Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 39384 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 39384 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/09/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
La Corte d’appello di Roma, con la pronuncia di cui in epigrafe, ha confermato la condanna di NOME COGNOME per fattispecie di cui all’art. 73, commi 1 e 4, d.P.R. n. 309 del 1990. È stato proposto ricorso per l’imputato fondato su due motivi. Si deducono la mancanza di motivazione in merito alla ritenuta detenzione dello stupefacente per uso non esclusivamente personale (primo motivo) nonché violazione di legge e mancanza di motivazione in merito alla mancata riqualificazione nella fattispecie di cui al comma quinto del citato art. 73 (secondo motivo); riqualificazione a cui i giudici di merito sarebbero dovuti pervenire all’esito di una corretta valutazione degli elementi probatori.
Il ricorso è inammissibile per plurime ragioni.
In primo luogo, come emerge dal raffronto con i motivi d’appello (esplicitati a pag. 6 della sentenza impugnata), è fondato esclusivamente su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte territoriale (pag. 7 e ss.), dovendosi quindi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (ex plurimis: tra le più recenti, Sez. 4, n. 30040 del 23/05/2024, COGNOME, in motivazione; Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutartour, Rv. 277710 – 01).
Le censure, delle quali, comunque, la prima si prospetta come «non motivo» in quanto sostanzialmente non articolata esaurendosi nella mera rubrica, oltre che volte a sostituire proprie valutazioni di merito a quelle del giudice (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione si veda, ex plurimis, Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, NOME, Rv. 254584 – 01) non colgono la ratio sottesa alla decisione (per l’inammissibilità del motivo di ricorso che non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso, ex plurimis: Sez. 4, n. 30040 del 23/05/2024, COGNOME, cit., tra le più recenti; Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, NOME, Rv. 244584 – 01).
Orbene, la Corte territoriale, nel confermare la sentenza di primo grado, ha dato corso a una complessiva valutazione dei termini di fatto della vicenda in esame, in conformità agli stessi indirizzi giurisprudenziali sostanzialmente evocati dal ricorrente, giungendo a escludere l’uso esclusivamente personale oltre che la «lieve entità» della lesione del bene giuridico protetto. Il giudice di secondo grado, all’esito di valutazioni di merito non sindacabili in questa sede in quanto supportate da motivazione coerente e non manifestamente illogiche, ha in particolare posto a fondamento della decisione la condotta dell’imputata, collocandola in una «valutazione globale del fatto» tale da considerare, oltre alla mancanza di elementi probatori a supporto della solo asserita qualità di assuntore di stupefacente da parte dell’imputata, mezzi, modalità e circostanze dell’azione nonché quantità e qualità della sostanza stupefacente. È stato difatti argomentato dalle diverse tipologie di stupefacente in sequestro (metanfetamina e hashish), dall’apprezzabile entità del dato ponderale della sostanza, con principi attivi tali da consentire di ricavare circa 530 dosi totali (318 di hashish e 214 di metanfetamina), ritenuta non reperibile dalla prevenuta facendo ricorso alle sole proprie risorse economiche. Gli elementi di cui innanzi sono stati poi letti alla luce delle modalità di detenzione dello stupefacente, in parte nella propria abitazione e in parte (2,7 g di metanfetamina) sulla propria persona e rinvenuto, insieme a 955.,00 euro in contenti, all’esito di perquisizione personale dell’imputata ma eseguita nell’abitazione di altro soggetto. Ne consegue altresì
che, i rilievi, le deduzioni e le doglianze espressi dal ricorrente, anche la dedotti sotto la prospettazione di violazioni di legge o di vizi motivaziona sviluppano tutti nell’orbita delle censure di merito, con le quali, peraltro valutazione atomistica delle accertate circostanze fattuali, si mira a sostit quella del giudicante la propria valutazione degli elementi probatori, conseguente inammissibilità del ricorso ai sensi dell’art. 606, comma 3, co proc. pen. in quanto deducente motivo diverso da quelli prospettabili in sede legittimità, articolandosi in mere doglianze in fatto (sul contenuto essenz dell’atto d’impugnazione si veda, ex plurimis, Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, NOME, Rv. 254584 – 01).
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente pagamento delle spese processuali nonché della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, ex art. 616 cod. proc. pen., che si ritiene eq valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibi emergenti dal ricorso nei termini innanzi evidenziati (Corte cost. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del ammende.
Così deciso il 17 settembre 2024
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