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Ricorso inammissibile: confisca e recidiva

La Cassazione dichiara il ricorso inammissibile di due imputati. Il primo contestava la confisca di beni intestati a terzi, ma è stato ritenuto privo di legittimazione. Il secondo lamentava la valutazione della recidiva, motivo non consentito per impugnare una sentenza di patteggiamento. La decisione sottolinea i rigidi limiti delle impugnazioni in questi casi.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: la Cassazione sui limiti dell’impugnazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6260 del 2024, ha fornito importanti chiarimenti sui limiti dell’impugnazione in materia penale, dichiarando un ricorso inammissibile presentato da due imputati. La pronuncia si concentra su due aspetti procedurali di grande rilevanza: la legittimazione a impugnare una confisca di beni intestati a terzi e i motivi tassativi per ricorrere contro una sentenza di patteggiamento. Questo caso offre spunti fondamentali per comprendere quando e come un ricorso può superare il vaglio di ammissibilità della Suprema Corte.

I Fatti del Caso: Due Ricorsi distinti

La vicenda trae origine da una sentenza di patteggiamento emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Cagliari nei confronti di due soggetti, accusati di vari delitti in materia di stupefacenti. Oltre alla pena concordata, nei confronti di uno dei due imputati veniva disposta la confisca di diversi beni.

Entrambi gli imputati hanno proposto ricorso in Cassazione per motivi differenti:
1. Il primo ricorrente ha contestato esclusivamente la statuizione sulla confisca. In particolare, ha sostenuto che due immobili e alcuni preziosi contenuti in una cassetta di sicurezza erano di proprietà esclusiva della moglie e acquistati con le finanze di quest’ultima. Ha inoltre eccepito sulla confisca di un conto corrente cointestato e sul contenuto di un’altra cassetta di sicurezza, asserendo una mancanza di sproporzione rispetto ai redditi leciti.
2. Il secondo ricorrente, invece, ha lamentato un difetto di motivazione riguardo alla considerazione della recidiva ai fini della determinazione della pena, un aspetto che era stato concordato tra le parti.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili, condannando i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La decisione si fonda su una rigorosa applicazione delle norme processuali che regolano il diritto di impugnazione, evidenziando come non ogni doglianza possa essere validamente portata all’attenzione della Suprema Corte.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si articolano in due filoni distinti, uno per ciascun ricorrente, entrambi riconducibili al concetto di ricorso inammissibile.

Il Ricorso sulla Confisca Allargata

Per quanto riguarda il primo imputato, la Corte ha rilevato un palese difetto di legittimazione e di interesse. La giurisprudenza è consolidata nel ritenere che l’imputato non possa impugnare un provvedimento di confisca relativo a beni formalmente intestati a terzi, anche se ritenuti nella sua disponibilità indiretta. La logica è semplice: l’imputato non potrebbe ottenere alcun effetto favorevole da un’eventuale restituzione, che spetterebbe unicamente al terzo intestatario. È solo quest’ultimo, infatti, a possedere l’interesse personale e diretto a dimostrare la legittima acquisizione dei beni.

La Corte ha inoltre qualificato come generiche le altre censure. Il ricorrente si era limitato ad affermare la provenienza lecita di una somma depositata su un conto corrente molti anni prima, senza però confrontarsi con le argomentazioni del provvedimento impugnato, che ne evidenziavano l’inconciliabilità con il tenore di vita e gli investimenti successivi. Anche la doglianza sulla sproporzione del valore dei beni in cassetta di sicurezza è stata giudicata una mera asserzione, priva di un reale confronto critico con la decisione del giudice.

Il Ricorso sulla Recidiva nel Patteggiamento

Il ricorso inammissibile del secondo imputato è stato motivato sulla base dei limiti tassativi previsti dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che una sentenza di patteggiamento può essere impugnata in Cassazione solo per motivi specifici, tra cui:

* Vizi nella manifestazione della volontà dell’imputato.
* Difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza.
* Erronea qualificazione giuridica del fatto.
* Illegalità della pena o della misura di sicurezza.

La Corte ha osservato che la doglianza del ricorrente, relativa alla motivazione sulla recidiva, non rientra in nessuna di queste categorie. Poiché la valutazione della recidiva fa parte dell’accordo sulla pena, contestarne la motivazione non costituisce un motivo consentito dalla legge per impugnare la sentenza. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile per legge.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

La sentenza in esame ribadisce due principi fondamentali della procedura penale. In primo luogo, la legittimazione ad impugnare un provvedimento ablativo spetta unicamente al titolare del bene e non all’imputato a cui viene ricondotta la disponibilità di fatto. In secondo luogo, l’accesso al giudizio di Cassazione per le sentenze di patteggiamento è strettamente circoscritto a vizi specifici e non può essere utilizzato per rimettere in discussione elementi, come la valutazione della recidiva, che sono parte integrante dell’accordo tra accusa e difesa. Questa pronuncia serve da monito sulla necessità di formulare ricorsi fondati su motivi specifici e legalmente ammessi, per evitare una declaratoria di ricorso inammissibile.

Un imputato può impugnare la confisca di beni intestati a un’altra persona, come la moglie?
No. La sentenza chiarisce che l’imputato non ha interesse né legittimazione a proporre impugnazione per beni intestati a terzi, anche se considerati nella sua disponibilità indiretta. L’unica persona legittimata a impugnare il provvedimento ablativo è il terzo intestatario dei beni.

Quali sono i motivi per cui si può fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
L’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale elenca tassativamente i motivi: problemi nell’espressione della volontà dell’imputato, difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, erronea qualificazione giuridica del fatto e illegalità della pena o della misura di sicurezza.

La motivazione sulla recidiva può essere contestata in Cassazione dopo un patteggiamento?
No. Secondo la Corte, la doglianza relativa alla motivazione con cui il giudice ha tenuto conto della recidiva non rientra tra i motivi specifici per cui è consentito impugnare una sentenza di patteggiamento, rendendo il relativo ricorso inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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