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Ricorso inammissibile DASPO: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8176/2024, ha dichiarato il ricorso inammissibile di un uomo condannato per la violazione di un DASPO urbano. La Corte ha ribadito che la sola presenza nell’area vietata integra il reato e che non è possibile introdurre nuovi motivi di ricorso in sede di legittimità. La decisione sottolinea le gravi conseguenze economiche di un ricorso inammissibile, inclusa la condanna al pagamento di una somma alla Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile e DASPO Urbano: Analisi della Cassazione 8176/2024

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8176 del 2024, ha affrontato un caso di violazione del cosiddetto DASPO urbano, dichiarando il ricorso inammissibile e confermando la condanna dell’imputato. Questa decisione offre importanti spunti di riflessione sia sulla natura del reato di violazione del divieto di accesso alle aree urbane, sia sui requisiti formali necessari per un’efficace impugnazione in sede di legittimità.

I Fatti del Caso

Un individuo era stato condannato in primo e secondo grado a otto mesi di reclusione per aver violato un provvedimento di DASPO urbano. Nello specifico, gli era stato imposto il divieto di accedere per 12 mesi a una determinata piazza di una città siciliana. Nonostante il divieto, l’uomo era stato trovato all’interno dell’area interdetta.

Contro la sentenza della Corte d’Appello, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando un vizio di motivazione e una violazione di legge. Sosteneva, in sintesi, che non era stata provata la sua intenzione di svolgere l’attività di parcheggiatore abusivo, ma solo la sua mera presenza nell’area. Inoltre, sollevava per la prima volta la questione della mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile su tutta la linea. Di conseguenza, la condanna a otto mesi di reclusione è diventata definitiva. Oltre a ciò, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende.

Le Motivazioni sul Ricorso Inammissibile

L’ordinanza si sofferma su due profili principali che hanno portato alla declaratoria di inammissibilità.

Genericità dei Motivi e Irrilevanza dell’Attività Svolta

Il primo motivo di ricorso inammissibile riguardava la presunta mancanza di prova dell’attività di parcheggiatore abusivo. La Cassazione ha ritenuto tale censura infondata e generica. I giudici hanno chiarito un principio fondamentale: per la configurazione del reato di violazione del DASPO urbano, è sufficiente la mera presenza del soggetto nell’area vietata. È del tutto irrilevante che la persona stia o meno svolgendo l’attività per cui il DASPO era stato emesso. Il bene giuridico tutelato è l’ordine pubblico e il rispetto del provvedimento dell’autorità. L’imputato, non confrontandosi con questa chiara argomentazione della Corte d’Appello, ha proposto un motivo di ricorso generico e quindi inammissibile.

Tardività del Motivo sulle Circostanze Attenuanti

Il secondo motivo, relativo alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, è stato dichiarato tardivo. La Corte ha osservato che questa specifica doglianza non era stata sollevata nel precedente atto di appello. Secondo un principio consolidato, non è possibile introdurre per la prima volta in sede di legittimità questioni che non sono state devolute al giudice del gravame precedente. Un motivo di ricorso proposto per la prima volta in Cassazione è, per definizione, tardivo e come tale deve essere dichiarato inammissibile.

Le Conclusioni

La decisione in esame ribadisce due concetti di notevole importanza pratica. In primo luogo, la violazione di un DASPO urbano è un reato di pericolo che si perfeziona con la semplice trasgressione del divieto di accesso, senza che sia necessario dimostrare la commissione di ulteriori illeciti. In secondo luogo, evidenzia il rigore con cui la Corte di Cassazione valuta i requisiti di ammissibilità dei ricorsi: i motivi devono essere specifici, pertinenti e non possono essere presentati per la prima volta in sede di legittimità. La declaratoria di un ricorso inammissibile non solo rende definitiva la condanna, ma comporta anche significative conseguenze economiche per il ricorrente, un aspetto da non sottovalutare prima di intraprendere un’impugnazione.

Per integrare il reato di violazione del DASPO urbano, è necessario che la persona stia compiendo un’attività illecita nell’area vietata?
No. Secondo la Corte di Cassazione, per la configurazione del reato è sufficiente la mera presenza fisica della persona nell’area interdetta dal provvedimento, a prescindere dallo svolgimento di qualsiasi attività, lecita o illecita.

È possibile introdurre un nuovo motivo di ricorso per la prima volta in Cassazione?
No. Il provvedimento chiarisce che un motivo di ricorso non sollevato nel precedente grado di giudizio (in questo caso, l’appello) non può essere proposto per la prima volta in Cassazione, in quanto risulterebbe tardivo e, di conseguenza, inammissibile.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in 3.000,00 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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