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Ricorso inammissibile: condanna per violazione sigilli

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile avverso una condanna per violazione di sigilli (art. 349 c.p.). L’imputato aveva ripristinato un allaccio abusivo alla rete idrica, giustificandosi con la necessità di abbeverare il bestiame. La Corte ha ritenuto le censure dell’imputato mere doglianze di fatto, non sindacabili in sede di legittimità, e ha confermato la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di 3.000 euro.

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Pubblicato il 21 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione non Riesamina i Fatti

Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. Quando un ricorso inammissibile viene presentato, le conseguenze non sono solo procedurali, ma anche economiche per chi lo propone. Analizziamo l’ordinanza n. 36662 del 2024 per comprendere meglio i confini del controllo della Suprema Corte, in un caso che riguarda il reato di violazione di sigilli.

Il Caso: Violazione di Sigilli e la Giustificazione “Necessaria”

La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di un uomo per il reato previsto dall’articolo 349 del codice penale, ovvero la violazione di sigilli. Nello specifico, l’imputato aveva effettuato un allacciamento abusivo alla rete idrica dopo che la fornitura era stata interrotta e sigillata. A sua discolpa, egli aveva addotto una giustificazione basata sulla necessità di abbeverare il proprio bestiame, sostenendo di trovarsi in uno stato di necessità.

La Decisione dei Giudici di Merito

Sia in primo grado che in appello, i giudici avevano ritenuto l’imputato penalmente responsabile. La Corte d’Appello, in particolare, aveva confermato la condanna, rigettando la giustificazione dell’imputato. Secondo i giudici, la presunta esigenza di abbeverare le vacche era rimasta del tutto indimostrata e, in ogni caso, priva dei requisiti di attualità e inevitabilità del pericolo richiesti dalla legge per configurare lo stato di necessità. La decisione si basava sulle prove raccolte, incluse le testimonianze dei verificatori che avevano accertato la manomissione dei sigilli e l’allaccio abusivo.

Il Ricorso Inammissibile in Cassazione e i suoi Motivi

L’imputato ha presentato ricorso per Cassazione, basandolo principalmente su due motivi:

1. Vizio di motivazione sulla responsabilità penale: Si contestava la valutazione delle prove fatta dai giudici di merito, sostenendo che la motivazione della sentenza d’appello fosse illogica.
2. Vizio di motivazione sul mancato riconoscimento delle attenuanti generiche: Si lamentava che la Corte d’Appello non avesse concesso le attenuanti in regime di prevalenza.

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni sua parte, fornendo chiarimenti cruciali sulla natura del proprio giudizio.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha spiegato che il primo motivo era inammissibile perché costituito da “mere doglianze in punto di fatto”. L’imputato, infatti, non evidenziava una reale illogicità nel ragionamento della Corte d’Appello, ma tentava di ottenere una nuova e diversa valutazione delle prove, operazione preclusa in sede di legittimità. Il giudizio della Cassazione è un controllo sulla corretta applicazione della legge, non un terzo grado di giudizio sui fatti. La ricostruzione della Corte territoriale, basata sull’accertamento dell’allaccio abusivo e sulla mancanza di prove per la giustificazione, è stata ritenuta logica e coerente.

Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile per genericità e manifesta infondatezza. La Corte ha sottolineato un aspetto paradossale: la pena inflitta in appello (quattro mesi di reclusione) era addirittura inferiore al minimo edittale previsto dall’art. 349, comma 1, c.p. (sei mesi di reclusione). Pertanto, la lamentela sulla mancata concessione di ulteriori attenuanti era priva di fondamento.

Le Conclusioni: Le Conseguenze Economiche del Ricorso Inammissibile

Stante la totale inammissibilità del ricorso e non ravvisando un’assenza di colpa da parte del ricorrente, la Corte di Cassazione ha applicato l’articolo 616 del codice di procedura penale. Di conseguenza, l’imputato è stato condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende. Questa decisione serve da monito: un ricorso palesemente infondato e volto a una rivalutazione dei fatti non solo non ha possibilità di successo, ma comporta anche significative sanzioni economiche.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché le censure mosse dall’imputato non riguardavano errori di diritto, ma contestavano la valutazione dei fatti e delle prove compiuta dai giudici di merito, un’attività che non può essere riesaminata dalla Corte di Cassazione.

Cosa significa che la Corte di Cassazione non può riesaminare il fatto?
Significa che la Corte di Cassazione ha il compito di verificare la corretta applicazione delle norme di legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, ma non può sostituire la propria valutazione delle prove a quella dei giudici di primo e secondo grado. Non è un “terzo grado” di giudizio.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile per colpa del ricorrente, quest’ultimo viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria, in questo caso fissata in 3.000 euro, da versare alla Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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