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Ricorso inammissibile: connivenza e onere della prova

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato contro una misura cautelare per reati di droga. La sentenza sottolinea la differenza tra mera connivenza e concorso attivo nel reato e ribadisce i rigorosi oneri procedurali per l’impugnazione, come l’obbligo di allegare integralmente gli atti. Il ricorso inammissibile è stato motivato dalla genericità delle censure, dal tentativo di una nuova valutazione dei fatti e da vizi procedurali.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: quando la forma prevale sulla sostanza

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 44055/2024, offre un’importante lezione sui requisiti formali e sostanziali delle impugnazioni in materia di misure cautelari. Il caso in esame ha portato a una dichiarazione di ricorso inammissibile, evidenziando come la precisione procedurale e la corretta qualificazione della condotta siano cruciali. Analizziamo come la Corte ha distinto la mera connivenza dal concorso di persone nel reato e ha ribadito l’onere della prova a carico del ricorrente.

I Fatti di Causa: dalla misura cautelare al ricorso

Il procedimento ha origine da un’ordinanza del Tribunale di Palermo che, in sede di riesame, sostituiva la misura degli arresti domiciliari applicata a un individuo con misure meno afflittive: l’obbligo di dimora e di presentazione alla polizia giudiziaria. L’accusa era di concorso in detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, ai sensi degli artt. 110 c.p. e 73, comma 4, D.P.R. 309/90.

La difesa dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione, articolandolo su tre motivi principali:
1. Violazione di legge e vizi di motivazione relativi a una presunta nullità procedurale.
2. Errata valutazione della condotta, sostenendo che si trattasse di mera connivenza e non di partecipazione attiva al reato.
3. Carenza di motivazione riguardo all’attualità e concretezza delle esigenze cautelari, dato il tempo trascorso (4 anni) e l’assenza di precedenti specifici.

La decisione della Corte di Cassazione: un ricorso inammissibile

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni suo punto, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende. La decisione si fonda su argomentazioni sia procedurali che di merito, che meritano un’analisi approfondita per comprendere la logica del sistema delle impugnazioni penali.

Analisi del ricorso inammissibile: motivi procedurali e di merito

Il primo motivo è stato giudicato inammissibile per un vizio puramente procedurale. La Corte ha ricordato un principio consolidato: nei procedimenti de libertate, chi deduce la mancanza di autonoma valutazione da parte del giudice deve allegare al ricorso non solo il provvedimento impugnato, ma anche la richiesta del pubblico ministero, entrambi nella loro interezza. Riportare semplici stralci non è sufficiente per consentire alla Corte di legittimità di effettuare il proprio vaglio.

Anche il secondo motivo è stato respinto. La Corte ha stabilito che la censura del ricorrente non mirava a evidenziare un’illogicità manifesta della motivazione, ma a ottenere una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità. I giudici di merito avevano infatti coerentemente valorizzato elementi concreti: l’accompagnamento di un altro soggetto a un appuntamento per la vendita di droga, il contributo a favorirne il trasporto e il conferimento di un ‘senso di sicurezza’ con la propria presenza, guardandosi intorno mentre altri maneggiavano lo stupefacente. Tali condotte, secondo la Corte, superano la soglia della mera connivenza passiva e configurano un contributo causale al reato.

Le motivazioni della Corte

Le motivazioni della Corte si concentrano sulla distinzione tra la rivalutazione del fatto, preclusa in Cassazione, e il controllo sulla logicità della motivazione del provvedimento impugnato. La Corte ha ritenuto che il Tribunale del riesame avesse fornito una spiegazione logica e non contraddittoria del perché la condotta dell’imputato costituisse un concorso attivo e non una semplice presenza passiva.

Per quanto riguarda il terzo motivo, relativo alle esigenze cautelari, la Cassazione lo ha parimenti ritenuto inammissibile. Dalla motivazione complessiva emergeva che i giudici di merito avevano considerato la condotta inserita in un contesto di commercio illegale consolidato. Questo elemento è stato ritenuto sufficiente a giustificare la sussistenza di un concreto pericolo di reiterazione del reato, rendendo proporzionata l’applicazione di misure cautelari, seppur meno gravi di quelle iniziali. Il tempo trascorso e l’assenza di precedenti specifici non sono stati ritenuti elementi sufficienti a escludere tale pericolo.

Le conclusioni

Questa sentenza riafferma due principi fondamentali. Il primo è di natura processuale: l’onere di completezza e specificità del ricorso è inderogabile, specialmente quando si contestano vizi procedurali. Il secondo è di natura sostanziale: per distinguere la connivenza dal concorso di persone nel reato, è necessario valutare ogni contributo, anche quello che appare ‘minore’, come l’accompagnamento o la vigilanza, se questo facilita la commissione dell’illecito. La decisione sottolinea che anche una singola condotta, se inserita in un contesto criminale strutturato, può essere sufficiente a fondare il pericolo di recidiva e a giustificare misure cautelari.

Perché il primo motivo del ricorso è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile per una ragione procedurale: il ricorrente non ha allegato le copie integrali del provvedimento genetico e della richiesta del pubblico ministero, un onere necessario per consentire alla Corte di Cassazione di valutare l’eccezione sollevata, specialmente nei procedimenti ‘de libertate’.

Come ha distinto la Corte la connivenza dal concorso nel reato?
La Corte ha ritenuto che la condotta dell’imputato andasse oltre la mera connivenza (la semplice consapevolezza passiva del reato altrui). Azioni come accompagnare il correo a un appuntamento per la vendita di droga e guardarsi intorno per fornire sicurezza sono state interpretate come un contributo attivo e causale alla realizzazione del reato, configurando così un concorso.

Perché le esigenze cautelari sono state ritenute ancora attuali nonostante fossero passati 4 anni dal fatto?
La Corte ha confermato la valutazione dei giudici di merito, secondo cui la condotta, sebbene risalente, si inseriva in un contesto di commercio illegale consolidato. Questo elemento è stato considerato sufficiente a dimostrare la sussistenza di occasioni per la reiterazione del reato, giustificando così il mantenimento di una misura cautelare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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