Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 44724 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 44724 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato il 08/11/1961 a ROMA avverso l’ordinanza in data 23/07/2024 del TRIBUNALE DI ROMA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentita la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOMEche ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; la difesa, nonostante la richiesta di trattazione orale, non è comparsa.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
COGNOME NOME, per il tramite del proprio difensore, impugna l’ordinanza in data 23/07/2024 del Tribunale di Roma che, in sede di riesame, ha confermato l’ordinanza in data 20/06/2024 del G.i.p. dello stesso Tribunale di Roma, che aveva disposto l’applicazione della misura cautelare della custodia in carcere in relazione al reato di associazione per delinquere (capo 37) e di riciclaggio (capo 38), entrambi aggravati dall’agevolazione mafiosa.
Deduce:
Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.
Con il primo motivo d’impugnazione, in relazione al capo 37), il ricorrente, dopo avere illustrato i contenuti dei fatti contestati all’indagato, si duole della manca considerazione delle prospettazioni difensive esposte nella memoria depositata per l’udienza del 23/07/2024. Assume che il tribunale è giunto financo ad attribuire a COGNOME un ruolo che va ben oltre la condotta contestata nel capo d’imputazione.
Aggiunge che l’indagato non è mai stato intercettato e gli elementi a suo carico provengono dai contenuti di intercettazioni tra soggetti terzi, peraltro privi di riscontr così che la motivazione risulta carente, anche per la mancata valorizzazione delle dichiarazioni rese da COGNOME in sede d’interrogatorio di garanzia.
In relazione al capo 38), si denuncia il vizio di motivazione quanto alla condotta realizzata dall’indagato, atteso che il tribunale si è limitato a esporre argomentazioni prive di riscontro.
Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen..
A tale proposito, il ricorrente assume che l’assenza di elementi obiettivi di riscontro circa la condotta realizzata da COGNOME, l’insussistenza di contatti diretti con i personagg interessati nonché la mancanza di intercettazioni che lo vedevano quale interlocutore, avrebbero dovuto portare il tribunale a escludere l’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen..
Aggiunge che non risulta dimostrato che COGNOME conoscesse personalmente COGNOME e che lo stesso fosse referente della famiglia COGNOME.
Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla sussistenza di esigenze cautelari.
Il ricorrente si duole del fatto che, anche sotto tale profilo, il tribunale non h valutato tutto quanto sottolineato nei motivi d’impugnazione, non considerando che COGNOME era stato ininterrottamente detenuto dal 28/11/2019, che la figura di COGNOME compare solo nel 2019, che la condotta delittuosa che lo portava alla carcerazione risaliva al maggio 2018, così emergendo che al momento dell’arresto tutte le condotte delittuose e,(pio cessate, con la conseguente mancanza del requisito dell’attualità.
Si duole, altresì, dell’omessa motivazione quanto alla disparità di trattamento rispetto ad altri co-indagati che, pur in analoga posizione, era stati avviati agli arres domiciliari.
Aggiunge che la misura domiciliare non può essere esclusa per la saltuarietà dei controlli, non essendo dirimente il fatto che l’indagato avesse contattato COGNOME agli arresti domiciliari, in quanto COGNOME in quell’occasione era libero e non era a conoscenza dei limiti imposti a COGNOME.
Tanto premesso, il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato e perché reiterativo delle identiche questioni di merito sollevate con il riesame e puntualmente affrontate e risolte dal tribunale.
4.1. La manifesta infondatezza attiene alla denuncia di omessa motivazione diffusamente esposta dal ricorrente in relazione al capo 37, al capo 38, alla sussistenza
A
s
dell’aggravante dell’agevolazione mafiosa e alla sussistenza delle esigenze cautela-i, anche sotto il profilo della loro attualità e della misura adeguata a contenerle.
Al contrario di quanto sostenuto dalla difesa, invero, si rinviene una puntuale motivazione che tiene nella dovuta considerazione tutti gli elementi che la difesa ritiene sottovalutati, quali -a titolo esemplificativo- le dichiarazioni rese dall’indagato in sede interrogatorio di garanzia, l’assenza di intercettazioni, la mancanza di riscontri sul contenuto delle intercettazioni intercorse tra terzi, il ruolo svolto da COGNOME nel riciclag e ai contenuti della memoria versata in atti.
4.2. A fronte di ciò, il ricorrente si duole genericamente della mancata considerazione di “tutti” gli elementi prospettati dalla difesa, reiterando le medesime questioni sollevate con il riesame.
A tale riguardo va, dunque, osservato che la deduzione è anzitutto aspecifica in quanto non indica quali siano gli elementi eventualmente ignorati dal tribunale e soprattutto- la loro portata decisiva, tale da fare implodere il costrutto argomentativo del provvedimento impugnato.
A parte tale assorbente rilievo, va tuttavia rimarcato come la censura di non aver preso in esame tutti i singoli elementi risultanti in atti, costituisce una censura del merit della decisione, in quanto tende, implicitamente, a far valere una differente interpretazione delle emergenze processuali, sulla base di una diversa valorizzazione di alcuni elementi rispetto ad altri.
A ciò si aggiunga che il ricorrente, dietro lo schermo del vizio di motivazione, in realtà si duole della valutazione del provvedimento impugnato, così prospettando una valutazione degli elementi processuali alternativa e antagonista a quella del tribunale.
Tanto più quando la motivazione -come nel caso in esame- si mostra adeguata, compiuta ed esaustiva su tutti i temi salienti della misura cautelare, quanto alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza (trattato alle pagine 17 e ss.), alla sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 (tema trattato alle pagine 20 e ss.) e alle esigenze cautelari (pag. 21 e ss.).
4.3. GLYPH Sotto tale ultimo profilo, tiene conto evidenziare che il tribunale ha anche puntualmente trattato il tema del requisito dell’attualità delle esigenze cautelari siccome presunte, e ha evidenziato come siano in essere una molteplicità di rapporti con gli ambienti criminali che, inoltre, a cagione della dimostrata incapacità di autocontrollo, rendono inadeguata anche la misura fiduciaria degli arresti domiciliari.
In ciò differenziando la posizione di COGNOME rispetto agli altri co-indagati avviat agli arresti domiciliari.
Va dunque rilevato come non emergano vizi riconducibili alla manifesta illogicità ovvero alla contraddittorietà, mentre, d’altro canto, le censure sviluppate con il motivo si risolvono in un’interpretazione degli elementi fattuali antagonista a quella dei giudici del merito.
Va a tal proposito ricordato che in tema di misure cautelari personali «il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito» (Sez. 2, Sentenza n. 31553 del 17/05/201:7, COGNOME, Rv. 270628 – 01; Sez. 4, Sentenza n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME, Rv. 269884 – 01; Sez. 6, Sentenza n. 11194 del 08/03/2012, COGNOME Rv. 252178).
Quanto esposto porta alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione, cui segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativannente fissata in ragione dei motivi dedotti.
Una copia del presente provvedimento deve essere trasmessa, a cura della Cancelleria, al Direttore dell’Istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94, comma 1- te disp. att. cod. proc. pen., in quanto dalla sua pronuncia non consegue la rimessione in libertà del detenuto.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1ter, disp. att. cod.proc. pen..
Così deciso il 13 novembre 2024 Il Consigliere estensore
Il Presidente