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Ricorso inammissibile: condanna per evasione confermata

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro una condanna per il reato di evasione. I motivi del ricorso sono stati ritenuti una mera ripetizione di argomentazioni già respinte nei gradi di merito, senza individuare vizi di legittimità. La Corte ha confermato la valutazione sulla non applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione Conferma la Condanna per Evasione

Con l’ordinanza n. 47455/2024, la Corte di Cassazione ha affrontato un caso di evasione, definendo i limiti entro cui un appello può essere considerato ammissibile. La decisione sottolinea un principio fondamentale: il ricorso in Cassazione non può essere una semplice riproposizione delle stesse argomentazioni già valutate e respinte dai giudici di merito. Analizziamo questa pronuncia per comprendere meglio le sue implicazioni.

I Fatti del Processo

Un soggetto, condannato dalla Corte d’Appello di Milano per il reato di evasione, ha presentato ricorso alla Suprema Corte di Cassazione. La difesa ha contestato la sussistenza stessa del reato e, in subordine, ha richiesto l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’articolo 131-bis del codice penale.

I Motivi del Ricorso e la Valutazione della Corte

I motivi presentati dal ricorrente si basavano su due punti principali:

1. Insussistenza del reato di evasione: La difesa ha tentato di smontare l’impianto accusatorio, fornendo giustificazioni per la condotta dell’imputato.
2. Applicazione dell’art. 131-bis c.p.: Si sosteneva che, anche qualora il reato fosse stato ritenuto sussistente, la sua offensività era talmente lieve da giustificare la non punibilità.

La Corte di Cassazione, esaminando il ricorso, lo ha ritenuto manifestamente infondato, arrivando a una dichiarazione di ricorso inammissibile.

L’inammissibilità del ricorso per motivi reiterativi

Il fulcro della decisione risiede nella natura del ricorso presentato. I Giudici hanno osservato che le censure mosse dalla difesa erano una mera ripetizione di quelle già adeguatamente esaminate e confutate dalla Corte d’Appello. I giudici di merito avevano già considerato irrilevanti le allegazioni relative al primo episodio di evasione e inconsistenti le giustificazioni per la mancata risposta al controllo delle forze dell’ordine nel secondo episodio.

Un ricorso in Cassazione deve basarsi su vizi di legittimità (come l’errata applicazione della legge o un vizio logico della motivazione), non sulla riproposizione di una diversa valutazione dei fatti già vagliata nei gradi precedenti.

La mancata applicazione della particolare tenuità del fatto

La Corte ha anche confermato la decisione dei giudici di merito di non applicare l’articolo 131-bis del codice penale. La valutazione sulla “non scarsa offensività della condotta” era stata motivata in modo logico e coerente, rendendo la censura sul punto inammissibile in sede di legittimità. Per escludere la punibilità, l’offesa al bene giuridico protetto deve essere minima, circostanza che i giudici non hanno ravvisato nel caso di specie.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Corte Suprema si fonda su un principio consolidato della procedura penale: il giudizio di Cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. Ciò significa che la Corte non può riesaminare i fatti del processo come un terzo grado di giudizio, ma deve limitarsi a verificare la corretta applicazione delle norme di legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata. Poiché il ricorso non ha evidenziato vizi di questo tipo, ma si è limitato a riproporre le stesse argomentazioni fattuali, è stato dichiarato inammissibile.

Conclusioni

La dichiarazione di ricorso inammissibile ha comportato due conseguenze significative per il ricorrente. In primo luogo, la condanna emessa dalla Corte d’Appello è diventata definitiva. In secondo luogo, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, una sanzione prevista proprio per scoraggiare la presentazione di ricorsi palesemente infondati. Questa ordinanza ribadisce l’importanza di strutturare i ricorsi per Cassazione su solidi motivi di diritto, evitando di trasformarli in un inutile tentativo di ottenere una nuova valutazione dei fatti.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Perché i motivi presentati erano una semplice ripetizione di argomentazioni già adeguatamente esaminate e respinte dalla Corte d’Appello, senza sollevare questioni di legittimità o vizi logici nella motivazione della sentenza impugnata.

È stata applicata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
No. La Corte di Cassazione ha confermato la valutazione dei giudici di merito, i quali avevano ritenuto la condotta dotata di una “non scarsa offensività”, escludendo così la possibilità di applicare l’art. 131-bis del codice penale.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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