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Ricorso inammissibile continuazione: la decisione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro l’ordinanza del Tribunale di Milano che aveva negato il riconoscimento della continuazione tra diversi reati. La Corte ha stabilito che il ricorso era in realtà una richiesta di rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e a una sanzione pecuniaria, confermando che il ricorso inammissibile per la continuazione non può basarsi su una mera critica all’analisi del giudice di merito.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile per Continuazione: Quando la Cassazione Dice No al Riesame dei Fatti

L’istituto della continuazione nel diritto penale permette di unificare più reati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, portando a un trattamento sanzionatorio più favorevole. Tuttavia, la sua applicazione è subordinata a una valutazione di merito da parte del giudice. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: se il giudice dell’esecuzione nega la continuazione con una motivazione logica e completa, l’impugnazione non può trasformarsi in una richiesta di riesame dei fatti. In questo articolo analizziamo un caso di ricorso inammissibile continuazione che chiarisce i limiti del giudizio di legittimità.

I Fatti del Caso: La Domanda Respinta dal Giudice dell’Esecuzione

La vicenda ha origine da una richiesta presentata da un soggetto al Tribunale di Milano, in qualità di giudice dell’esecuzione, per ottenere il riconoscimento della continuazione tra diverse condotte illecite oggetto di separati giudizi. L’obiettivo era unificare le pene in una sanzione unica più mite, sostenendo che tutti i reati fossero frutto di un’unica ideazione criminosa.

Con un’ordinanza del 7 giugno 2024, il Tribunale di Milano ha respinto la domanda. Il giudice ha analizzato i profili dei fatti e ha concluso che non emergevano elementi concreti sufficienti a dimostrare l’esistenza di un comune disegno criminoso che legasse le diverse condotte.

L’Appello e il Ricorso Inammissibile per Continuazione

Insoddisfatto della decisione, l’interessato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando una presunta violazione di legge e un vizio di motivazione da parte del giudice dell’esecuzione. Secondo il ricorrente, il Tribunale non avrebbe valutato correttamente gli elementi a sostegno della sua tesi.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha preso una posizione netta, dichiarando il ricorso inammissibile. La ragione di tale decisione risiede nella natura stessa dei motivi presentati: essi non evidenziavano un errore di diritto, ma si limitavano a criticare la valutazione fattuale compiuta dal giudice di merito. In pratica, il ricorrente chiedeva alla Cassazione di riesaminare i fatti e giungere a una conclusione diversa, un’operazione non consentita in sede di legittimità.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha spiegato che il giudice dell’esecuzione aveva “compiutamente esaminato i profili dei fatti oggetto dei diversi giudizi”. Dall’analisi non erano emersi “concreti indicatori di ricorrenza della comune ideazione tra le diverse condotte”.

La critica del ricorrente, pertanto, si risolveva in una “richiesta di rivalutazione in fatto”, che esula completamente dalle competenze della Corte di Cassazione. Il ruolo della Suprema Corte non è quello di un terzo grado di giudizio sul merito, ma di garante della corretta applicazione della legge (giudizio di legittimità). Poiché il ricorso si basava su motivi non consentiti, è stato dichiarato inammissibile.

Le Conclusioni: Conseguenze e Principio di Diritto

La dichiarazione di inammissibilità ha comportato, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Inoltre, in assenza di elementi che potessero escludere la colpa nella proposizione del ricorso, è stata disposta una sanzione pecuniaria di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.

La decisione riafferma un principio cruciale: per impugnare con successo un provvedimento in Cassazione, non è sufficiente essere in disaccordo con la valutazione del giudice precedente. È necessario individuare e dimostrare uno specifico errore di diritto o un vizio logico manifesto nella motivazione. Un ricorso che si limita a proporre una diversa lettura dei fatti è destinato a essere dichiarato inammissibile, con le conseguenti sanzioni economiche.

Perché il ricorso per il riconoscimento della continuazione è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile perché basato su “motivi non consentiti”. Invece di contestare un errore di diritto, il ricorrente ha chiesto alla Corte di Cassazione di riesaminare e rivalutare i fatti del caso, un’attività che non rientra nelle competenze del giudizio di legittimità.

Cosa significa che la critica si risolve in una “richiesta di rivalutazione in fatto”?
Significa che le argomentazioni del ricorrente non denunciavano una violazione di norme giuridiche o un difetto logico della motivazione, ma esprimevano semplicemente un disaccordo con l’interpretazione dei fatti e delle prove data dal giudice dell’esecuzione, proponendo una lettura alternativa che la Corte di Cassazione non può esaminare.

Quali sono le conseguenze per chi propone un ricorso inammissibile in materia penale?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, se non vi sono elementi che escludano la sua colpa, al versamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata fissata in 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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