Ricorso Inammissibile: Quando il Silenzio dell’Imputato Costa Caro
Presentare un’impugnazione in un processo penale richiede precisione e argomentazioni solide. Un ricorso inammissibile è la conseguenza diretta di un atto che manca di specificità, trasformando un tentativo di difesa in una conferma della condanna con l’aggiunta di ulteriori spese. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione illustra perfettamente questo principio in un caso di ricettazione.
I Fatti del Caso: Il Possesso Ingiustificato del Cavo di Rame
Il caso ha origine dalla condanna di un individuo da parte della Corte d’Appello per il reato di ricettazione. L’imputato era stato trovato in possesso di un cavo di rame, ma non era stato in grado di fornire alcuna spiegazione plausibile riguardo alla sua provenienza. Le modalità di custodia e la natura stessa del bene hanno indotto i giudici a ritenerlo di origine furtiva. Insoddisfatto della sentenza di secondo grado, l’imputato ha deciso di proporre ricorso per Cassazione, contestando la mancanza di prova sugli elementi oggettivi del reato presupposto, ovvero il furto del cavo.
La Decisione della Corte: un Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha rapidamente liquidato, dichiarandolo inammissibile. La decisione si fonda su un punto cruciale: la totale mancanza di specificità dei motivi addotti dal ricorrente. Secondo i giudici supremi, l’appello non era altro che una contestazione generica e astratta, priva di un reale confronto con le argomentazioni logiche e giuridiche ben articolate nella sentenza impugnata.
Le Motivazioni: la Genericità e la Mancata Spiegazione
La Corte ha evidenziato due ragioni principali per la sua decisione. In primo luogo, il motivo del ricorso era privo di “concreta specificità”. L’imputato si era limitato a contestare la prova del furto originario, senza però affrontare nel dettaglio le ragioni esposte dalla Corte d’Appello. Quest’ultima, infatti, aveva basato il proprio convincimento su elementi chiari: le circostanze del ritrovamento e, soprattutto, il silenzio dell’imputato.
In secondo luogo, e questo è l’elemento centrale, la giurisprudenza consolidata afferma che la mancata fornitura di una spiegazione attendibile sulla provenienza di un bene costituisce un elemento di prova significativo a carico di chi lo possiede. L’imputato, non avendo giustificato in alcun modo il possesso del cavo di rame, ha di fatto rafforzato la tesi accusatoria. I giudici del merito avevano correttamente valorizzato questa omissione, considerandola un indizio grave della consapevolezza dell’origine illecita del bene. Il ricorso, non riuscendo a scalfire questa logica, è risultato debole e, in ultima analisi, inammissibile.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Le conseguenze per il ricorrente sono state immediate e concrete. La dichiarazione di inammissibilità ha comportato non solo la conferma definitiva della condanna, ma anche l’obbligo di pagare le spese processuali e versare una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale del diritto processuale penale: un’impugnazione non può essere una mera ripetizione di lamentele generiche. Deve essere un atto tecnico, puntuale e specifico, capace di dialogare criticamente con la sentenza che si intende contestare. In assenza di tali requisiti, il rischio di un ricorso inammissibile, con le relative conseguenze economiche, è estremamente elevato.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto privo di concreta specificità. Mancava una correlazione tra le ragioni complesse esposte nella sentenza impugnata e i motivi posti a fondamento dell’impugnazione, risultando quindi generico.
Cosa ha significato il silenzio dell’imputato sulla provenienza del bene?
Il fatto che l’imputato non abbia fornito alcuna spiegazione sull’origine del cavo di rame in suo possesso è stato un elemento valorizzato dai giudici. Questa omissione, unita alle circostanze del ritrovamento, ha rafforzato la presunzione che il bene avesse una provenienza furtiva e che l’imputato ne fosse a conoscenza.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9388 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9388 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/03/2023 della CORTE APPELLO di POTENZA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, in punto di prova degli elementi oggettivi del reato presupposto del delitto di ricettazione, è privo di concreta specificità considerato che l’imputato non ha reso spiegazioni in ordine alla provenienza del cavo di rame detenuto e che le modalità della custodia e le caratteristiche del bene inducono a ritenere che si tratti di bene di provenienza furtiva;
che i giudici del merito hanno ampiamente esplicitato, con corretti argomenti logici e giuridici (Sez. 1, n. 46419 del 18/09/2019, COGNOME, Rv. 277334; Sez. 2, n. 29685 del 05/07/2011, COGNOME, Rv. 251028), le ragioni del loro convincimento (si vedano, in particolare, pagg. 3 – 5) e la sentenza risulta rispettosa dei principi affermati in materia dalla giurisprudenza avendo valorizzato anche la mancanza di indicazioni da parte dell’imputato, in merito alla provenienza del cavo nella sua disponibilità;
che, invero, la mancanza di specificità del motivo deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra la complessità delle ragioni argomentate nella decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 6 febbraio 2024.