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Ricorso inammissibile: condanna e spese processuali

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte d’Appello. La sentenza si basa sulla piena attendibilità di una confessione stragiudiziale e sul diniego della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, a causa delle reiterate condotte delittuose dell’imputato e del valore del danno. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando l’Appello Non Supera l’Esame della Cassazione

Nel complesso iter della giustizia penale, non tutti i ricorsi raggiungono la fase di discussione nel merito. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione illustra chiaramente un caso di ricorso inammissibile, evidenziando come elementi quali la confessione e la condotta pregressa dell’imputato possano blindare una decisione di condanna e precludere ulteriori gradi di giudizio. Questo provvedimento offre spunti fondamentali per comprendere i criteri di valutazione della Suprema Corte.

I Fatti alla Base della Decisione

Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello. L’imputato, condannato nei gradi precedenti, ha tentato di contestare la decisione, sollevando diverse doglianze. Tuttavia, due elementi chiave, già attentamente vagliati dal giudice del merito, hanno segnato il destino del ricorso: in primo luogo, una confessione stragiudiziale resa dallo stesso imputato, ritenuta pienamente attendibile; in secondo luogo, il rigetto della richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, disciplinata dall’art. 131 bis del codice penale.

L’Ordinanza sul Ricorso Inammissibile della Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, con una sintetica ma incisiva ordinanza, ha posto fine al percorso processuale del ricorrente. La Corte ha ritenuto che il ricorso dovesse essere dichiarato inammissibile, confermando in toto la correttezza del ragionamento seguito dalla Corte d’Appello.

La Valutazione della Confessione

Un punto centrale della decisione è stato il peso attribuito alla confessione. I giudici di legittimità hanno sottolineato come la Corte d’Appello avesse correttamente valorizzato la confessione stragiudiziale dell’imputato, considerandola un elemento di prova solido e pienamente credibile. Questo dimostra come un’ammissione di responsabilità, anche se resa al di fuori del processo, possa costituire un pilastro fondamentale dell’impianto accusatorio, difficile da smontare in sede di impugnazione.

Il Diniego dell’Art. 131 bis c.p.

Altrettanto importante è stata la conferma del diniego della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La Corte d’Appello aveva negato questo beneficio sulla base di due criteri specifici: le ‘reiterate condotte delittuose’ dell’imputato e il ‘valore complessivo del danno’ arrecato alla vittima. La Cassazione ha ritenuto questa valutazione immune da vizi logici o giuridici, ribadendo che la non punibilità non può essere concessa a chi dimostra una propensione al crimine o quando l’offesa, nel suo complesso, non risulta affatto trascurabile.

Le Motivazioni

La motivazione alla base della dichiarazione di ricorso inammissibile risiede nella manifesta infondatezza delle censure mosse dal ricorrente. La Corte di Cassazione ha rilevato che le argomentazioni presentate non erano in grado di scalfire la coerenza e la correttezza giuridica della sentenza impugnata. I giudici di merito avevano costruito una decisione solida, basata su prove concrete come la confessione e su una valutazione ponderata della personalità dell’imputato e della gravità del danno. Di fronte a un quadro così chiaro, il ricorso si è rivelato un tentativo infruttuoso di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti, un’operazione preclusa nel giudizio di legittimità.

Le Conclusioni

Le implicazioni pratiche di questa ordinanza sono significative. In primo luogo, viene ribadito che un ricorso per cassazione deve basarsi su vizi di legge concreti e non su una semplice rilettura delle prove. In secondo luogo, la decisione conferma che la condotta abituale e la gravità del danno sono ostacoli insormontabili all’applicazione dell’art. 131 bis c.p. Infine, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma alla Cassa delle ammende serve da monito: un’impugnazione temeraria non solo non porta ai risultati sperati, ma comporta anche rilevanti conseguenze economiche.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
La Corte di Cassazione lo ha ritenuto inammissibile perché la sentenza della Corte d’Appello era motivata in modo corretto e logico, basandosi su elementi come la piena attendibilità della confessione stragiudiziale dell’imputato e la corretta esclusione della causa di non punibilità.

Quali fattori hanno impedito l’applicazione della non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.)?
L’applicazione di tale beneficio è stata negata a causa delle reiterate condotte delittuose del ricorrente e del valore complessivo del danno procurato alla vittima, elementi che escludono la particolare tenuità del fatto.

Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso inammissibile?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese del procedimento e di un’ulteriore somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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