Sez. 5, n. 8208 del 10/01/2022, COGNOME, Rv. 282899 – 01). Le censure difensive sono del tutto assertive, sia nella parte in cui rimandano all’istruttoria dibattimentale, sia nella parte in cui fanno leva sull’incompatibilità dello COGNOME ricoprire l’ufficio in discorso, profilo in ordine al quale l’impugnazione non si confronta con la motivazione (Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584 – 01) che, proprio in ragione dell’incompatibilità affermata nello scritto redatto dal ricorrente, ha individuato nel querelante la persona offesa (pur dando conto delle prove contrarie addotte dalla difesa).
Anche il secondo motivo adduce che il fatto sarebbe scriminato per l’esercizio del su diritto di critica e di cronaca sulla scorta di assunti apodittici, ossia senza alcuna effettiva argomentazione; dunque, esso non può rappresentare una compiuta critica alla motivazione spesa dalla Corte territoriale, secondo cui la persona offesa è stata destinataria (tramite lo scritto) di una mera denigrazione senza indicare alcun elemento di fatto a sostegno, ossia di una «gratuita ed immotivata aggressione dell’altrui reputazione» (Sez. 5, n. 17243 del 19/02/2020, COGNOME, Rv. 279133 – 01; cfr. pure Sez. 5, n. 15089 del 29/11/2019 – dep. 2020, COGNOME Rv. 279084 – 01; Sez. 5, n. 4938 del 28/10/2010 – dep. 2011, COGNOME, Rv. 249239 – 01).
Parimenti, il terzo motivo prospetta un’alternativa ricostruzione del fatto (segnatamente, sub specie dell’individuazione del soggetto cui si riferiva lo scritto) in termini del tutto assertivi senza neppure addure un travisamento della prova (Sez. 2, n. 46288 del 28/06/2016, COGNOME, Rv. 268360 – 01).
È, infine, patentemente generico il quarto motivo, che ha assunto l’«omessa motivazione» senza articolare compiute censure di legittimità alla pronuncia impugnata.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa
delle ammende, atteso che l’evidente inammissibilità dell’impugnazione impone di attribuirgli profili di colpa (cfr. Corte cost., sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, 30247 del 26/01/2016, COGNOME, Rv. 267585 – 01).
L’imputato deve essere, altresì, condannato alla rifusione delle spese del presente giudizio in favore della parte civile che appare equo determinare in complessivi euro 2. 000,00, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile che liquida in complessivi euro 2000,00, oltre accessori di legge
Così deciso il 23/10/2024.