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Ricorso inammissibile contro l’archiviazione: il caso

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato dalla persona offesa contro l’archiviazione di un procedimento per lesioni, minaccia e calunnia. Il ricorso è stato respinto perché contestava il merito dei fatti anziché vizi di legittimità e perché l’ordinanza di archiviazione non è impugnabile con questo mezzo. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di tremila euro.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Archiviazione e Ricorso Inammissibile: Quando l’Impugnazione Costa Cara

Presentare un’impugnazione in ambito penale richiede non solo la convinzione di aver subito un’ingiustizia, ma anche una profonda conoscenza delle regole procedurali. Un errore nella scelta del mezzo di impugnazione o nella formulazione dei motivi può condurre a una dichiarazione di ricorso inammissibile, con conseguenze economiche significative. Un’ordinanza della Corte di Cassazione illustra perfettamente questo principio, chiarendo i limiti del ricorso contro un provvedimento di archiviazione e le sanzioni previste per chi non rispetta tali confini.

Il Contesto del Caso: Dalla Querela all’Archiviazione

La vicenda ha origine da una querela presentata da un individuo che si riteneva vittima dei reati di lesione (art. 582 c.p.), minaccia (art. 612 c.p.) e calunnia (art. 368 c.p.). A seguito delle indagini preliminari, il Pubblico Ministero aveva richiesto l’archiviazione del procedimento.

L’Opposizione della Persona Offesa

Non accettando la richiesta del PM, la persona offesa si era opposta formalmente. Tuttavia, il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) del Tribunale di Roma, esaminata l’opposizione, l’aveva rigettata, disponendo l’archiviazione definitiva del caso e la restituzione degli atti al Pubblico Ministero.

I Motivi del Ricorso Inammissibile in Cassazione

Sentendosi nuovamente pregiudicato, l’individuo ha deciso di portare il caso davanti alla Corte di Cassazione, chiedendo l’annullamento dell’ordinanza di archiviazione. Nel suo ricorso, ha lamentato vizi di motivazione, sostenendo che il GIP avesse ignorato le circostanze da lui illustrate e avesse dato ingiustamente credito alle dichiarazioni della persona indagata. La Suprema Corte, tuttavia, ha ritenuto il ricorso manifestamente inammissibile per due ragioni fondamentali.

Errore sul Merito della Vicenda

Il primo errore del ricorrente è stato quello di basare l’impugnazione su critiche relative alla valutazione dei fatti. Ha contestato il modo in cui il GIP aveva interpretato le prove e le dichiarazioni. La Corte di Cassazione ha ribadito che il suo ruolo è quello di giudice di legittimità, non di merito. Può cioè verificare se la legge è stata applicata correttamente, ma non può riesaminare i fatti o sostituire la propria valutazione a quella del giudice precedente. Le doglianze del ricorrente esulavano dall’ambito dei vizi denunciabili in Cassazione.

Un Provvedimento Non Impugnabile con Questo Mezzo

Il secondo e decisivo motivo di inammissibilità era di natura puramente procedurale. La Corte ha chiarito che, secondo l’art. 591, comma 1, lettera b), del codice di procedura penale, l’ordinanza di archiviazione non è un provvedimento contro cui si può proporre ricorso per cassazione. La scelta di questo strumento di impugnazione era, quindi, giuridicamente errata.

Le Motivazioni della Corte

Di fronte a un ricorso inammissibile in modo così evidente, la Corte di Cassazione ha applicato una procedura semplificata, nota come “de plano” (ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, c.p.p.), che le consente di decidere senza la necessità di un’udienza formale. La decisione si fonda sulla non impugnabilità oggettiva del provvedimento e sulla natura delle censure, che miravano a un riesame del merito precluso in sede di legittimità. La conseguenza diretta di tale declaratoria è stata la condanna del ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria prevista proprio per scoraggiare ricorsi infondati o dilatori.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre due importanti lezioni pratiche. In primo luogo, sottolinea la distinzione cruciale tra giudizio di merito e giudizio di legittimità: la Cassazione non è una terza istanza per rivedere i fatti. In secondo luogo, evidenzia come l’accesso alla giustizia debba avvenire nel rispetto rigoroso delle norme procedurali. Scegliere un mezzo di impugnazione non previsto dalla legge per un determinato provvedimento non solo è inutile, ma espone a conseguenze economiche rilevanti. La condanna alla sanzione pecuniaria serve da monito, riaffermando che il sistema giudiziario deve essere protetto da iniziative palesemente infondate che ne rallentano il funzionamento.

È possibile impugnare in Cassazione un’ordinanza che archivia un procedimento penale?
No, secondo la Corte, questo tipo di provvedimento non è impugnabile con ricorso per cassazione, rendendo il ricorso inammissibile ai sensi dell’art. 591, comma 1, lett. b) del codice di procedura penale.

Cosa succede se si presenta un ricorso inammissibile alla Corte di Cassazione?
La Corte dichiara l’inammissibilità con una procedura semplificata (“de plano”) e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma a titolo di sanzione alla Cassa delle ammende, in questo caso quantificata in tremila euro.

Quali argomenti si possono sollevare in un ricorso per cassazione?
Il ricorso per cassazione può denunciare solo vizi di legittimità (violazioni di legge), non vizi di motivazione che riguardano l’apprezzamento dei fatti e il merito della vicenda, i quali sono di competenza esclusiva dei giudici di grado inferiore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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