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Ricorso inammissibile: critiche di merito respinte

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile perché le doglianze sollevate non rappresentavano vizi di legittimità, ma mere critiche alla valutazione dei fatti compiuta dal giudice di merito. La Suprema Corte ha ritenuto la motivazione della sentenza d’appello, seppur sintetica, pienamente sufficiente e priva di illogicità, confermando la condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: quando la Cassazione non riesamina i fatti

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come la Corte di Cassazione gestisce i ricorsi, sottolineando la distinzione fondamentale tra un controllo di legittimità e un riesame del merito. Il caso in questione riguarda un ricorso inammissibile presentato contro una sentenza della Corte d’Appello di Milano, e la decisione della Suprema Corte ribadisce principi procedurali cruciali per chiunque si approcci al terzo grado di giudizio.

La Vicenda Processuale

Un imputato veniva condannato dalla Corte d’Appello di Milano. Contro questa decisione, proponeva ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico motivo: un presunto vizio di motivazione della sentenza impugnata. In particolare, il ricorrente contestava sia l’affermazione della sua responsabilità penale sia la qualificazione giuridica dei reati a lui ascritti. Sosteneva, inoltre, che una delle accuse avrebbe dovuto essere considerata assorbita in un’altra.

La difesa cercava di presentare ipotesi alternative sulla ricostruzione dei fatti, criticando di fatto la discrezionalità valutativa esercitata dal giudice di secondo grado.

La Decisione e il Principio del Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte, con l’ordinanza del 14 gennaio 2025, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La ragione di tale decisione risiede nella natura stessa delle doglianze presentate. I giudici hanno chiarito che le argomentazioni del ricorrente non denunciavano un vero vizio di legittimità – come una motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica – ma si traducevano in semplici “critiche di merito”.

In altre parole, il ricorrente non stava contestando un errore di diritto commesso dalla Corte d’Appello, ma la sua interpretazione delle prove e la sua ricostruzione della vicenda. Questo tipo di valutazione è precluso alla Corte di Cassazione, il cui compito è assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, non di fungere da terzo grado di giudizio sul fatto.

Le Motivazioni della Suprema Corte

Nelle motivazioni, la Corte ha specificato che la sentenza d’appello, sebbene sintetica, era presente e non manifestava alcuna contraddizione o illogicità evidente (ictu oculi). Data l’estrema semplicità del caso, non vi era spazio per interpretazioni alternative a quella fornita dai giudici di merito.

Inoltre, per quanto riguarda la questione dell’assorbimento di un reato in un altro, la Corte ha ritenuto che tale argomento fosse stato implicitamente respinto. La condanna per tutti i reati contestati e la specifica motivazione, che evidenziava come la minaccia fosse stata integrata proprio dalla falsa attribuzione della qualità di operatore di polizia, rendevano chiara la volontà dei giudici di considerare i reati come autonomi.

Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile. Come previsto dalla legge in questi casi, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Conclusioni

Questa ordinanza è un monito importante sui limiti del ricorso per Cassazione. Non è una sede in cui si possono riproporre le stesse argomentazioni fattuali già valutate nei primi due gradi di giudizio. Per avere successo, un ricorso deve evidenziare un errore di diritto o un vizio logico-giuridico grave e palese nella motivazione della sentenza impugnata. Tentare di ottenere una nuova valutazione del merito si traduce, come in questo caso, in una dichiarazione di ricorso inammissibile e in ulteriori costi per il ricorrente.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando, invece di denunciare vizi di legittimità (come l’errata applicazione della legge o una motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica), si limita a formulare critiche sulla valutazione dei fatti e delle prove effettuata dal giudice di merito.

È possibile contestare la valutazione dei fatti compiuta da un giudice d’appello ricorrendo in Cassazione?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione è giudice di legittimità, non di merito. Pertanto, non può riesaminare i fatti del processo o sostituire la propria valutazione delle prove a quella del giudice dei gradi precedenti, a meno che la motivazione di quest’ultimo non sia viziata da palesi illogicità o contraddizioni.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma pecuniaria, stabilita dal giudice, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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