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Ricorso inammissibile: detenzione di stupefacenti

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile per detenzione di stupefacenti. L’impugnazione è stata rigettata perché i motivi erano una mera ripetizione di quelli già respinti in appello, senza una critica specifica alla sentenza. La Corte ha confermato la valutazione dei giudici di merito che escludeva l’uso personale e la lieve entità del fatto sulla base della quantità e varietà della droga, e del denaro contante rinvenuto.

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Pubblicato il 27 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile per stupefacenti: la Cassazione ribadisce i limiti dell’impugnazione

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato il tema del ricorso inammissibile in materia di detenzione di stupefacenti, offrendo importanti chiarimenti sui requisiti di specificità che un’impugnazione deve possedere per superare il vaglio di legittimità. Il caso analizzato riguarda una condanna per detenzione ai fini di spaccio, confermata in appello e giunta al vaglio della Suprema Corte con motivi ritenuti una mera riproposizione di argomenti già esaminati e respinti.

I Fatti del Caso

L’imputata era stata condannata in primo e secondo grado per il reato di cui all’art. 73, commi 1 e 4, del d.P.R. 309/1990, per la detenzione di sostanze stupefacenti. La difesa aveva proposto ricorso per Cassazione, lamentando due vizi principali: la mancanza di motivazione sulla destinazione della droga, che a suo dire era per uso esclusivamente personale, e la mancata riqualificazione del fatto nell’ipotesi di ‘lieve entità’ prevista dal comma 5 dello stesso articolo.

La Corte d’Appello aveva invece confermato la condanna basandosi su una valutazione complessiva degli elementi emersi, tra cui:

* La diversità delle sostanze sequestrate (metanfetamina e hashish).
* L’ingente quantitativo, sufficiente per ricavare circa 530 dosi totali.
* Il rinvenimento di una cospicua somma di denaro (955 euro) durante una perquisizione.
* Le modalità di detenzione, con la droga trovata in parte nell’abitazione e in parte sulla persona dell’imputata.

La Decisione della Corte di Cassazione: un ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per diverse ragioni di natura prettamente processuale. I giudici di legittimità hanno osservato come i motivi proposti non fossero altro che una ‘pedissequa reiterazione’ di quelli già presentati e puntualmente disattesi dalla Corte d’Appello. Questo approccio rende il ricorso non specifico, poiché non si confronta criticamente con la motivazione della sentenza impugnata, ma si limita a riproporre le stesse tesi difensive.

Secondo la Corte, un ricorso di questo tipo è solo ‘apparente’ e non assolve alla funzione di critica argomentata che la legge richiede. Di conseguenza, non riesce a scalfire la logicità e coerenza della decisione di secondo grado.

Le Motivazioni della Decisione

La Suprema Corte ha evidenziato come le censure della difesa fossero in realtà censure di merito, volte a ottenere una nuova e diversa valutazione delle prove, attività preclusa nel giudizio di legittimità. La Corte d’Appello, infatti, aveva fornito una motivazione logica e coerente, fondando la sua decisione su una ‘valutazione globale del fatto’.

I giudici di merito avevano correttamente escluso sia l’uso personale sia la ‘lieve entità’ considerando una pluralità di indici: la varietà delle droghe, l’elevato numero di dosi ricavabili, la disponibilità di una somma di denaro ritenuta non giustificabile con le risorse economiche dell’imputata e le particolari modalità di detenzione. Di fronte a una motivazione così strutturata, il ricorso si è limitato a una critica generica e atomistica dei singoli elementi, senza intaccare la coerenza complessiva del ragionamento dei giudici di merito.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del processo penale: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare i fatti. Per essere ammissibile, l’impugnazione deve individuare vizi specifici nella motivazione della sentenza precedente (come illogicità manifeste o violazioni di legge) e non può limitarsi a riproporre le stesse argomentazioni già respinte. La dichiarazione di ricorso inammissibile comporta non solo la definitività della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come monito contro l’abuso dello strumento processuale.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile per genericità dei motivi?
Un ricorso è dichiarato inammissibile quando si limita a ripetere pedissequamente i motivi già presentati e respinti in appello, senza sviluppare una critica argomentata e specifica contro la motivazione della sentenza impugnata. In pratica, quando non contesta la logica della decisione ma chiede solo una diversa valutazione dei fatti.

Quali elementi vengono considerati per escludere l’uso esclusivamente personale di stupefacenti?
Per escludere l’uso personale, i giudici valutano una serie di elementi nel loro complesso (valutazione globale del fatto), tra cui: la quantità e la qualità della sostanza, la varietà delle droghe detenute, le modalità di detenzione (es. suddivisione in dosi), il rinvenimento di strumenti per il confezionamento o la pesatura, e la disponibilità di somme di denaro non giustificate.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità rende definitiva la sentenza di condanna impugnata. Inoltre, comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, ritenuta equa, in favore della Cassa delle ammende, a causa della colpa nell’aver proposto un’impugnazione priva dei requisiti di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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