Ricorso Inammissibile per Continuazione: Quando i Motivi sono Troppo Generici
Nel diritto penale, il concetto di ‘continuazione’ permette di unificare, sotto un unico disegno criminoso, più reati, con importanti benefici sulla pena finale. Tuttavia, per ottenere tale riconoscimento è necessario seguire un preciso iter processuale e, in caso di rigetto, impugnare la decisione con motivi specifici e pertinenti. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ha chiarito le conseguenze di un ricorso inammissibile continuazione, sottolineando l’importanza di non presentare motivi di ricorso generici. Approfondiamo questo caso.
Il Caso in Esame: Una Richiesta tra Reati Distanti nel Tempo
Un soggetto condannato con due diverse sentenze, emesse a distanza di molti anni (2005 e 2020), si rivolgeva al giudice dell’esecuzione per ottenere il riconoscimento del vincolo della continuazione. In pratica, chiedeva che i reati (tra cui associazione per delinquere e reati fine) fossero considerati parte di un unico progetto criminale, con l’obiettivo di ottenere una rideterminazione della pena complessiva in senso più favorevole.
La Decisione della Corte di Appello
La Corte di Appello, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza. La decisione si basava su due elementi principali:
1. La distanza cronologica: il lungo lasso di tempo intercorso tra i fatti oggetto delle due sentenze rendeva difficile ipotizzare un’unica programmazione criminosa.
2. La natura dei reati: la non omogeneità delle norme violate e la difficoltà di ricondurre automaticamente il reato associativo e i reati fine allo stesso disegno criminoso.
Contro questa ordinanza, il condannato proponeva ricorso per Cassazione, lamentando una presunta contraddittorietà e illogicità della motivazione.
L’Analisi della Cassazione: Perché il ricorso inammissibile continuazione è stato respinto
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, senza neppure entrare nel merito della questione. La decisione si fonda su principi consolidati della procedura penale.
Genericità dei Motivi di Ricorso
Il primo motivo di ricorso è stato giudicato generico. Il ricorrente si era limitato a una critica generalizzata del provvedimento impugnato, citando massime giurisprudenziali in modo astratto, senza però articolare una doglianza specifica e puntuale contro le argomentazioni della Corte di Appello. In sostanza, non aveva spiegato perché, nel caso concreto, la motivazione del giudice fosse errata.
Il Divieto di Rivalutazione dei Fatti in Cassazione
Anche il secondo motivo è stato considerato inammissibile. Con esso, il ricorrente chiedeva alla Cassazione di rivalutare elementi di fatto, come la distanza temporale tra i reati e la loro diversa natura. Tuttavia, la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito non è riesaminare i fatti (già valutati correttamente e senza vizi logici dalla Corte di Appello), ma verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza della motivazione. Sollecitare una nuova valutazione nel merito è un motivo non consentito in sede di legittimità.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte ha stabilito che il ricorso era inammissibile ai sensi dell’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale, in quanto proposto per motivi diversi da quelli consentiti o manifestamente infondati. La critica del ricorrente non si è confrontata efficacemente con la logica della decisione impugnata, ma ha tentato di ottenere una nuova e non permessa valutazione degli elementi fattuali.
Conclusioni: Le Conseguenze di un Ricorso Manifestamente Infondato
La dichiarazione di inammissibilità ha comportato, come previsto dall’art. 616 c.p.p., due conseguenze negative per il ricorrente. In primo luogo, la condanna al pagamento delle spese processuali. In secondo luogo, il versamento di una somma di 3000 euro a favore della cassa delle ammende. Quest’ultima sanzione viene applicata quando si ritiene che l’impugnazione sia stata proposta ‘in colpa’, ovvero senza una seria e fondata ragione giuridica, come nel caso di un ricorso evidentemente generico e teso a un riesame dei fatti. Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale: le impugnazioni devono essere fondate su vizi specifici del provvedimento contestato e non possono trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito della vicenda.
Quando un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso può essere dichiarato inammissibile se viene proposto per motivi non consentiti dalla legge, come la richiesta di una nuova valutazione dei fatti, oppure se i motivi sono manifestamente infondati, ad esempio perché espressi in modo generico senza una critica specifica al provvedimento impugnato.
Perché è stata negata in origine la continuazione tra i reati?
La Corte di Appello ha negato la continuazione a causa della notevole distanza temporale tra i reati e della diversa natura delle norme violate, ritenendo impossibile ricondurre automaticamente un reato associativo e i reati fine a un unico disegno criminoso in tali circostanze.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, come in questo caso, al versamento di una somma di denaro (3000 euro) alla cassa delle ammende, data l’evidente infondatezza e genericità dei motivi di impugnazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 24646 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 24646 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 23/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a PALMI il 17/01/1973
avverso l’ordinanza del 28/02/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di Bologna, quale giudice dell’esecuzione, con ordinanza in data 28 febbraio 2024 rigettava l’istanza ex art. 671 cod. proc.pen. di COGNOME NOME avente ad oggetto il riconoscimento del vincolo della continuazione fra una serie di reati giudicati con due sentenze della Corte di Appello di Bologna in data 17 dicembre 2020 e 24 febbraio 2005.
Il rigetto era motivato in ragione della impossibilità di ricondurre in automatico all’interno del medesimo disegno criminoso i reati di associazione per delinquere e i reati fine, stante la distanza cronologica fra gli stessi, e la non omogeneità di norme violate.
Avverso l’ordinanza proponeva ricorso COGNOME tramite il difensore, lamentando la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione agli artt. 192, 125, 671 cod. proc.pen. e art. 81 cod.pen., nonché la contraddittorietà della motivazione laddove esclude la continuazione in ragione del tempo trascorso fra i fatti oggetto delle sentenze.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
1.1. Quanto al primo motivo di ricorso, lo stesso è generico, poiché non articola alcuna ragione di doglianza specifica, limitandosi ad una critica generalizzata del provvedimento impugnato con citazione di ampi stralci di pronunce di legittimità.
1.2. Il secondo motivo di ricorso è parimenti generico e sollecita una rivalutazione di elementi di fatto, quali la distanza cronologica fra i reati e la loro differente natura, già valutati con motivazione corretta e priva di aporie logiche dalla Corte di Appello di Bologna, motivazione con cui il ricorrente non si confronta.
1.3 Conseguentemente si deve ritenere che il ricorso sia inammissibile ai sensi dell’art. 606 co.3 cod. proc. pen perché proposto per motivi diversi da quelli consentiti, ovvero manifestamente infondati.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e – e, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità» – della somma di euro 3000 a favore della cassa delle ammende, tenuto conto dell’evidente inammissibilità dei motivi di impugnazione
e
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro tremila in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 23/05/2024