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Ricorso inammissibile contro misura cautelare

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per associazione per delinquere e riciclaggio, aggravati dall’agevolazione mafiosa. La Corte ha stabilito che l’appello era una mera riproposizione di questioni di fatto già adeguatamente valutate dal Tribunale del Riesame, ribadendo che il giudizio di legittimità non può trasformarsi in una nuova valutazione del merito.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione non riesamina il merito

La recente sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Penale, offre un’importante lezione sui limiti del ricorso in sede di legittimità, specialmente in materia di misure cautelari. Il caso in esame ha portato alla dichiarazione di un ricorso inammissibile, poiché l’imputato ha tentato di ottenere una nuova valutazione dei fatti, un’attività preclusa alla Suprema Corte. Questo provvedimento chiarisce la distinzione fondamentale tra giudizio di merito e giudizio di legittimità.

I Fatti del Caso: La Contestazione della Misura Cautelare

Un soggetto, indagato per gravi reati quali associazione per delinquere e riciclaggio, entrambi aggravati dall’agevolazione mafiosa, si è visto applicare la misura della custodia cautelare in carcere. Il Tribunale di Roma, in sede di riesame, aveva confermato la decisione del G.i.p., ritenendo sussistenti sia i gravi indizi di colpevolezza sia le esigenze cautelari.

L’indagato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso per cassazione, contestando l’ordinanza del Tribunale del Riesame su diversi fronti.

I Motivi del Ricorso: Una Difesa a Tutto Tondo

La difesa ha articolato il ricorso su tre punti principali:

1. Violazione di legge e vizio di motivazione sulla colpevolezza: Si lamentava che le prove a carico dell’indagato provenissero esclusivamente da intercettazioni tra terzi, prive di riscontri diretti, e che le dichiarazioni rese in sede di interrogatorio non fossero state adeguatamente considerate.
2. Insussistenza dell’aggravante mafiosa: Si sosteneva la mancanza di prove circa la conoscenza diretta, da parte dell’indagato, dei presunti referenti di un noto clan mafioso e del loro ruolo.
3. Mancanza di esigenze cautelari: Si evidenziava che l’indagato era già detenuto da anni per altri fatti, che le condotte contestate erano risalenti nel tempo e quindi prive del requisito dell’attualità. Inoltre, si denunciava una disparità di trattamento rispetto ad altri co-indagati, ai quali erano stati concessi gli arresti domiciliari.

La Decisione della Cassazione: Il Principio del Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha rigettato completamente le argomentazioni difensive, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine del nostro sistema processuale: la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito non è rivalutare le prove o sostituire la propria interpretazione dei fatti a quella dei giudici dei gradi precedenti, ma verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione del provvedimento impugnato sia logica e non contraddittoria.

Nel caso di specie, i giudici hanno rilevato che i motivi del ricorso non denunciavano reali violazioni di legge o palesi illogicità, ma si limitavano a riproporre le stesse questioni di fatto già esaminate e respinte dal Tribunale del Riesame. In pratica, la difesa chiedeva alla Cassazione di fare ciò che non può fare: un terzo grado di giudizio sul merito della vicenda.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che la motivazione del Tribunale del Riesame era puntuale, completa ed esaustiva su tutti i temi cruciali: la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, la fondatezza dell’aggravante mafiosa e la concretezza delle esigenze cautelari, inclusa la loro attualità. Il Tribunale aveva tenuto in debita considerazione tutti gli elementi presentati dalla difesa (dichiarazioni dell’indagato, assenza di intercettazioni dirette, etc.), ma li aveva ritenuti non sufficienti a scalfire il quadro accusatorio.

La Cassazione ha sottolineato che criticare una decisione proponendo una “lettura alternativa” degli elementi processuali non costituisce un valido motivo di ricorso. Quando la motivazione del giudice di merito è adeguata e logicamente coerente, come nel caso esaminato, non è possibile censurarla in sede di legittimità. Di conseguenza, il tentativo di far valere una diversa valutazione delle circostanze è stato giudicato manifestamente infondato e reiterativo, portando alla declaratoria di ricorso inammissibile.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un’importante lezione per la pratica legale: un ricorso per cassazione, soprattutto in materia di misure cautelari, deve essere calibrato con estrema precisione. Non è sufficiente essere in disaccordo con la decisione del giudice di merito. È necessario individuare e argomentare specifiche violazioni di norme di legge o vizi logici manifesti e decisivi nella motivazione. Proporre censure che si risolvono in una diversa valutazione dei fatti equivale a presentare un ricorso inammissibile, con la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Quando un ricorso per cassazione contro una misura cautelare viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando non denuncia specifiche violazioni di legge o una manifesta illogicità della motivazione, ma si limita a proporre una diversa valutazione delle circostanze e delle prove già esaminate dal giudice di merito.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione delle prove fatta dal Tribunale del Riesame?
No, la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità e non può riesaminare il merito dei fatti o sostituire la propria valutazione delle prove a quella dei giudici precedenti, a meno che la motivazione di questi ultimi non sia manifestamente illogica, contraddittoria o del tutto assente.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, qualora si ravvisino profili di colpa, al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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